“No al parco dei signori!”, “Prima del muflone
salvate l’uomo!” Questi sono solo
alcuni degli slogan utilizzati dagli anni ’60 del secolo scorso in poi contro i
parchi – e il parco naturale del Gennargentu in particolare – nel corso delle
tante contestazioni periodicamente
promosse da movimenti anti-parco, amministratori
locali, forze politiche.
Il caso del parco naturale
del Gennargentu è proprio emblematico. I parchi nazionali
sarebbero in realtà 24, ma l’ottusa e autolesionista ostilità preconcetta di
taluni interessati soggetti sardi ha fatto sì che il parco nazionale del
Gennargentu-Golfo di Orosei sia in un limbo giuridico: non è vivo e non
è morto.
Ricordiamo che al
“famigerato” D.P.R. 30 marzo 1998 istitutivo del parco si era giunti
dopo ben tre intese Stato – Regione (1992, 1995 e 1998) e che proprio
la Provincia di Nuoro era stata individuata quale ente
gestionale provvisorio fino alla nomina degli organi definitivi.
Ricordiamo anche che su 24 Comuni
interessati ben 18 avevano formalmente aderito al parco
nazionale, 3 avevano aderito con condizioni, uno non si è espresso per le
dimissioni del proprio sindaco (Orgosolo) e solo due (Desulo e Talana) avevano
opposto un rifiuto formale: perchè in Barbagia ed Ogliastra esiste la
“democrazia al contrario” e l’area protetta non è potuta partire con i Comuni
favorevoli?
Ricordiamo, inoltre, che
il programma comunitario Feoga 1994-1999 (sottoprogramma sviluppo
rurale) fra i vari interventi finalizzati proprio al decollo del
parco ha distribuito circa 35 miliardi di vecchie lire in favore
di 161 interventi anche fra tanti oppositori del parco. Possono essere
citati tanti altri “fiumi di denaro pubblico” già giunti in nome della
tanto vituperata area protetta nel campo delle progettazioni, degli
interventi di infrastrutturazione e così via. Eppure le aree interne
della Sardegna si spopolano, sono decine i Comuni a rischio di
estinzione e non c’è alcun segnale di inversione di tendenza.
Se non ci sono occasioni di lavoro, giovani (e meno giovani) lasciano i piccoli
paesi.
Un esempio: i piccoli centri
della Marmilla (Tuili, Gesturi, Setzu, Gonnosnò, Barumini, Las
Plassas). Eppure possono contare sullo straordinario patrimonio
naturalistico della Giaratutelato
finalmente con un parco naturale, sull’area
archeologica di Barumini, sul Castello di Las
Plassas, alle pregevoli chiese parrocchiali, come quella di S. Pietro
Apostoloa Tuili. Uniti alla predisposizione
di albergo diffuso nei centri storici (in parte già
ristrutturati) e a itinerari eno-gastronomici, costituirebbero un richiamo
turistico di primario interesse con le conseguenti occasioni di lavoro nei settori
ricettivi, della ristorazione, dei servizi turistici.
La stima della spesa
giornaliera di un turista nelle aree interessate dai parchi
naturali è di 100 euro: anche la sola presenza di
un flusso turistico di 100 mila visitatori annui nelle zone
del parco nazionale del Gennargentu–Golfo di Orosei (ma vale per
tutti gli altri casi), per una presenza media di soli tre
giorni ciascuno, significherebbe una ricaduta economica
diffusa di 30 milioni di euro annui.
Per qualcuno, evidentemente, è
superflua. Qualcuno l’ha già capito (Daniele Serusi,
a Fonni), qualcun altro (la Confindustria
locale) inizia ad aprire gli occhi. * Che cosa rappresentano oggi
le aree naturali protette in Italia? I parchi naturali e,
in particolare, i parchi nazionali sono
la vera “cassaforte ambientale”.
*In Italia.
I 23 parchi
nazionali salvaguardano direttamente oltre 1,5 milioni di
ettari (il 5% del territorio nazionale). Ad essi si aggiungono 27
aree marine protette, 147 riserve naturali statali, 3 altre aree
protette di carattere nazionale, 134 parchi naturali regionali, 365
riserve naturali regionali e altre 171 aree protette
regionali. Complessivamente 870 aree
naturali protette che tutelano oltre 3,163 milioni di ettari
terrestri e oltre 2,3 milioni di ettari di mare (vds. elenco ufficiale
delle aree naturali protette, 6° aggiornamento, deliberazione
Conferenza Stato-Regioni del 17 dicembre 2009).
I parchi naturali generano
ormai un fatturato
diretto e indiretto superiore ai 9 miliardi di euro annui,
con una ricaduta economico-sociale diffusa, nonostante il drastico taglio dei
trasferimenti finanziari statali degli anni scorsi: nel 2011 sono stati
solo 25 milioni di euro i fondi trasferiti ai soli parchi nazionali, 80 milioni
nel 2012, 83,2 nel 2013.nel
2016 ilcontributo
ordinario complessivo è stato pari a soli 6,114 milioni di
euro.
Sempre pochi. I parchi nazionali e
le altre aree naturali protette d’Italia generano un giro
d’affari di 2 miliardi di euro all’anno e
un fatturato pari a 9 miliardi di euro, con un’occupazione
di 86 mila posti di lavoro (4 mila diretti, 17 mila per servizi, 65 mila
per turismo, agricoltura, artigianato, commercio), con 2.450 centri visita,
strutture culturali e circa 34 milioni in media di visitatori ogni anno.
Nel settembre 2014 è
stato pubblicato il Rapporto “L’economia
reale nei parchi nazionali e nelle aree naturali protette”,
predisposto dal Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del
mare insieme all’UnionCamere.
Un’approfondita indagine che
evidenzia – in modo estremamente documentato – quanto fa e
può far bene alla salvaguardia dell’ambiente e
ai contesti economico-sociali interessati la presenza di
aree naturali protette. Per esempio, il Parco nazionale
dell’Arcipelago Toscano ha rappresentato (2011) un valore aggiunto di
ben 91 milioni di euro nel settore turistico per l’economia locale.
* In Sardegna.
Istituiti negli anni ’90 del
secolo scorso, il parco nazionale
dell’Asinara e il parco nazionale
dell’Arcipelago della Maddalena (con le rispettive aree marine
protette) affrontano da sempre problematiche complesse,
ma costituiscono senza dubbio un punto fermo per la salvaguardia di ambienti
unici e di straordinario valore, mentre si dibattono fra mille difficoltà i
parchi naturali regionali.
Il parco naturale
regionale “Molentargius-Saline” è stato istituito fin dal 1999:
dopo l’investimento di
centinaia di milioni di euro di fondi pubblici, ancora si dibatte
fra problemi gestionali da “a, b, c” delle aree naturali protette, come
l’ordinaria vigilanza sulle
zone di nidificazione dell’avifauna selvatica, la repressione dell’abusivismo
edilizio, la lotta alvandalismo,
il contrasto ai vari fenomeni
di inquinamento,
ai ripetuti incendi dolosi,
fino al drammatico e impunito scenario da Terra dei
Fuochi in salsa campidanese in quel di Quartu S. Elena.
Men che meno avrebbe senso l’istituzione di un unico parco
naturale-minestrone comprendente lo Stagno di
Molentargius, le Saline, lo Stagno di Santa
Gillae la Sella del
Diavolo, come programmato dalla Giunta regionale (deliberazione n.
32/2 del 31 maggio 2016).
Un po’ meglio sta il parco naturale
regionale “Porto Conte”, anch’esso istituito nel 1999 e alle prese
con vari problemi
gestionali e di efficacia dell’azione
di salvaguardia dell’ambiente, mentre muove i primi convinti passi il recente parco naturale
regionale di Tepilora. E’ ancora sulla
carta il parco naturale regionale di Gutturu Mannu.
Vogliamo cambiare registro?
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