L’ultimo calzolaio del
rione, tra tasse e costi del cuoio ha perso casa, per molti mesi si è rifugiato dentro la
sua minuscola bottega senza acqua corrente (il bagno glielo
faceva usare il corniciaio di fronte). Poi alla fine si è arreso e ha abbandonato Firenze, come
hanno fatto tanti altri artigiani.
Di solito
raccontiamo le disgrazie altrui, come storie individuali che servono per
strappare una lacrima, perché viviamo in genere in un mondo virtuale in cui
possiamo far finta di essere solidali con
tutti, perché non siamo solidali con nessuno. Invece la scomparsa del calzolaio non è una
perdita solo per lui. Quando volevi, potevi passare da lui e dal suo
cane dagli occhi di due colori – che occupava un bel po’ del marciapiede – e
parlavi di scarpe, di industrie, della storia dei luoghi, del senso della
vita e delle mani. Gli artigiani sono
inseparabili dal paesaggio, dalla rete infinitamente complessa di relazioni tra
sassi, persone, generazioni, arrivi, partenze, feste e funerali che crea un
rione.
Anche quando chiude un supermercato, ci sono le
cassiere e i facchini che si trovano anche loro senza reddito. Ma non è esattamente
la stessa cosa, per due
motivi. Uno, non siamo noi luddisti rionali a far perdere il posto alle
cassiere, sono i loro
stessi proprietari che non vedono l’ora di dare loro una pedata nel sedere:
“Amazon sta sviluppando piani per la creazione di negozi in cui le casse
vengono totalmente eliminate. La videosorveglianza e l’intelligenza artificiale
saranno allineate per seguire gli articoli nel carrello del cliente,
permettendo loro di uscire dal negozio senza alcuna interazione umana, poi
manderanno loro una fattura per email da addebitare sul loro conto in banca.”
Ma il
riferimento ai luddisti ci ricorda una cosa importante, che si capisce solo
quando si vive da vicino il mondo delle botteghe e degli artigiani.
Se il calzolaio chiude, ci dispiace perché ha perso
una fonte di reddito; ma ci dispiace anche perché ha perso un lavoro. Se il supermercato chiude,
ci dispiace perché la cassiera ha perso una fonte di reddito; ma un po’
facciamo anche festa, ché almeno si è liberata da un lavoro. È un’affermazione che potrebbe
sconvolgere, ma solo perché quando diciamo “posto di lavoro”, pensiamo, non
al lavoro, ma solo al reddito indispensabile per
vivere.
Di Marx si può pensare quello
che si vuole; ma certamente qualunque artigiano che aveva perso il lavoro
davanti alle macchine ed era stato ridotto a lavorare in fabbrica, poteva
capire questa descrizione del lavoro salariato:
“il lavoro resta esterno all’operaio, cioè non appartiene al suo essere, e
l’operaio quindi non si afferma nel suo lavoro, bensì si nega, non si sente
appagato ma infelice, non svolge alcuna libera energia fisica e spirituale,
bensì mortifica il suo corpo e rovina il suo
spirito. L’operaio si sente
quindi con se stesso soltanto fuori del lavoro, e fuori di sé nel lavoro. A
casa sua egli è quando non lavora e quando lavora non lo è. Il suo lavoro non è
volontario, bensì forzato, è lavoro costrittivo. Il lavoro non è quindi la
soddisfazione di un bisogno, bensì è soltanto
un mezzo per soddisfare dei bisogni esterni a esso. La sua
estraneità risalta nel fatto che, appena cessa di esistere una costrizione
fisica o d’altro genere, “il lavoro è fuggito come la peste”.
Immagino che
gli artigiani che ascoltavano Marx non sognassero come alternativa la catena di
montaggio in un’acciaieria sovietica, però capivano perfettamente contro cosa
si ribellavano.
Per fortuna
oggi esiste ancora una straordinaria rete di protezione, che rende asettico il
lavoro: non dura troppe ore, non stanca troppo, non ci devono essere
troppi pericoli, se ci si fa male c’è l’ospedale e si può fare ricorso se
qualcuno prova a frustarti.
Ma resta il fatto che la maggior parte di
noi perde le otto ore migliori della nostra giornata, a fare cose che non ci
riguardano e non ci interessano, con l’unico scopo di uscirne al più presto
possibile, con in mano il reddito. È
vita da cassiere, non da calzolaio. Il che non è certo colpa
dei cassieri, ma di chi non si batte per un mondo con più calzolai.
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