Credo che sia una buona notizia che le italiane non facciano più così tanti figli come un tempo. Mentre è una pessima notizia che i figli se ne vadano perché trovano solo lavori sottopagati
Ho già
scritto sulla demografia del nostro paese, ma si continua a
parlarne e quindi riprendo l’argomento. Il ragionamento dominante è: la bomba
demografica esiste, ma da noi c’è l’inverno demografico. Dobbiamo
fare come gli altri, oppure ci estingueremo.
La popolazione
italiana è cresciuta costantemente dal 1951 fino al 2014, raggiungendo
un picco di circa 60,3 milioni. A partire dal 2015 si è
osservata una diminuzione della popolazione residente, dovuta a un saldo
naturale negativo (più decessi che nascite) non completamente compensato
dall’immigrazione. L’Italia rimane uno dei paesi più popolosi dell’Unione
Europea, ma molti esprimono preoccupazione per l’invecchiamento della
popolazione e la bassa natalità.
Quale è il
numero ottimale di abitanti nel nostro paese? In ecologia esiste il concetto di capacità
portante: il numero massimo di individui che un ecosistema è in grado di
sostenere. Raggiunta la capacità portante, la popolazione smette di crescere.
Le tecnologie ci permettono di innalzare l’asticella della capacità portante,
ma non di rimuoverla. Nessuna specie può crescere all’infinito. Per
ridurre il costante aumento numerico e raggiungere l’equilibrio tra il numero
di individui e le risorse disponibili bisogna smettere di crescere e, per
questo, ci sono vari modi: il primo è di fare meno figli, oppure questi possono
morire prematuramente con carestie, malattie, e guerre.
Le
tecnologie ci permettono di prolungare la vita alleviando
carestie e malattie. Se si adotta il sistema di fare meno figli, e si vive più
a lungo, ci sarà un periodo in cui gli anziani sono più dei giovani. Quando il
surplus di anziani morirà, si riequilibreranno i rapporti tra classi d’età.
C’è un’altra
variabile che viene tenuta separata dall’inverno demografico così
drammaticamente denunciato: molti dei pochi giovani vanno via perché il paese
non ha molto da offrire, soprattutto a chi ha istruzione elevata. Il problema
si risolverebbe se facessimo più figli? O aumenterebbero quelli che se ne
vanno? La cosa più preoccupante non è che facciamo meno figli ma che
espelliamo i pochi che facciamo. La soluzione non è incentivare le nascite,
ma valorizzare chi è nato, e l’investimento nella sua formazione. Credo che sia
una buona notizia che le italiane non facciano più così tanti figli come un
tempo. Mentre è una pessima notizia che i figli se ne vadano perché
trovano solo lavori precari e sottopagati, spesso con mansioni non
corrispondenti al livello di formazione conseguito. Se gli altri paesi li
prendono, significa che il valore esiste, e noi ce lo facciamo scappare: un’emorragia
demografica e sapienziale.
Ho già
scritto queste cose diverse volte, ma le ripeto perché continuo a sentire
preoccupazione per la denatalità e la emigrazione giovanile, ma non
sento proposte per affrontare questi due fenomeni assieme, quasi fossero
scollegati. La denatalità è socialmente spiegabile con il costante
miglioramento della formazione delle donne. Più sono istruite e si
realizzano nel lavoro, e meno figli fanno. Vogliono che i loro figli
si laureino e si realizzino professionalmente e socialmente. Se questo non
avviene… se ne vanno, e fanno ancor meno figli.
L’aumento
dell’efficienza delle tecnologie, inclusa l’intelligenza artificiale, rende
sempre meno necessaria la forza lavoro. Al posto nostro lavorano le macchine.
Ma come la mettiamo in quanto a reddito? Chi non lavora non riceve
stipendio e, ovviamente, non fa figli, se ha un minimo di senso di responsabilità. La
povertà non è un buon anticoncezionale, se il livello di formazione della
popolazione, soprattutto femminile, è basso. Ma da noi le cose stanno
diversamente.
Che vogliamo
fare? E poi sembra che il fatto che si viva più a lungo sia una cattiva notizia.
Da una parte ci dicono che la sovrappopolazione è un problema ma poi, se
rallentiamo la crescita e tendiamo verso un riequilibrio, ci dicono che non va
bene.
La capacità
portante non è solo questione di cibo, ma anche di vile denaro. Le tecnologie
tolgono opportunità lavorative: non abbiamo bisogno di tutta questa
manodopera. Nei campi in cui ne abbiamo bisogno (prima di tutto l’agricoltura)
gli stipendi sono bassissimi e si usano gli extracomunitari come schiavi.
Meglio se clandestini, così sono ricattabili. Forse si dovrebbero
unire i puntini e mettere assieme le variabili, in modo da pianificare
interventi che bilancino eventuali squilibri. Per me la prima priorità è il
lavoro ai giovani, con un giusto riconoscimento per i livelli di istruzione
conseguiti. Invece continuo a leggere interventi che ci dicono di fare più
figli, imitando i paesi sottosviluppati.
Ripeto la
domanda: ma davvero pensiamo che se facessimo più figli diminuirebbe il numero
di giovani che fuggono all’estero? Non viene il dubbio che
aumenterebbe? Per trovare soluzioni a un problema bisogna definirne bene i
termini, e le interazioni che li collegano. Invece li stiamo trattando uno alla
volta, come se fossero indipendenti gli uni dagli altri. Oppure la logica è
un’altra: si confida nella guerra come mezzo di riequilibrio, e si incentivano
le nascite per incrementare il numero di soldati che, tanto, non diventeranno
vecchi. Così sarà risolta la questione delle pensioni. Chi non
andrà soldato troverà impiego nell’industria delle armi. E nella produzione di
zainetti per sopravvivere 72 ore. Per il cibo basteranno le razioni K.
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