Gli italiani stanno riscoprendo l’acqua
del rubinetto. Per comodità, per il gusto e per il minore costo. Secondo una
ricerca realizzata da Open Mind Research, in occasione della Giornata mondiale
dell’acqua (22 marzo), il 73,7 per cento della popolazione, nel corso del 2017,
ha scelto l’acqua del sindaco e il 44 per cento la utilizza ormai in modo
abituale. Sono percentuali che segnano un incremento di circa 10 punti in più
rispetto ad appena quattro anni fa. «Siamo in presenza di un cambiamento
epocale. Partivamo da zero, con gli italiani prigionieri dell’acqua minerale, e
adesso ci ritroviamo con un popolo che ha modificato un suo stile di vita»
commenta Lauro Prati, presidente di Aqua Italia, l’associazione delle imprese
che realizzano gli impianti per il trattamento degli impianti.
E proprio gli impianti, ovvero i chioschi
dell’acqua, rappresentano una delle leve del cambio di paradigma. Nel 2010
erano appena 200 in tutta Italia, adesso siamo a quota 2.021, con il 60 per
cento degli impianti concentrati nelle regioni settentrionali. Come funzionano
i chioschi? L’offerta ormai è molto ampia, e il cittadino può ritirare acqua
naturale o gassata, refrigerata oppure a temperatura ambiente. Il costo medio è
di 0,05 euro al litro, con una forchetta tra 0,03 e 0,08 euro, e diverse
amministrazioni hanno scelto la strada più vantaggiosa per i residenti: acqua
gratis. Con il vantaggio, per i sindaci, di una significativa riduzione dei
costi per le bottigliette da raccogliere e da smaltire.
Attorno ai chioschi dell’acqua, ormai
conosciuti dal 67 per cento degli italiani, si è rafforzata un’industria di
filiera del made in Italy, e per la prima volta l’anno scorso sono arrivate
richieste di forniture dall’estero, in particolare dalla Francia e dalla Gran
Bretagna, per questo tipo di impianti. «Siamo riconosciuti come un settore
all’avanguardia per innovazione e per design in Europa, e questa è
un’opportunità per l’economia nazionale» dice Prati.
Ma più degli impianti, sul cambiamento
nella fornitura di acqua ha pesato un altro elemento: la sicurezza, ovvero
l’eclissi del pregiudizio in base al quale l’acqua del sindaco è più a rischio
di contaminazioni chimiche di quella minerale. Tra i consumatori abituali, solo
il 14 per cento avanza ancora qualche dubbio, mentre la stragrande maggioranza
degli italiani si è convinta che i controlli dell’acqua pubblica siano anche
più frequenti di quelli sull’acqua confezionata. Infine, non bisogna
sottovalutare l’effetto Grande Crisi. La riduzione della spesa è uno degli
indicatori più significativi della neo-sobrietà degli italiani, capaci di
modificare, con spirito di adattamento, le più tradizionali abitudini
alimentari. Anche in questo caso si parte da un singolare primato: un Paese molto
ricco di fonti naturali si ritrova al terzo posto nella classifica mondiale dei
consumi di acqua minerale, dopo l’Arabia Saudita, di fatto priva di sorgenti, e
il Messico, che sconta enormi problemi di inquinamento.
Resta l’ultimo ostacolo da superare per
rendere l’acqua del rubinetto il prodotto finale di un sistema efficace:
l’enorme dispersione che avviene all’interno della rete idrica, ormai ridotta a
un colabrodo. Secondo i dati dell’Istat, la percentuale media di acqua che non
arriva ai rubinetti, e quindi neanche ai chioschi, è del 35,4 per cento, con
punte che superano il 70 per in diversi comuni del Mezzogiorno. Uno spreco
scandaloso che certo gli italiani, diventati consumatori affezionati dell’acqua
del rubinetto, gradiscono sempre meno.
da qui
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