domenica 5 novembre 2017

Difendere l’allegria, trovare una stanza - Lino Di Gianni


 Racconti da un corso di italiano per stranieri

Un gruppo di donne, piano piano, con delicatezza, intesse un tappeto di lingue senza conflitti. Come fanno delle donne di paesi diversi a comunicare tra loro, se non scegliendo una lingua comune? Ciascuna a partire dalla propria esperienza, dicendo di sé ciò che si vuole, in un viaggio in comune alla scoperta della lingua italiana. Ma in fondo, è un viaggio per scoprire uno spazio dedicato a se stesse.
Il mio ruolo di insegnante maschio, in un gruppo di donne straniere, che apprendono e perfezionano la conoscenza della lingua italiana, è quello di creare le condizioni perché l’aquilone, quando ci sarà vento, sia in grado di volare. E il vento arriva, ogni tanto, all’interno di un gruppo di donne provenienti dal Marocco, dalla Cina, dal Brasile, da Cuba, dalla Romania, dall’Armenia, dall’India.
Il vento è la necessità di parlare con le altre, i banchi disposti in modo da guardarsi in faccia. Perché tutto è importante, nel processo di conoscenza: se metti i banchi rivolti solo verso l’insegnante, vuol dire che ascolti solo lui. Se li metti a “ferro di cavallo” gli altri possono ascoltare e parlare.
Non sono donne richiedenti asilo, non sono donne rifugiate. Alcune lavorano come commesse, o badanti, o bariste, o al mercato a vendere formaggi. Qualcuna faceva l’ostetrica, o la pediatra, o l’insegnante, nel proprio paese. Qualcuna nel campo della moda, qualcuna curda o armena. A volte hanno sposato italiani, a volte sono in Italia da parecchio tempo, hanno avuto figli qui.
Una delle molle più potenti che le porta a scuola è questa: la necessità di conoscere l’italiano scritto, le regole, gli errori per poter aiutare i figli piccoli a scuola. O la necessità di parlare bene. Non cercano titoli di studio, ma una lingua che dia loro piena cittadinanza. A volte non hanno figli, ma vengono per trovare “una stanza per sé”: un posto dove altre donne, straniere, venute in Italia quasi sempre per condividere la propria vita insieme al marito, possono diventare tue amiche.

Dal 1993 a oggi, nei miei corsi di italiano per stranieri, si sono incontrate molte donne: alcune sono diventate amiche. Donne americane che si frequentano, amiche dell’Etiopia, del Marocco. Alcune sono molto giovani, attorno ai vent’anni, ma la maggioranza ha già una famiglia e dei figli. (“Se qualcuno ti invita a colazione, ed è un uomo che ha soldi e una certa cultura, non vuol dire che ti invita a bere un cappuccino, ma che ti invita a pranzo” e qualcuna commenta: se lo dice mio marito, vuol dire solo che andiamo al bar – risate della classe).
“Mia sorella adesso è depressa, perché ha avuto una brutta malattia, e prima non era mai stata male, adesso io sono preoccupata”: pensate a quanto sforzo e studio linguistico è stato necessario a Rosa, la signora cinese che ha scelto questo nome perché il suo vero nome cinese è troppo difficile, e lei deve vendere, parlare con i clienti. Da quando è qui, è ringiovanita di dieci anni, cambiando il suo modo di essere giovane: “In Cina, i dentisti non sono bravi, poca voglia di studiare, tutto di plastica”.
“A Cuba è tutto pagato dal sistema sanitario, e anche l’Università è gratuita. Qui in Italia, per una piccola cosa ai denti, 150 euro”. In Armenia, si paga molto poco, 20 euro, con 100 euro hai tutti i denti in bocca nuovi”.
Io ascolto, cerco di far in modo che tutte possano parlare. E quando facciamo il dettato, dove ci sono velocità diverse di scrittura, ciascuna scrive un pezzo, fin dove sa fare. L’importante è che tornino a casa con una piccolo pezzo in più di quello che gli hispano parlanti chiamano “ l’alegria”.
[…Difendere l’allegria come una trincea
difenderla dallo scandalo e dalla routine
dalla miseria e dai miserabili
dalle assenze transitorie 
e da quelle definitive…]
Mario Benedetti


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