Quella degli inceneritori è stata una strada sbagliata. Parole di Ida Auken, ex
ministro dell’ambiente danese, dimessosi proprio per la questione inceneritori.
Una
strada sbagliata che ha portato il paese nord europeo verso una crisi sistemica
di gestione. Secondo Eurostat, la produzione di rifiuti urbani della Danimarca
pro capite è la più alta in Europa: 747 kg a persona nel 2013 (rispetto a una
media europea di 481 kg). Circa il 60%per cento di
questi rifiuti domestici, inclusi i rifiuti organici ad alta potenzialità
calorifica, vengono inviati direttamente all’inceneritore più vicino
(ufficialmente, solo il 3 per cento viene inviato alla discarica a livello nazionale,
ma questo numero non include ceneri e scorie da incenerimento che in quanto
“rifiuti speciali” spesso non vengono poi riportati nelle statistiche relative
agli urbani, pur derivando da essi).
Questa dipendenza dagli
inceneritori ha causato l’impossibilità per la Danimarca di raggiungere gli
obiettivi europei fissati dalla direttiva comunitaria per il 2020 (Direttiva
quadro 2008/98) tra cui quello del 50% di recupero di materia visto che il paese incenerisce più del 60% dei rifiuti. Motivo
per il quale alla Danimarca è stato concesso di adottare il calcolo
semplificato, in cui il 50% si computa sulle sole frazioni carta, vetro,
plastica e metallo. Ma ora la UE sta
discutendo obiettivi ancora più ambiziosi (il 65 o 70%) e sul totale del
rifiuto urbano, ossia senza semplificazioni di calcolo, e questo sta mettendo
in forte crisi il sistema danese di gestione dei rifiuti. Per risolvere questa criticità, e riallineare
la gestione anche con gli obiettivi della strategia energetica che prevede il
100% di energia rinnovabile al 2015 (mentre dall’ incenerimento viene prodotta
energia in gran parte di origine fossile, come dalla componente plastica) il
ministero dell’ambiente due anni fa elaborò una nuova Strategia Nazionale
(“Denmark without waste”) per abbandonare progressivamente l’utilizzo degli
inceneritori favorendo e incentivando il riciclo dei materiali.
Con
i suoi 26 inceneritori, il sistema danese dimostra quanto, al di là
dell’impiantistica avanzata e di ultima generazione, skyline e piste da sci
sulle ciminiere, l’incenerimento dei rifiuti resti una pratica insostenibile,
poco redditizia e messa in profonda crisi dagli obiettivi della strategia sulla
Economia Circolare, attualmente in discussione a livello europeo.
Tanto che la stessa
Commissione Europea, a fine Gennaio ha adottato una Comunicazione sulla Energia
da Rifiuto, che mette in guardia contro il ricorso eccessivo all’incenerimento,
raccomanda di disinvestire dallo stesso, e chiede di terminare i sussidi alla
produzione energetica che, ad oggi, costituisce lo strumento fondamentale (e
deteriore, essendo pagato dalla collettività) per garantire l’equilibrio
economico dell’incenerimento.
Inceneritori
italiani, tra processi, infrazioni e traffico illecito di rifiuti.
Dei
40 impianti di incenerimento italiano – che bruciano rifiuti urbani e speciali,
venti sono sotto la lente della magistratura con inchieste in corso per
traffico illecito di rifiuti, violazioni della normativa ambientale, incidenti,
emissioni sopra i limiti di legge di diossine e metalli pesanti. Per
altri 12 impianti sono stati accertati violazioni delle prescrizioni
dell’Autorizzazione integrata ambientale. Alcuni, anche nel recente passato,
vennero chiusi, dopo accertamenti della Magistratura, per avere falsificato i
dati sulle emissioni. C’ è anche da sottolineare che rispettare un limite non
significa comunque rispettare la salute, visto peraltro che alcune sostanze,
come il nanoparticolato, non sono attualmente regolamentate, e che i
monitoraggi generalmente non coprono le fasi di accensione/spegnimento per le
manutenzioni periodiche, in cui si hanno emissioni ben superiori che in
condizioni operative standard.
L’inceneritore di Bolzano non è da meno visto che vanta un processo per emissione di sostanze nocive oltre i limiti di legge dopo l’incendio avvenuto a novembre 2013. La realtà degli inceneritori italiani è costellata di incendi, malagestione, illeciti e costituisce da Nord a Sud del paese, fonte di aumento di ricoveri ospedalieri per gravi patologie.
L’inceneritore di Bolzano non è da meno visto che vanta un processo per emissione di sostanze nocive oltre i limiti di legge dopo l’incendio avvenuto a novembre 2013. La realtà degli inceneritori italiani è costellata di incendi, malagestione, illeciti e costituisce da Nord a Sud del paese, fonte di aumento di ricoveri ospedalieri per gravi patologie.
L’incenerimento dei rifiuti
resta una pratica insostenibile, che sottrae la possibilità di recuperare
materia in favore del recupero di energia e che non consente di incrementare
processi virtuosi di riduzione a monte dei rifiuti secondo i percorsi della
Economia Circolare. Che peraltro, sarebbero quelli più efficienti anche dal
punto di vista della minimizzazione dei costi e della creazione di indotto
occupazionale.
Energia
o materia?
A parità di materiale,
l’energia recuperata con incenerimento è inferiore a quella risparmiata
riciclando lo stesso materiale. Il riciclo è quindi da 2 a 5 volte più
efficiente del recupero energetico e questo fattore determina un vantaggio
economico diretto, oltre a un migliore uso delle risorse e a un vantaggio
ambientale.
Quindi, per motivi energetici
ed economici, è urgente programmare la conversione dei sistemi di raccolta
rifiuti verso il massimo riciclo. Conversione che comprende la riprogettazione
dei prodotti per ridurre i materiali non riciclabili immessi a consumo, oppure
le plastiche miste, difficilmente recuperabili.
Ad esempio, se la media di
produzione di residuo secco indifferenziato si riducesse a 75 kg per abitante
all’anno, un obiettivo già raggiunto da molti Comuni italiani, sarebbe
sufficiente una capacità di smaltimento di 4.5 milioni di tonnellate. I 40
impianti di incenerimento hanno una capacità totale di circa 8 milioni di
tonnellate.
Raggiungere questo obiettivo
consentirebbe un uso razionale delle risorse, riutilizzando le materie per nuovi
prodotti, e un sensibile risparmio di energia.
I
distretti che hanno seguito con coerenza i percorsi Rifiuti Zero, proprio
grazie alla assenza di inceneritori, come la Provincia di Treviso, già oggi
producono solo 50 kg/ab.anno di rifiuto indifferenziato residuo, e si sono
posti l’obiettivo di arrivare a 10 kg nel 2023. Cosa
possibile in quanto non hanno sul loro territorio la rigidità di un
inceneritore da alimentare con i tonnellaggi previsti dal “business plan”.
Pertanto, la materia è più
preziosa dell’energia.
[Nota di
approfondimento a cura di A Sud, Energia per L’Italia, Ugi Colleferro e Zero
Waste Europe]
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