Si
chiama Donato Ungaro e oggi guida bus di linea. Non vive più a Brescello,
"sono stato abbandonato, semplicemente" racconta al telefono nella
pausa veloce tra una corsa e l'altra. Ma non ha rimpianti, quelli no: "sto
scrivendo un libro per mettere in fila tutti i fatti che ho vissuto. Quando li
racconto ho sempre il timore di non essere creduto". E scrivere, per
Donato, è un tarlo a cui non riesce a rinunciare anche se l'ha messo nei guai.
Giornalista giornalista, con tanto di esame di stato. Sul pullman 32.
«Nel
1994 vengo a assunto come vigile urbano a Brescello», mi racconta. La Brescello
di Peppone e Don Camillo, la Brescello che è diventata notizia nazionale quando
un anno fa è stato il primo comune dell'Emilia-Romagna sciolto per mafia:
secondo le carte della Prefettura (poi confermate dal governo) a fare da
padrone sugli appalti e subappalti pubblici erano i tentacoli della cosca di
‘Ndrangheta guidata da Francesco Grande Aracri che l'ex sindaco Marcello
Coffrini non ebbe nessun problema nel descrivere come "una brava
persona" che egli stesso aveva "usato per dei lavori a casa
mia". «Quando sono stato assunto era sindaco Ermes Coffrini, padre dell'ex
sindaco Marcello. Avevo già la passione per il giornalismo e per l'inchiesta e
chiesi di avere l'autorizzazione a collaborare con alcune testate. Furono
entusiasti. L'8 marzo del 2002 scrissi il mio primo articolo per la Gazzetta di
Reggio».
Ma
c'era già sentore di mafia?
Sì.
Auto rovinate dall'acido. Minacce esplicite. Si diceva che fosse diventata
abitudine sparare contro le baracche dei cantieri che non si
"allineavano" al volere dei curtensi. E poi c'era Alfonso Diletto
(nipote di Grande Aracri, attualmente recluso in regime di 41bis
nell’ambito dell’operazione Aemilia nda) che in paese conoscevano tutti per i
suoi atteggiamenti. Ricordo in particolare un episodio: un giorno mi strappò
davanti alla faccia una multa per divieto di sosta che gli feci. Me lo strappò
in faccia, davanti a tutti. Quando poi lo ritrovai a casa sua mi disse che non
erano un problema i soldi della contravvenzione ma che non potevo fargli fare
una figura del genere davanti alla gente. Per loro contava soprattutto il senso
di impunità che dovevano poter esibire. Va detto che, nonostante se ne siano
dimenticati in tanti, Brescello è stata teatro di un omicidio di mafia che si
inserisce nella guerra tra il clan dei Dragone e i Grandi Aracri. Un omicidio
in grande stile, con killer travestiti da carabinieri e addirittura un'auto dei
carabinieri, ovviamente finta.
Ma
le forze dell'ordine cosa dicevano?
I
carabinieri cercavano di convincere la gente a lasciar perdere. Consigliavano
di non denunciare. Nel 1997 prende fuoco il garage del mio vicino di casa:
sento le urla e scendo per spegnere le fiamme. Arrivano anche i carabinieri.
erano evidenti le tracce di cherosene e addirittura anche la strisciata di
fiammifero sulla serranda di zinco. Il maresciallo mi chiede se io avevo avuto
qualche diverbio con i cutresi in paese e gli rispondo che, da vigile, non
tolleravo i loro soprusi. "Allora hanno sbagliato indirizzo, questo era
per lei", mi disse. E tutto finì lì.
Tu
invece avevi denunciato?
Decine
di denunce. Avevo denunciato diverse persone per oltraggio e per minacce. Ma
l'aspetto che più di tutti continua a stupirmi è che avevo fatto anche 5-6
segnalazioni per abusi edilizi e di queste segnalazioni non se n'è mai saputo
niente. Ne quartiere chiamato "Cutrello" (in quegli anni la comunità
vide una forte ondata immigratoria di cittadini cutresi legati all'eccezionale
sviluppo edilizio) mi ero reso conto di una palazzina in cui era stata
autorizzata la costruzione di 4 appartamenti mentre in realtà ne erano stati
fatti il doppio. Il sindaco mi disse di lasciar perdere. Nel 2002 avevo scritto
un articolo, con tanto di foto, in cui mostravo anche l'impresa più grande
della zona (la Bacchi) che estraeva illegalmente sabbia dal Po. Partì anche
un'inchiesta. Qualche settimana dopo mi hanno tagliato le gomme dell'auto. Di
Notte. Per ben due volte.
Quando
sei stato licenziato?
Il
28 novembre del 2002. Ufficialmente perché, secondo il Sindaco, rischiavo di
violare il "segreto d'ufficio". Il mio licenziamento comunque è
legato alla mancata costruzione di una centrale elettrica che avrebbe portato
al comune qualcosa come 50 milioni di euro oltre alle tasse di concessione (si
parlava dai 3 ai 9 miliardi di lire). Scrissi un articolo in cui una dottoressa
spiegava che proprio nella zona di Brescello c'era una concentrazione anomala
di tumori. Il sindaco si arrabbiò moltissimo. Sulla possibilità di costruzione
di quella centrale avevano investito in molti: Claudio Bacchi (titolare della
Bacchi) aveva già comprato i terreni agricoli con la promessa che li avrebbero
convertiti. Poi Bacchi s'è beccato, con la sua impresa, anche un'interdittiva
antimafia dalla Prefettura per contatti con persone di Cosa Nostra e con Grande
Aracri.
Possiamo
dire che i Coffrini non potevano non sapere che le mafie stavano mettendo le
mani sulla città?
Possiamo
dire che i Coffrini, padre e figlio, avevano in mano tutte le carte per capire
e giudicare. Ma bisogna tenere conto che i Grande Aracri sono clienti proprio
dello studio legale Coffrini e abbiamo tutti visto come Marcello Coffrini in
video non si faccia problemi nel difendere il boss. In paese i cittadini,
passato il rischio della centrale per cui si era anche creato un comitato
spontaneo, si sono "dimenticati" del pericolo. ¡E la condizione
tipica della colonizzazione: i figli sono compagni di gioco dei ragazzi di
Brescello. Addirittura alcuni in paese dicevano che Grande Aracri bisognava
lasciarlo in pace perché portava lavoro. E anche il comune godeva di una certa
impunità.
In
che senso?
Ti
racconto un altro episodio: quando sono stato licenziato il mio posto da vigile
è stato preso da un dipendentemente comunale che precedentemente guidava lo
scuolabus. Dopo qualche mese in paese gira la voce che questo sia dotato di
pistola. Per scrupolo vado dai carabinieri e chiedo se gli è stato comunicato
che io non ho più in uso l'arma. Mi rispondono che non ne sapevano nulla.
Allora faccio una segnalazione in Procura: c'era in giro per Brescello una
persona armata che usava una pistola intestata al sindaco e che risultava
essere in uso a me. Una cosa gravissima. Roba da galera. Qualche giorno dopo mi
arriva una raccomandata dal Comune che mi dice che avevano sistemato tutto. E
nessuno è mai stato punito. Nessuno.
Però
poi c'è stato lo scioglimento del comune e gli arresti dell'operazione Aemilia.
Qualcuno ti ha chiesto scusa?
Nessuno.
Tieni conto che io ho perso anche il lavoro con le diverse redazioni con cui
collaboravo, come la Gazzetta di Reggio e TeleReggio. Ma il problema è
soprattutto politico: qui non ci sono gli anticorpi. Inutile dirlo. Io non sono
nemmeno mai stato ascoltato dalla commissione antimafia regionale. Niente. Del
resto a Brescello, lo dicono le carte dell'indagine Aemilia, i cutresi spostano
qualcosa come 400 voti. Decidi le sorti di un sindaco, con 400 voti. Ma anche
fuori da Brescello la musica non è cambiata: quando sono finito a fare
l'autista mi è stata affidata la direzione del giornale del Dopolavoro
dell'Azienda Trasporto Passeggeri Emilia Romagna, "L'Informatore".
Anche qui sono stato licenziato dopo un'intervista a Claudio Fava in cui
denunciava la forza delle mafie nella nostra regione. Si dice che l'ordine di
licenziarmi sia arrivato direttamente dalla presidenza dell'azienda.
Eppure
il tuo licenziamento è stato dichiarato illegittimo, no?
Da
tre sentenze. Tre. La prima nel 2010, poi la Corte d'Appello nel 2013 e infine
la Cassazione nel 2015. Ma il comune ha fatto un reintegro non regolare: il
comune mi ha inviato una raccomandata a mezzogiorno dicendomi che
avrei dovuto presentarmi al lavoro alle 7 del mattino dopo. Una cosa ovviamente
impossibile e che non rispetta i contratti di lavoro che prevedono un preavviso
di almeno 30 giorni. Quando sono arrivati i commissari, dopo lo scioglimento
per mafia, ho sperato che ci mettessero una pezza ma niente. Tieni conto che lo
scioglimento manda a casa i politici ma rimangono ovviamente tutti i funzionari
che quei politici hanno nominato. E anche i sindacati non si sono visti.
L'unica che mi è stata vicina è una consigliera comunale della Lega Nord,
nonostante le posizioni politiche diametralmente opposte rispetto alle mie. Ora
sono qui, ridotto a fare l'autista.
Ma
una speranza di avere giustizia?
Dovrei
intentare una nuova causata ci ho già rimesso 15 anni della mia vita. Basterebbe
annullare il mio licenziamento, come è già avvenuto numerose volte da altre
parti. Ma non c'è la volontà. Alla Camera c'è un'interrogazione di Giovanni
Paglia a cui il ministro non ha mai risposto.
E
quindi?
Quindi
scrivo. Sto scrivendo un libro. Racconterò tutto. Ancora.
Nessun commento:
Posta un commento