Introduzione
Ancora dati
sui ghiacciai, relativi ai tempi di riduzione di quelli marini nella zona
artica e all’aumento del riscaldamento nell’Antartide, dove aumenta la presenza
di muschi. Nuovi dati sulla fioritura delle alghe a scala oceanica e sulla
riduzione dell’ossigeno nei mari. Uno studio recente prevede che il grado e
mezzo di riscaldamento del pianeta possa essere raggiunto entro 12 anni, quindi
delineando un panorama molto più anticipato e drammatico di quello nel quale si
è finora mosso l’Accordo di Parigi. La minaccia del nuovo presidente americano
si è in questi giorni tradotta in scelte concrete anche se finora non ancora
formalizzate, mentre alcuni commentatori cominciano a sottolineare i
comportamenti ben diversi di Cina e India, che evidentemente hanno cominciato a
scoprire i vantaggi anche economici delle politiche rispettose del pianeta.
Cominciano ad emergere nuove categorie di eventi estremi, che il peggioramento
climatico rende più evidenti: si moltiplicano le frane, si prevedono alluvioni
costiere, malattie come le epatiti vengono ormai considerate dei veri flagelli
(con Ebola che si riaffaccia in Africa), anche se ancora non si riesce a
concepire delle politiche sanitarie che colpiscano almeno alcune delle
multinazionali farmaceutiche che traggono rilevanti profitti dai farmaci che
riescono a vendere a prezzi elevatissimi in quanto la sola alternativa alla
morte per milioni di persone. E poi, anche in Italia si comincia ad accennare
alla necessità di eliminare l’uso del carbone, (mentre in Iran disastri
minerari continuano a mietere vite umane), però la preoccupazione di salvare
gli interessi delle imprese è ancora dominante e non si parla nemmeno del
valore economico delle vite umane salvate e delle spese sanitarie risparmiate.
Clima ed eventi estremi
1.
Intemperie.
Quattordici persone sono morte nelle tempeste, nelle alluvioni e nei tornado
che hanno colpito il centro-sud degli Stati Uniti il 29 e 30 aprile. Almeno 133
persone sono morte dall’inizio dell’anno a causa delle alluvioni e delle frane
in Perù. (Internazionale n. 1203, 5 maggio 2017, pag. 112)
2.
Ventiquattro
persone sono morte travolte da una frana in un villaggio nel sud del
Kirghizistan, nonostante un ordine di evacuazione emesso dalle autorità pochi
giorno prima. La frana ha distrutto sei case. (Internazionale n.1203, 5 maggio
2017, pag.112)
3.
Siccità. Circa 7,7 milioni di persone hanno bisogno di aiuti
alimentari urgenti a causa della siccità che ha colpito l’Etiopia. Lo ha
annunciato una commissione governativa. (Internazionale n.1203, 5 maggio 2017,
pag. 112)
4.
A causa del cambiamento climatico, negli
ultimi trent’anni l’estensione e lo spessore del ghiaccio marino artico si
sono notevolmente ridotti, denuncia un rapporto dell’Arctic Monitoring and
Assessment Programme (AMAP). Nella zona centrale lo spessore del ghiaccio è
diminuito del 65%. L’Amap stima che già dal 2040 d’estate non ci sarà più mare
ghiacciato. (Internazionale n.1203, 5 maggio 2017, pag.112)
5.
Fioriture mortali. Il cambiamento climatico potrebbe
aggravare il fenomeno delle fioriture eccessive delle alghe in mare. Uno studio
pubblicato su Nature indica che l’aumento della temperatura dell’oceano può
portare ad una intensificazione delle fioriture algali nei mari del Nord America.
E’ la prima volta che il fenomeno è previsto su scala oceanica, spiega la
rivista. Le fioriture algali si verificano quando un mutamento delle condizioni
dell’acqua porta alla moltiplicazione di alcune specie. La fioritura può
produrre tossine , in quantità tale da eliminare la vita marina e cambiare il
colore dell’acqua. Un fattore che favorisce le fioriture è l’improvviso aumento
dei nutrienti, come azoto e fosforo. Un altro fattore è l’aumento della
temperatura. Nello studio i ricercatori hanno analizzato la situazione
dell’Atlantico settentrionale e del Pacifico settentrionale, usando i dati
delle temperature di superficie del mare, registrate tra il 1982 e il 2016.
Hanno così stabilito che esiste un rapporto tra le temperature e il tasso di
crescita di due specie di alghe, tossiche per le persone. I loro modelli
prevedono che l’aumento delle temperature intensifichi il ritmo di crescita
delle alghe e allunghi la stagione della fioritura. Inoltre, poiché l’oceano
non si scalda in modo uniforme (alcune regioni si scaldano più velocemente
della media, mentre altre si possono anche raffreddare), le fioriture possono
verificarsi in zone dove prima non c‘erano e ridursi in altre. (Internazionale
n.1203, 5 maggio 2017, pag.112)
6.
Una grave carestia. “Una combinazione fatale di economie
in calo, condizioni del tempo negative e guerra sta alimentando una grave
carestia in Africa, con i prezzi dei beni alimentari che toccano livelli record
in metà del continente” scrive il Wall Street Journal. “I paesi più colpiti
,tra cui il Sud Sudan, la Somalia e la Nigeria, sono sfiancati dalla guerra
civile , ma le condizioni stanno peggiorando anche nelle aree più stabili.
Negli ultimi sei mesi il crollo del prezzo delle materie prime ha
svalutato del 30 per cento le monete dei paesi dell’Africa centrale e
meridionale, facendo salire l’inflazione e abbattendo il potere d’acquisto dei
consumatori”. Ad aprile nello Zambia il prezzo del mais è raddoppiato , e il
mese prima nella capitale Lusaka otto persone sono morte schiacciate dalla
folla che aspettava la distribuzione delle razioni alimentari. “Nell’ultimo
anno, osserva il quotidiano, “i prezzi delle materie prime sono risaliti, ma
secondo la banca Mondiale restano inferiori di almeno il 50 per cento rispetto
al picco del 3013. In alcuni paesi dipendenti dall’esportazione del greggio,
come la Nigeria e l’Angola, sono stati presi dei provvedimenti per migliorare
la produzione agricola locale e ridurre la le importazioni pagate con
monete deboli. In molti altri paesi, invece , i cittadini sono colpiti
duramente”. (Internazionale n.1203, 5 maggio 2017, pag. 116 con grafico dei
prezzi dei cereali).
7.
La strategia degli ortaggi. Russia. I pomodori e i cetrioli, due
importanti prodotti d’esportazione turchi, hanno fatto le spese delle tensione
degli ultimi anni tra la Turchia e la Russia. “Il Cremlino ha ritirato diverse
sanzioni contro Ankara, ma i due prodotti continuano a non poter entrare in
Russia”, scrive Neue Zurcher Zeitung. Il problema è che quella che in passato era
una sanzione legata alla politica estera oggi è diventata una misura
protezionistica. “I coltivatori russi hanno chiesto di estendere per altri tre
anni il blocco delle importazioni di pomodori e cetrioli turchi. Ankara ha
risposto con una tariffa del 130 percento sulle importazioni di grano russo.
Dal momento che la Turchia è il secondo acquirente di grano russo dopo
l’Egitto, gli esperti prevedono un danno stimato in 1,5 miliardi di dollari nel
2017. Meno delle perdite turche per lo stop di ortaggi”. Ma i veri perdenti
sono i consumatori: “Un pomodoro russo costa il 40 per cento in più di uno
turco, il cetriolo costa il doppio”. (Internazionale n. 1203, 5 maggio 2017,
pag.116)
8.
Nell’Est del
Canada, le alluvioni causate dalle forti piogge che hanno colpito il Quèbec,
hanno costretto circa duemila persone a lasciare le loro case. Tremila
abitazioni in 171 località sono rimaste allagate. (Internazionale n. 1204, 12
maggio 2017, pag. 116)
9.
Il ciclone
Donna , con raffiche di vento che hanno raggiunto i 200 chilometri all’ora, ha
causato alcuni danni nell’arcipelago di Vanuatu. (Internazionale n. 1204, 12
maggio 2017, pag. 116)
10. Tempeste di
sabbia. Una tempesta
di sabbia a Pechino, in Cina, ha causato problemi respiratori agli abitanti e
costretto le autorità ad annullare decine di voli. (Internazionale n. 1204, 12
maggio 2017, pag.116)
11. Con il riscaldamento globale, dagli
anni ’80, l’ossigeno negli oceani sta diminuendo più velocemente del previsto.
Lo conferma una analisi delle concentrazioni di ossigeno negli oceani tra il
1958 e il 2015 in relazione alle temperature. Le acque più calde assorbono meno
gas. Inoltre, il riscaldamento delle acque di superficie e lo scioglimento dei
ghiacciai polari modifica la circolazione e stratificazione delle acque,
contribuendo alla loro deossigenazione, spiega Geophysical Research Letters.
(Internazionale, n.1204, 12 maggio 2017, pag.116)
12. Il nostro clima:
allarme per il 2029. L’aumento delle temperature a livello globale potrebbe superare in pochi
anni la soglia del grado e mezzo, scrive il New Scientist. L’obiettivo di
contenere il riscaldamento sotto questa soglia è stato fissato alla Conferenza
di Parigi del 2015. Secondo uno studio realizzato per il Gruppo
Intergovernativo sul Cambiamento climatico (IPCC) le temperature potrebbero
salire di 1,5 gradi entro dodici anni se il fenomeno climatico noto come
Intercadal Pacific Oscillation (IPO) entrerà in una nuova fase. “L’articolo
dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme per i governi”, ha detto
Benjamin Henley, uno degli autori dello studio. Il pianeta potrebbe cominciare
a riscaldarsi più velocemente se le emissioni di gas serra continueranno a
crescere e se L’IPO entrerà in fase di riscaldamento, dopo più di un decennio
in fase di raffreddamento. Secondo i ricercatori, questa fase potrebbe essere
già cominciata e potrebbe portare al superamento della soglia di 1,5 gradi tra
il 2024 e il 2029. Tuttavia la situazione reale può anche rivelarsi meno
pessimistica di quella delineata nello studio. Sarebbe infatti possibile ridurre
le emissioni di gas serra, come prevede l’accordo di Parigi. Ma il presidente
Donald Trump non si è ancora espresso sugli impegni presi nel 2015 dagli Stati
Uniti: non si sa se deciderà di uscire dall’accordo o se vorrà rinegoziarlo.
Intanto, in una riunione recente che si è svolta a Bonn, in Germania, la
maggior parte dei firmatari ha confermato gli impegni.(Internazionale n.1205,
19 maggio 2017, pag. 112)
13. Ventiquattro partecipanti a un
matrimonio sono morti travolti da un muro durante una tempesta a Bharatpur,
nell’ovest dell’India. (Internazionale n. 1205, 19 maggio 2017, pag.
112)
14. Siccità. La laguna di Atescatempa, nel sud
est del Guatemala, si è prosciugata a causa della siccità in corso nella
regione da più di un anno. (Internazionale n.1205, 19 maggio 2017, pag. 112.
15. Sulle spiagge di Henderson, una
remota isola del pacifico, è stata trovata la più alta densità del mondo di
rifiuti di plastica. Secondo Pnas, sull’isola ci sono 38 milioni di frammenti.
L’isola è disabitata e lontana da insediamenti umani, ma probabilmente si trova
in una zona in cui le correnti marine fanno accumulare i rifiuti prodotti
altrove. (Internazionale n. 1205, 19 maggio 2017, pag. 111)
16. Svolta verde in
Cina e India. Cina e
India sono state a lungo considerate degli ostacoli nella lotta globale al
cambiamento climatico. Questa reputazione sembra fuori luogo ora che entrambi i
paesi hanno sensibilmente aumentato gli investimenti nelle energie rinnovabili
e ridotto la loro dipendenza dai combustibili fossili. Secondo una ricerca
pubblicata in occasione del vertice di Bonn sul cambiamento climatico, Cina e
India dovrebbero facilmente superare gli obiettivi fissati dall’accordo di
Parigi del 2015. Sembra che le emissioni di anidride carbonica della Cina
abbiano cominciato a scendere dieci anni prima del previsto. L’India dovrebbe
ricavare il 40 per cento della elettricità da fonti non fossili entro il 2022,
con otto anni di anticipo. Ognuno dei firmatari dell’accordo di Parigi dovrà
ridurre le sue emissioni per scongiurare le peggiori conseguenze del
riscaldamento globale, ma i progressi del primo produttore di gas serra al mondo
(la Cina) e del terzo (l’India) sono sbalorditivi e meritano di essere
celebrati. (…) Ma Cina e India hanno dimostrato che fare la cosa giusta per il
pianeta non comporta un grande costo economico e anzi può perfino portare dei
benefici. Investendo nell’energia solare ed eolica , infatti, i due paesi hanno
contribuito a ridurre il costo delle tecnologie necessarie, al punto che in
certi casi le rinnovabili sono più economiche rispetto a fonti inquinanti come
il carbone. L’abbandono dei combustibili fossili è stato molto più rapido di
quanto prevedevano gli esperti. La Cina ha ridotto il consumo di carbone per
tre anni di seguito e di recente ha annullato la costruzione di cento centrali
a carbone. In India, il governo ritiene che non sia più necessario costruire
centrali a carbone. La vendita di veicoli elettrici in Cina è aumentata del 70
per cento l’anno scorso, grazie agli incentivi del governo. Ovviamente ci sono
ancora enormi ostacoli da superare, ma Pechino e New Delhi indicano la strada
da seguire. (Internazionale n. 1206, 26 maggio 2017, pag. 15)
17. Siccità. Più di 1,4 milioni di persone , tra
cui 750mila bambini, sono a rischio a causa della siccità che ha colpito sette
province nel sud dell’Angola. L’allarme è stato lanciato dall’Unicef. (internazionale
n.1206, 26 maggio 2017, pag. 106).
18. Siccità. Le autorità della Provincia
del Capo occidentale, in Sudafrica, hanno proclamato lo stato di calamità
naturale per la peggiore siccità da almeno un secolo. La provincia ha
introdotto misure di razionamento dell’acqua. (Internazionale n. 1206, 26
maggio 2017, pag. 106)
19. La penisola antartica sta diventando
più calda e più verde. Analizzando i dati degli ultimi 150 anni, è emerso che
da cinquant’anni nella regione c’è stato dell’attività biologica a causa del
cambiamento climatico. In particolare è aumentatala crescita dei muschi, scrive
Current Biology. (Internazionale n.1206, 26 maggio 2017, pag. 106)
20. Alluvioni
costiere. In
alcune località costiere le alluvioni potrebbero diventare più frequenti nei
prossimi decenni. Il fenomeno sarebbe causato dall’aumento del livello del
mare, dovuto al riscaldamento del pianeta. Secondo uno studio pubblicato sulla
rivista Scientific Report, saranno particolarmente colpite le regioni tropicali
che comprendono anche paesi poveri, i cui governi difficilmente riescono ad
aiutare gli abitanti in caso di catastrofi. “Un forte aumento delle alluvioni è
previsto nelle isole del Pacifico, in parte del sudest asiatico e lungo le
coste dell’India, dell’Africa e del Sudamerica”, scrive Climate Central. Nello
studio sono stati considerati gli effetti dell’aumento delle temperature dovuto
al cambiamento climatico, ma anche altri fattori, come le maree, le dimensioni
delle onde e le tempeste. Per alcune aree, come le isole del pacifico , mancavano
i dati, ma i ricercatori sono riusciti comunque a sviluppare delle proiezioni.
Secondo lo studio, considerando un aumento di alcuni centimetri del livello del
mare, in alcune zone la frequenza delle alluvioni potrebbe raddoppiare (oggi è
un episodio ogni cinquant’anni). I ricercatori sostengono che le arre tropicali
saranno colpite più di altre perché in questa parte del globo il livello del
mare varia meno rispetto alle zone temperate. Le località lungo la costa est
degli Stati Uniti potrebbero cavarsela meglio perché sono già dotate delle
infrastrutture necessarie ad affrontare il periodico aumento del livello del
mare. (Internazionale n.1206, 26 maggio 2017, pag. 106)
21. Temperature
sopra i 30 gradi? A maggio è normale. “Siamo avvolti da un’ondata di calore dai toni normali,
in una situazione però anomala che ormai si manifesta da una quindicina d’anni
a maggio” spiega Massimiliano Pasqui dell’istituto di biometeorologia del Cnr,
“ E quindi viviamo con un lieve anticipo dell’estate meteorologica che ormai è
alle porte”. (…) Va ancora peggio in Spagna e nei paesi del Centro Europa,
dalla Francia alla Germania fino alla Polonia, con eccessi anche di dieci gradi
centigradi. Pasqui aggiunge: “La situazione si avverte più negativamente perché
si inserisce in un periodo di siccità che si trascina da un inverno già segnato
da scarse precipitazioni”. (…) “Ondate di calore precoci con caratteristiche
simili, – prosegue il fisico del Cnr –non sono più una rarità, nelle nostre
regioni si registrano da almeno una quindicina d’anni e rappresentano una delle
impronte del cambiamento climatico in tutta l’area del Mediterraneo”. Tuttavia,
anche se torneremo a respirare aria normale, le previsioni a più lungo termine
, pur nella loro incertezza, non promettono niente di buono. “Le elaborazioni
in corso – sottolinea Massimiliano Pasqui – fanno emergere la prospettiva di
una estate caratterizzata da ondate di calore ristrette nel tempo, ma frequenti
nell’arco dell’intera stagione. Questa è l’estate che ci attende: ci dobbiamo
abituare a condizioni climatiche anomale, che ormai stanno diventando normali”.
( Corriere della Sera, 30 maggio 2017, pag. 25 cronache).
22. Così il Vaticano
diventerà il primo Stato ad emissioni zero” (…) Monsignor Dario Viganò, capo della
Segreteria Vaticana per la Comunicazione, ha ricordato che la Città del
Vaticano è lo Stato più piccolo del mondo e ha descritto le scelte, nel suo
campo di azione, per la riduzione dell’impatto ambientale: il progetto per una
amministrazione digitale del dicastero per la riduzione dei documenti cartacei,
la generazione digitale della rassegna stampa, la riduzione dei costi e
dell’energia elettrica negli impianti trasmissivi in FM, e lo stesso per l’Onda
Corta, e persino la scelta del colore degli armadi, il grigio, “che permette un
risparmio del 37% sull’energia per l’illuminazione”. (…) (Corriere della Sera,
31 maggio 2017, pag. 24 cronache)
Foreste e incendi, miniere e suolo
1.
Israele, la disfida dello “zaatar”, l’anima
dell’anima palestinese. (…) Nell’insalata di controversie, contese e nostalgie
territoriali che è il Medio Oriente, lo zaatar (in arabo) o eizov (in ebraico,
tradotto issopo) è la pianta simbolo delle pretese politiche e delle dispute in
cucina. In questi mesi i prati della Cisgiordania e della Galilea si coprono
delle foglioline grigioverdi di quello che corrisponde all’Origanum Syriacum , una varietà di maggiorana.
Per i palestinesi il suo profumo diffonde la causa nazionalista, per gli ebrei
esalta la liberazione dalla schiavitù in Egitto. E per uno chef israeliano come
Maoz Alonim rappresenta la possibilità di ricreare sapori che uniscano invece
di dividere: “Da Tel Aviv vado a far la spesa a Nazareth, – spiega il
proprietario di Habasta, – perché provo a proporre i piatti della cucina
palestinese ai miei clienti che da anni non mettono piede in un villaggio
arabo”. Tra marzo e maggio lo zaatar diventa un’altra radice del conflitto che
non finisce : i palestinesi vogliono ripetere i gesti vecchi di secoli
(piegarsi, strappare, chiacchierare con i compagni di raccolta), le autorità
israeliane cercano di proteggere un vegetale a rischio di estinzione con multe
fino a 1200 euro e confische ai posti di blocco militari. “La sfida va avanti
dal 1977 – scrive il quotidiano israeliano Haaretz – da
quando le associazioni ambientaliste riuscirono a trasformare in legge la lista
di 257 piante da tutelare. I palestinesi preferiscono non coltivare lo zaatar,
replicano che il sapore di quello selvatico è molto diverso. Continuare a
raccoglierlo è una protesta contro una norma emanata dagli “occupanti”. (…)
(Corriere della Sera, 4 maggio 2017, pag. 19 esteri; con foto e descrizioni
della pianta)
2.
Lavoro nero, il carbone che uccide. Strage di minatori nell’Iran del
petrolio. Hanno recuperato 35 corpi, hanno salvato 50 operai, ma sotto –a 1,3
chilometri di profondità – ci sono ancora minatori intrappolati. Due giorni
dopo l’esplosione nella miniera di carbone di Zemestan-Yurt nella provincia
nord-orientale di Golestan, in Iran, i soccorritori sono ancora al lavoro. Le
speranze di trovare gli altri 32 operai ancora sepolti dalle macerie sono
nulle: il tunnel di due chilometri in cui stavano lavorando mercoledì mattina
si è riempito di gas, lo stesso inalato dai compagni che hanno cercato di
portarli fuori e ora sono ricoverati in ospedale. Ventuno di loro sono morti
nel tentativo di salvare i colleghi. (…) La miniera di carbone, in tal senso,
sbatte contro l’immagine di un paese che possiede l’11% delle riserve mondiali
di petrolio (il quarto al mondo e tra i principali esportatori globali con 4,3
milioni di barili al giorno) e il 15,8 % di riserve mondiali di gas naturale
(secondo produttore con 30mila miliardi di metri cubi). L’Iran ha estratto 1,68
milioni di tonnellate di carbone lo scorso anno, quasi tutte dirette al consumo
interno in costante crescita e alla produzione di acciaio. Un settore, quello
estrattivo, che non invecchia: sono 68 i minerali presenti nel paese (ferro,
oro, zinco, rame), oltre tremila le miniere attive, e 100mila occupati, a cui se
ne aggiungono altri 400mila dell’indotto. Una ricchezza che ha fatto dire un
anno fa al governo di Teheran che entro il 2025 i nuovi investimenti avrebbero
raggiunto i 20 miliardi di dollari. La zona più ricca di carbone è quella
montagnosa a nord est , tra la provincia di Mazandaran e quella del Golestan.
E’ qui, a 130 chilometri da Teheran la cosmopolita, che lavorano sottoterra in
68 diverse miniere 1200 minatori con mani e volti anneriti e polmoni pieni di
gas e polveri. Lunghe giornate di lavoro, pochissima sicurezza, metodi
estrattivi tradizionali, e spesso non automatizzati e salari all’osso: 220-240
euro al mese, meno del minimo fissato nel 2016 dalla Corte Suprema a 275 euro
mensili. (…) Aumentano feriti e morti, si riduce il controllo statale: dal 2000
al 2014 lo Stato ha ceduto il 70% delle quote minerarie a privati e annunciato
a maggio di tre anni fa la cessione di un altro 28%. Nella pratica, una
privatizzazione totale che toglie allo Stato il controllo dei luoghi di lavoro
, peggiorando ulteriormente condizioni di vita, tasso salariale e sicurezza,
lontano dagli occhi delle autorità di Teheran. “La privatizzazione riduce i
costi per il governo e li accolla ai lavoratori – spiegava Davoud Razavi,
membro del Consiglio dei lavoratori dei Trasporti ad Al-Monitor – la sicurezza
del lavoro nel settore privato è nella pratica sparita”. (Il Manifesto , 5
maggio 2017, pag. 15)
3.
L’annuncio di Calenda: l’Italia dirà l’addio al
carbone, centrali chiuse entro il 2030. L’Italia si prepara a dire addio al carbone: da qui a
dieci anni, o al massimo entro il 2030, le centrali attive su tutto il
territorio nazionale potrebbero chiudere i battenti a favore di impianti più
puliti e a maggiore efficienza. E’ la prima notizia emersa dall’intervento sulla
Strategia energetica nazionale del ministro dello Sviluppo Economico, Carlo
Calenda, alla Camera, nelle Commissioni Attività produttive e Ambiente. (…)
Quanto all’addio al carbone, l’obiettivo è possibile e raggiungibile, e per
questo potrà essere inserito nella Strategia energetica nazionale che sta
prendendo forma. Il passaggio avrà, però, un costo finanziario di almeno tre
miliardi. L’abbandono anticipato del carbone rispetto allo scenario “inerziale”
cioè di progressiva uscita naturale dal mercato delle centrali diffuse su tutto
il perimetro nazionale “credo sia una decisione verso cui dobbiamo andare, ma
avendo ben presente i costi”. Vanno cioè considerate le spese necessarie per
approvvigionare con un elettrodotto e con il potenziamento delle infrastrutture
esistenti, e quelle per creare capacità generativa alternativa da nuove
centrali . Senza contare anche i cosiddetti stranded costs, da
corrispondere ai proprietari delle centrali nel caso di uscita al 2025, e con
impianti ancora non ammortizzati: “Più anticipi il Phase out, più devi pagare”, ha puntualizzato Calenda.
Da non sottovalutare, anche il tema delle procedure autorizzative delle nuove
infrastrutture, o dei nuovi impianti, su cui – soprattutto dopo la vicenda del
gasdotto Tap in Salento – “bisognerà lavorare” (Corriere della Sera, 11 maggio
2017, pag. 37 economia, )
4.
L’indifferenza sommerge la Nubia. Né ritorno né risarcimento. Solo
nuovi resort turistici. Così Al Sisi calpesta i diritti di uno dei popoli più
antichi d’ Egitto. (…) Dopo l’ampliamento della Diga di Assuan, voluta dal
governo egiziano nel 1960 infatti, circa 90mila nubiani hanno dovuto lasciare
le loro case. L’innalzamento delle acque ha inghiottito i loro villaggi ma ha
messo a rischio anche diversi siti archeologici come Abu Simbel e alcuni
templi, salvati poi dall’Unesco. Oggi i nubiani aspettano ancora che il governo
mantenga la promessa di ricostruire i villaggi distrutti e risarcire la
popolazione. Per il riconoscimento dell’identità di questo popolo lottano da
anni gli attivisti dell’associazione Unione Generale dei Nubiani. “ chiediamo
che la nostra lingua venga insegnata nelle scuole. Vogliamo tornare alla nostra
terra d’origine e avere il diritto di partecipare ai piani di sviluppo della
nostra regione”, sono le parole di Muhammad Azmy, presidente dell’associazione.
Richieste rimaste però senza esito, nonostante l’articolo 238 della
Costituzione egiziana riconosca il diritto al ritorno per i nubiani nella
storica terra. (…) “Il governo – aggiunge l’attivista – è pronto ad espropriare
circa un milione e mezzo di acri di terra a sud della Diga di Assuan per far
sorgere nuovi resort e hotel. Un maxi progetto pensato unicamente per i
turisti, che non tiene minimamente conto dei diritti dei nubiani. “Alcuni
distretti dell’area sono stati inoltre classificati come zone militari,
nonostante fossero occupati da villaggi”, spiega Fatema Emam. Il governo
continua quindi a discriminare questa parte della popolazione egiziana. La
stretta repressiva di Al Sisi che non riconosce la cultura Nubiana , insieme al
progetto di creare un’area per il turismo di lusso su quei territori, potrebbe
costringere la comunità a una nuova migrazione, e porterebbe a un ulteriore
inasprimento dei rapporti tra gli attivisti e le autorità egiziane. (…) (Il
Manifesto, 13 maggio 2017, pag. 8, con foto)
5.
Ama mette a gara la cura del verde (ma solo quello
delle sue sedi). Per l’erba
alta a Roma, Raggi ammette: Ci vorrà tempo. La Cgil: Bando scandalo.
L’emergenza rifiuti , da un lato, che continua a imporre turni e costi extra
(due milioni di euro per le pulizie straordinarie dell’ultima settimana) . Il
verde pubblico, dall’altro, senza guardiani (anche l’avviso per il reclutamento
di volontari è stato ritirato) e senza giardinieri (uno ogni trenta ettari):
ieri l’assessora Pinuccia Montanari ha denunciato il secondo attacco al
Servizio Giardini di Villa Lazzaroni “ migliaia di euro di danni proprio mentre
si stava completando la manutenzione dei parchi come Villa Carpegna, Villa
Celimontana, Parco Gino Cervi e Colle Oppio”. E poi c’è Ama, sempre in affanno
ma sempre attenta, letteralmente, al proprio giardino: con l’ultimo bando
pubblicato, un milione 125mila euro per tre anni, la municipalizzata intende
infatti appaltare il servizio di “manutenzione delle aree verdi come aiuole,
siepi, alberature, manti erbosi di pertinenza o ad uso aziendale “ cioè nelle
disponibilità dell’azienda come nel caso degli uffici della sede centrale di
via Calderon de la Barca. “L’ennesimo appalto esterno, l’ennesimo spreco”
denunciano i sindacati, che nel merito, trattandosi del verde e cioè di un
settore che un tempo rientrava nelle competenze aziendali, notano anche il
paradosso. (…) (Corriere della Sera, 14 maggio 2017, pag. 3 cronaca di Roma)
6.
Il
patrimonio verde del pianeta è il 9% più grande di quanto stimato, scrive
Science. E’ quanto emerge dalla prima mappatura delle aree aride realizzata dalla
Fao usando dati satellitari di Google Earth. A partire dalle immagini di più di
210mila appezzamenti grandi 0,5 ettari si è stimato che le superfici aride
coperte da alberi sono tra il 40 e il 47% in più del previsto. (Internazionale
n.1205, 19 maggio 2017, pag. 112)
7.
La crisi delle ciliegie. Gelo e piogge tropicali sui
raccolti, produzione in calo e prezzi in salita con aumenti fino al 500 per
cento. Le ciliegie Ferrovia, quelle più grandi e pregiate, per ora sono salve.
Per le Bigarreux e le Giorgia, invece, si contano i danni. Che portano a
inevitabili rincari nella spesa dei consumatori. Puntuali come le lamentele ,
per i quali, invece, i prezzi alla produzione sono sempre troppo bassi. La
colpa, da una parte, è dei commercianti all’ingrosso che, secondo Coldiretti,
tendono ad allargare sempre più i margini, e dall’altra del clima, che tra
maturazione sempre più precoce e temporali di stampo tropicale finisce per
danneggiare i raccolti. Le capitali delle ciliegie in Italia sono due :
Vignola, in provincia di Modena, al Nord, e Conversano, in provincia di Bari,
al Sud. A Vignola la straordinaria gelata di un mese fa (con temperature anche
di 4 gradi sotto zero) ha avuto effetti soprattutto sula sapidità dei frutti.
Ma se nei prossimi giorni – come previsto dai meteorologi – si verificherà
l’atteso aumento delle temperature, la Coldiretti emiliana prevede una buona
annata sia per qualità che per quantità. Le gelate di un mese fa , invece,
hanno avuto effetti evidenti in Lombardia: con il raccolto azzerato, a Bagnaria
(Pavia) è stata annullata la Sagra in programma per l’11 giugno. Anche in
Puglia il maltempo dell’ultimo week end con nubifragi e maestrale, ha fatto
scattare l’allarme. E gli effetti avranno eco nazionale: con le sue 47mila
tonnellate la provincia di Bari è la prima in Italia per la produzione di
ciliegie (34% del totale nazionale): in pratica una ciliegia italiana su tre è
barese. (…) (Corriere della Sera, 23 maggio 2017, pag. 25 cronache)
8.
Moderati arabi. Il saccheggio delle risorse del Sahara occidentale è
incessante, anche se ritenuta illegale dall’Onu e dall’Alta Corte di Giustizia
d’Europa. Nessuno potrebbe acquistare prodotti provenienti dalla terra Sahrawi.
Al furto perpetrato dal Marocco e dai suoi potenti alleati, la resistenza
oppone la denuncia e la solidarietà mondiale: due navi cariche di sabbia rubata
sono bloccate in Sudafrica e alle isole Baleari. (Il Manifesto Alias, 27 maggio
2017, pag.10)
Perdita di biodiversità
1.
La rivincita dell’asino. Il latte, il turismo, le terapie con
i bambini, così in dieci anni gli esemplari sono raddoppiati. Dieci anni fa si
stavano praticamente estinguendo: oggi sono oltre 59mila. E’ la rivincita
dell’asino italiano. Il quadrupede dalle grandi orecchie che da millenni è al
servizio dell’uomo. Lo stesso che per via dell’avvento delle grandi macchine
agricole stava per estinguersi. “dal 2007 sono aumentati del 90 per cento –
dice Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti – e vivono un momento di
riscossa che ha salvato dall’estinzione molte razze. Le razze certificate. In
Italia quelle riconosciute sono otto. L’asino pantesco (‘u sceccu pantescu),
per esempio, dal I° secolo avanti Cristo, è stato un compagno fedele dei
contadini di Pantelleria che lo usavano per il trasporto delle uve zibibbo. La
razza è stata salvata e reinserita nell’isola dai ricercatori dell’Istituto
zooprofilattico e dall’Azienda Foreste Demaniali della regione Sicilia. Oggi ce
ne sono 77. In tutto sono 9460 quelli italiani con pedigree: Amiata (2225),
Asinara (253), Marina Franca (1186), Ragusano (2914), Sardo (1934), Romagnolo
(740), e Viterbese (208). L’onoterapia. “Nuovi
usi di interesse sociale ed economico sono una base della salvaguardia delle
razze e del loro reinserimento –aggiunge Moncalvo –Tra questi c’è sicuramente
l’onoterapia” . La pet-therapy per bambini diversamente abili (ma non solo) che
pone proprio l’asino al centro del progetto di relazione e di recupero. Le
caratteristiche di questo animale ( la taglia ridotta, la morbidezza del manto,
la pazienza e la lentezza di movimento), lo rendono infatti un prezioso
partner. “La spinta maggiore però allo sviluppo degli allevamenti –continua
Moncalvo – è arrivata dalla produzione lattiera perché è un’alternativa al
latte di mucca: ogni anno nascono in Italia 15 mila bambini con allergie a
questo tipo di latte”. Una conferma arriva dal nutrizionista Nicola Sorrentino:
“Studi universitari hanno dimostrato che il latte di asina è un perfetto
sostituto per neonati intolleranti alle proteine del latte vaccino e caprino,
poiché il liquido ha una composizione simile a quello materno, è utile per chi
non può allattare al seno. Ha qualità antibatteriche perché il lisozima
protegge dalle infezioni intestinali. Piace ai bimbi perché ha un alto contenuto
di lattosio. Serve a donne in menopausa e ad anziani che soffrono di
osteoporosi perché ha un alto contenuto di calcio”. La produzione di questo
latte non è semplice. Le asine iniziano a fare cuccioli a circa un anno, hanno
una gestazione di dodici mesi e poi producono in media cinque litri di latte al
giorno. Un buon esemplare costa sino a mille euro, vive una trentina d’anni
nutrendosi persino di sterpaglie e sopporta carichi sino a un terzo dl suo
peso. (…) (Corrier della Sera, 1 maggio 2017, pag.29 cronache)
2.
Circa venti
esemplari di rinoceronte nero orientale saranno reintrodotti nella prima metà
di maggio nel parco nazionale di Akagera in Ruanda, da dove questa specie è
scomparsa dieci anni fa. I rinoceronti neri, che secondo l’Unione Mondiale per la
Conservazione della Natura (IUCN) sono gravemente a rischio di estinzione,
arriveranno in Ruanda dal Sudafrica. Fino agli anni ’70 almeno 50 esemplari
vivevano nella savana del parco di Akagera, ma il loro numero è
progressivamente diminuito a causa del bracconaggio. L’ultimo esemplare era
stato avvistato nel 2007. (Internazionale n. 1203, 5 maggio 2017, pag. 112)
3.
Per prima
volta da 140 anni , un bisonte è nato nel parco nazionale di Banff, nella
provincia canadese dell’Alberta. Sedici bisonti erano stati reintrodotti nel
parco all’inizio dell’anno. (Internazionale n.1203, 5 maggio 2017, pag.112)
4.
Così si batte la Xylella. Il batterio in Puglia continua
a proliferare. Infettati due milioni di ulivi, altri dieci sono a rischio. Ma
una nuova varietà di pianta, detta Favolosa, resiste alla malattia. Manca solo
il via libera UE. Troppo verdi, quei 400 ulivi, per poter prosperare nel
Salento. Con questa segnalazione, fatta dagli olivicoltori, – sempre pronti a
notare l’erba (e gli alberi) del vicino – si è scoperto che la Xylella
Fastidiosa si può ostacolare con la Favolosa. Una cultiva (o varietà) della
pianta, tecnicamente nota come FS-17, quasi assente in Puglia. Quasi, ma non
del tutto, Tanto da essere notata, in Agro di Sannicola di lecce, nel giallo
degli ulivi secchi colpiti dalla Xylella, l’infezione che impedisce il
passaggio dell’acqua attraverso i vasi, a partire dalla chioma, che sta
distruggendo gli ulivi pugliesi. Individuata il 13 dicembre 2013 nella zona di
Gallipoli, in provincia di Lecce – nelle vicinanza di vivai di piante
ornamentali che potrebbero aver portato il batterio patogeno in Puglia – da
allora la Xylella si è mossa verso nord, arrivando fino a Ostuni, in provincia
di Brindisi, passando anche per quella di Taranto, (Martina Franca). Province
in cui, a fine aprile, sono stati individuati altri 229 alberi positivi al
batterio. La Xylella ha “percorso” circa 120 chilometri in quattro anni, alla
velocità, quindi, di 30 chilometri all’anno. Di questo passo, in altri sette
anni sarà raggiunta l’intera Puglia, fino alla provincia di Foggia, passando
per la zona degli ulivi secolari di Fasano e quella a più alta densità
produttiva di Andria, la capitale italiana dell’olio. (…) E nel frattempo,
occorre contenere l’avanzata della malattia attraverso la lotta al vettore,
eliminando le erbe spontanee con diserbo meccanico e successivo intervento
insetticida sugli ulivi. In pratica il piano di emergenza dell’allora
commissario Giuseppe Silletti, che prevedeva l’abbattimento degli alberi malati
e che venne bloccato dall’intervento della magistratura”. (…) Lo stop ai tagli. A dicembre 2015, infatti, anche Silletti venne
iscritto nel registro degli indagati nell’ambito di una inchiesta della procura
di Lecce per i reati di diffusione colposa della malattia delle piante,
inquinamento ambientale colposo, falsità materiale e ideologica. E così
stop ai tagli per Xylella. Perché per altri motivi, che nulla hanno a che
vedere con l’infezione trasmessa dall’insetto vettore conosciuto come
sputacchina, le eradicazioni proliferano: negli anni 2014 e 2015 l’ispettorato
provinciale all’agricoltura di Lecce ha concesso 34mila autorizzazioni . E
chissà quanti di quegli ulivi hanno preso la via del Nord per le ricche ville
di proprietari disposti a pagare anche diversi migliaia di euro a pianta .
“Dopo i 1564 ulivi abbattuti nel 2015, – spiega Silvio Schito, responsabile
dell’Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia – nel 2016 ne sono stati
abbattuti solo 20 e nei primi quattro mesi del 2017 altri 80, dopo lo sblocco
del sequestro”. “Due milioni di
ulivi malati. I tagli sono ripartiti, ma a rilento. Un po’ perché
molti privati si oppongono (e così proliferano i ricorsi al Tar), un po’ per la
scarsità di ispettori. “Gli abbattimenti devono essere fatti alla presenza
degli ispettori fitosanitari regionali. Che in Puglia – aggiunge Schito –
scarseggiano: solo una diecina nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto”,
nelle aree denominate “infetta”, “cuscinetto” e “di contenimento”. Nella sola
provincia di Lecce, secondo il direttore del dipartimento agricoltura della
Regione Puglia, Gianluca Nardone, gli ulivi a rischio sono dieci milioni: 1,2
milioni stando all’ultimo censimento effettuato con l’Università di Bari nel
2015, sono già malati. “ma nel 2016 si è superata la quota di 2 milioni”,
aggiunge il professor Martelli. (…) Le
varietà resistenti. (…) Il disseccamento degli ulivi, quindi,
avanza. Ma non allo stesso modo in tutti gli alberi. “Alcune varietà – spiega
Martelli – sono più resistenti. La varietà Leccino si sta mostrando più
resistente di Ogliarola e Cellina, tanto che per gli ulivi monumentali si sta
pensando a innesti di Leccino sulla chioma degli ulivi Ogliarola. E’ un
idea arrivata dagli agricoltori ed è ottima”. In tal caso, l’eradicazione si può
evitare. Ma se mi si chiede se l’abbattimento è indispensabile – conclude
Martelli – io dico che le buone pratiche agricole non sono sufficienti, perché
non bloccano l’infezione né la sua avanzata, e che l’abbattimento è una pratica
richiesta dall’UE. Ma attenzione: l’abbattimento è utilissimo se viene fatto
tempestivamente , appena individuato un nuovo focolaio, se c’è un ulivo malato
tra tanti sani. Ma in provincia di Lecce, dove quasi tutta l’area è infetta, è
ormai troppo tardi” . La
soluzione Favolosa. Ancora più resistente del Leccino appare la
varietà Favolosa. La cui scoperta, da parte del professor Giuseppe Fontanazza,
all’epoca direttore dell’Isafom del Cnr di Perugia, risale a una trentina di
anni fa. La selezione Favolosa venne brevettata dal Cnr , con licenza esclusiva
ceduta a tre vivai in Umbria (Agricola Faena), Puglia (Oliveti d’Italia) e
Sicilia (Vivaio Russo). La scoperta del 2017, – fatta dai ricercatori del Cnr
con i colleghi dell’Università di Bari e del Centro ricerca Basile Caramia di
Locorotondo – e presentata dal Cnr a Roma lo scorso maggio, è che la Favolosa
risulta la varietà più resistente alla Xilella. Una speranza per gli ulivi
pugliesi, a patto che le varietà resistenti possano essere reimpiantate anche
nelle zone infette. Allo stato attuale c’è il veto della Ue. Che si spera possa
cadere presto. (…) (Corriere della Sera, 8 maggio 2017, pag.26 cronache, con
mappe e statistiche).
5.
Jane Goodall, la signora delle scimmie. “Si, gli scimpanzé ci
somigliano sotto diversi punti di vista. Ma la maggiore differenza è il nostro
sviluppo mentale. Noi siamo gli esseri più dotati intellettivamente che
abbiano mai camminato su questa Terra . Allora perché la stiamo distruggendo?”
(…) E’ la fondatrice del Jane Goodall Institute, che ha sedi in tutto il
mondo., e del “Roots and Shoots “ (Radici e germogli), programma per ragazzi
che è iniziato nel 1991 in 12 scuole della Tanzania e oggi coinvolge 150mila
gruppi in 98 paesi. Ha scritto una trentina di libri ed è messaggero di pace
delle Nazioni Unite. (…) (Corriere della Sera, 10 maggio 2017, pag. 13)
6.
Quarantuno
megattere sono state ritrovate morte sulla costa est degli Stati Uniti, dal 1
gennaio 2016. Non si conoscono ancora le cause di questo aumento della
mortalità delle balene. (Internazionale n.1204, 12 maggio 2017, pag. 116)
7.
Il governo
norvegese ha autorizzato l’abbattimento di un branco di circa duemila renne per
bloccare la diffusione di un’encefalopatia che porta alla morte degli animali.
(Internazionale n. 1204, 12 maggio 2017, pag.116)
8.
Riserve naturali. L’inquinamento acustico è presente
anche nelle riserve naturali degli Stati Uniti, scrive Science. L’intensità dei
suoni è doppia rispetto al livello naturale del 63 per cento delle aree
protette ed è dieci volte più alta nel 21 per cento. Il rumore è prodotto
principalmente dalle auto nelle strade, dalle infrastrutture e dalle attività
minerarie e di sfruttamento delle risorse, ma può essere ridotto da opportune
misure già disponibili. L’inquinamento acustico altera il comportamento della
fauna selvatica e ha effetti anche sulla vita delle piante, per esempio
modificando il modo in cui gli animali che le mangiano disperdono i semi o
interferendo con gli spostamenti degli insetti impollinatori. (Internazionale
n. 1204, 12 maggio 2017, pag. 116)
9.
Cinquanta
persone sono state ricoverate in ospedale dopo essere state attaccate da uno
sciame di vespe in un tempio buddista in Sri Lanka. Internazionale n. 1205, 19
maggio 2017, pag. 112)
10. Battaglia per il
pesce. “Se
c’è qualcosa che i pescatori di Malta temono più di un pesce spada di tre metri
che si dimena è la crescente attenzione delle autorità europee per le quote di
pescato nel mar Mediterraneo”, spiega Politico. Questa vicenda apparentemente
oscura e trascurabile “si sta trasformando in un duro scontro politico tra
l’Europa meridionale e quella settentrionale. “Le tensioni sono nate dopo che a
marzo i capi di Stato e di governo dell’Unione riuniti a Malta, hanno lanciato
un progetto per tutelare le risorse ittiche del Mediterraneo attraverso un uso
più severo delle quote. Finora Bruxelles aveva evitato di imporre quote di
pescato nell’Europa meridionale, mentre questo strumento è molto comune nei
mari settentrionali”. Ma l’aumento costante del pescato ha fatto cambiare idea
a Bruxelles. Decisivo è stato l’atteggiamento della Francia, che in passato ha
sempre osteggiato le quote insieme alla Spagna e all’Italia, mentre ora si è
schierata con gli ambientalisti che vogliono proteggere il Mediterraneo. Le
nuove misure potrebbero provocare uno scontro anche tra grandi e piccoli
pescherecci. “Il sistema previsto per il pesce spada, per esempio, impone ai
governi nazionali di assegnare le quote in base alla quantità di pesce pescata
in passato. Questo significa che le grandi imbarcazioni copriranno buona parte
delle quote”. (Internazionale n.1205, 19 maggio 2017, pag. 116)
11. Animali e piante. Villa Pamphili regno per
alieni. (…) E si è scoperto che Roma e la sua provincia, sono una delle aree
più “invase” da specie aliene. Quelle vegetali spontanee sono ben 1649, tra le
quali quelle che possono essere considerate specie aliene sono 243(14,7%). E a
Roma sono ben di più gli animali : 203, pari all’87, 5 per cento delle 232
specie aliene rilevate in tutta la regione. Ci sono poi oltre cento specie
aliene occasionali, di cui cioè è stata segnalata la presenza a seguito del
ritrovamento spesso di un singolo esemplare, probabilmente mantenuto in
cattività, sfuggito o rilasciato. Si tratta di uccelli e rettili, ormai molto
comuni come animali d’affezione, che comprendono perfino pitoni, serpenti a
sonagli, testuggini azzannatrici. Non male come compagnia…Durante la
passeggiata ieri avvistati, tra gli altri, Parrocchetti Monaco, e Parrocchetti
dal collare, effetti del Punteruolo rosso sulle palme storiche e la diffusione
dell’Ailanto. (Corriere della Sera, 25 maggio 2017, pag.19 tempo libero)
12. Strage di pecore
e capre, bufera sulla Fluorsid di Giulini. Sette arresti, otto ettari sequestrati. Tutto è
partito da una segnalazione del servizio veterinario della Asl di Cagliari. Era
da un po’ di tempo che gli allevatori della zona di Macchiareddu,
nell’hinterland del capoluogo regionale sardo, si ritrovavano a contare pecore
e capre morte senza alcun apparente motivo. Un mistero. Ma anche qualche
sospetto. Gli animali pascolavano infatti in una zona poco distante da uno
stabilimento specializzato nella produzione di fluoro e derivati, la Fluorsid ,
azienda di proprietà del presidente del Cagliari Calcio Tommaso Giulini. I
veterinari del servizio sanitario nazionale, fatte le analisi ed escluse le
patologie più comuni, hanno presentato un esposto alla Guardia Forestale, corpo
di polizia della regione Sardegna che vigila sulla violazione delle norme di
tutela ambientale. E’ partita così l’inchiesta che pochi giorni fa è sfociata
in sette arresti, disposti dalla Procura di Cagliari, per associazione a
delinquere, disastro ambientale e inquinamento. (…) L’inchiesta ha portato alla
luce criticità molto serie. Dalle analisi è emersa una grave contaminazione
dell’aria per effetto della dispersione di polveri nocive, , altamente
concentrate, provenienti dallo stabilimento Fluorsid, “una grave contaminazione
del suolo” e “una contaminazione delle falde acquifere con metalli pesanti”. In
quest’ultimo caso si parla di valori anche tremila volte superiori a quanto
consentito. Il gip contesta anche “lo sversamento di rifiuti pericolosi e di
fanghi acidi nella laguna di Santa Gilla”. Cioè in una delle zone umide più
note del Mediterraneo, tutelata da vincoli nazionali e da norme UE. (…) Tre
giorni fa, poi, la Guardi di Finanza ha sequestrato una cava a Monastir,
piccolo paese a pochi chilometri da Cagliari. All’interno sarebbero stati
gettati cemento e altri scarti di lavorazione provenienti dalla Fluorsid. Il
territorio sotto monitoraggio si è quindi allargato , da Santa Gilla arriva
sino al litorale di Portoscuso. Insomma, un disastro che, se confermato,
sarebbe di proporzioni enormi. (…) (Il Manifesto, 23 maggio 2017, pag.5)
13. Auto e bracconieri: così spariscono i lupi in Italia. Il Wwf: in sei mesi già trovati 53
animali morti, ma soltanto il 6 % è deceduto per cause naturali. “la specie è a
rischio: il 53% è stato investito, il 32% ucciso da armi da fuoco, veleno o
tagliole”. (Corriere della Sera, 25 maggio 2017, pag. 24 cronache)
14. Le volpi che vivono nelle zone
urbane dell’Inghilterra sono quadruplicate negli ultimi vent’anni a causa della
distruzione del loro habitat. Secondo il gruppo animalista The fox project, a
Londra ci sono 18 volpi per chilometro quadrato. Secondo le stime, in
Inghilterra ci sono circa 150mila volpi. (Internazionale n. 1206, 26 maggio
2017, pag.106).
15. Noi guardiani
delle balene. Sono
otto le specie di cetacei presenti nel Santuario Pelagos, istituito il 25
novembre ’99 con un accordo tra Italia, Francia e Principato di Monaco. Si
estende su un tratto di mare di 90mila chilometri quadrati , tra Toscana, costa
francese continentale, Corsica e Sardegna. Le otto specie protette (capodogli,
balenottere, stenelle striate, globocefali, delfini grampo, tartarughe, ecc.)
sono minacciate da errori umani. (Corriere della Sera, 28 maggio 2017, pag. 25
cronache)
16. Il ritorno della
vipera. In
Italia vivono cinque tipi di vipere, che sono specie protette: l’Aspide, la più
diffusa dalle Alpi alla Sicilia; la Berus o Marasso, piuttosto aggressiva; la
vipera dal Corno, il cui veleno è il più pericoloso; la Ursinii, meno velenosa,
diffusa sul Gran Sasso, e la vipara Walser, da poco scoperta nelle valli a sud
del Monte Rosa. Il loro morso è mortale solo in rari casi (non si registrano
decessi da molti anni), perché se mordono non sempre inoculano tanto veleno,
specie se hanno da poco colpito un altro animale. “Anzi a volte non lo
inoculano affatto (è il “morso secco”) – spiega Edoardo Razzetto, biologo e
curatore del Museo ci Storia naturale di Pavia – perché il veleno è prezioso,
non lo sciupano” E soltanto il 20% dei casi di avvelenamento in Italia
necessita di essere trattato con il siero. (…) “In realtà un problema che in
Italia non si pone. Non c’è rischio di carenza di siero – spiega Davide Lonati,
responsabile del Centro Nazionale Antiveleni a Pavia – : sul nostro sito gli
ospedali trovano sempre lo stato delle scorte e dove reperirle” (…) (Corriere
della Sera, 30 maggio 2017, pag. 25 cronache)
Salute globale
1.
Un fegato da proteggere. Nel mondo sono in aumento
le morti causate dalle epatiti B e C. E’ un flagello mondiale. Nel 2015, le epatiti virali
hanno ucciso 2,34 milioni di persone, quasi quante le tubercolosi (1,8 milioni
di morti) e più dell’hiv (1,1 milioni). In prima fila ci sono le epatiti dovute
ai virus B (Hbv) e C (Hcv) , che sono all’origine del 96 per cento dei decessi.
E mentre la mortalità dovuta a tubercolosi, hiv e malaria segue una curva
discendente, quella causata dalle epatiti va nella direzione opposta: nel 1990
le morti erano meno di 890mila, nel 2000 erano salite a 1,1 milioni. Questi
dati, pubblicati il 21 aprile in un rapporto dell’Organizzazione mondiale della
sanità (Oms), mostrano che “le epatiti sono un problema di salute pubblica mondiale”,
dichiara Gottfried Hirnschall, direttore del dipartimento hiv e del
programma sulle epatiti dell’Oms. L’Organizzazione stima che nel mondo 328
milioni di persone abbiano un’infezione cronica: in 157 milioni di casi dovuta
all’Hbv e in 71 milioni all’Hcv. Il 68 per cento delle persone infettate
dall’epatite B si trova in Africa e nel Pacifico occidentale. L’epatite C è
diffusa in modo più omogeneo , anche se la portata dell’epidemia varia molto da
paese a paese. L’Europa e il Mediterraneo orientale sono le regioni più
colpite. Se non curate, le infezioni croniche del virus B e C sono all’origine
di cirrosi (720mila morti) e di tumori primitivi del fegato (470mila morti).
L’aumento della mortalità è stato messo in relazione ai cambiamenti demografici,
(come la crescita della popolazione), o, nel caso delle epatiti C, a cure
somministrate in modo sbagliato (riutilizzo di siringhe o aghi come è successo
in Egitto) e a iniezioni per endovena di droga con materiale contaminato.
Secondo l’Oms nel 2015 ci sono stati 1,75 milioni di nuove infezioni da Hcv
dovute a quel 5% di iniezioni di farmaci che non rispettano le regole di
sterilità. Spesso l’epatite B viene contratta alla nascita, trasmessa da madre
a figlio, o nei primi anni di vita per contatto con bambini infetti. La
diffusione di un vaccino contro l’epatite B – che oggi copre l’84% dei bambini
nel mondo – ha contribuito a ridurre le infezioni. “Grazie alla prevenzione
vaccinale, cominciamo a vedere generazioni senza epatite B”, si rallegra
uno degli autori del rapporto, Yvan Hutin, del dipartimento hiv e del programma
sulle epatiti dell’Oms. Portatori
inconsapevoli. Uno dei problemi principali con le epatiti è
che molte delle persone infettate non sanno di esserlo. ”Nel 2015 il 9 per
cento dei portatori di Hbv (22 milioni) e il 20% di chi aveva l’Hcv (14
milioni) non sapevano di essere infetti” spiega Hutin. Inoltre nel 2015 solo
l’8 per cento delle persone che hanno scoperto di avere l’epatite B (1,7
milioni) e il 7,4 per cento di quelle che hanno saputo di avere l’Hcv
(1,1 milioni) hanno cominciato a curarsi. I rimedi efficaci esistono, ma
spesso i farmaci costano troppo, soprattutto quelli contro l’epatite C. I nuovi
antivirali ad azione diretta per l’Hcv permettono di guarire in due o tre mesi,
sono più semplici da usare e meglio tollerati. Ma il loro prezzo è molto
elevato, nonostante il principale produttore, la statunitense Gilead, l’abbia
abbassato in alcuni paesi. Nel caso dell’epatite B il farmaco più efficace, il
tenofovir, usato anche contro l’hiv, costa 48 dollari (45 euro) all’anno. (…)
(Internazionale n.1203, 5 maggio 2017, pag. 109)
2.
Il rogo tossico sulla Pontina. Rogo di ecoballe. “Forse c’è
amianto”. In fiamme un deposito di plastica a Pomezia. Traffico in tilt,
evacuate case e scuole. L’invito a chiudere le finestre in 21 comuni. E’ un
sito di stoccaggio e di smaltimento dei rifiuti speciali. In Italia sono oltre
mille gli impianti a rischio sui quali vigila il ministero. (Corriere della
Sera, 6 maggio 2017, pag. 10-11) – Incendio di Pomezia, sui tetti c’era
amianto, scuole chiuse nell’area, vietata la raccolta di ortaggi e il pascolo
di animali (Corriere della Sera, 8 maggio 2017, pag. 20 e, poi, sullo stesso
giornale, gli articoli del 9,10,11 e 13 maggio; approfondimenti su Il Manifesto,
10 maggio 2017, pag. 1 e 5)
3.
Cosa rischiamo? Vaccinarsi protegge noi stessi ma
anche gli altri.Eppure la
copertura è scesa sotto la soglia di sicurezza per “l’immunità di gregge”, e il
morbillo è in aumento. Sette domande e sette risposte di esperti (Corriere
della Sera, 12 maggio 2017, pag. 6, con date e zone colpite; per approfondire :
“la guerra dei vaccini: proteggono dalle malattie e salvano milioni di vite, ma
suscitano paura e diffidenza. Combattere la disinformazione è difficile: quali
sono davvero i rischi dei vaccini? L’inchiesta di una delle più importanti
riviste scientifiche del mondo. (Internazionale n. 1204, 12 maggio 2017,
pag.46-54) e il rapporto dell’Accademia dei Lincei reperibile su http://www.lincei.it /files/documenti/ivaccinidef12
maggio2017.pdf
4.
Salute a rischio. “Quale sarà l’impatto del cambiamento climatico
su di me?” , è la domanda che il climatologo John Abraham si sente fare più di
frequente. Le persone si interessano a questo aspetto più che alle cause del
riscaldamento globale, scrive il Guardian. Secondo Abraham , il cambiamento climatico
sta già influenzando la salute delle persone a livello globale. Per questo un
rapporto del Medical Society Consortium, che fa il punto sulla situazione negli
Stati Uniti, secondo Abraham contiene indicazioni utili anche per gli abitanti
di altri paesi. Alcune fasce di popolazione, come i bambini, gli anziani, le
persone con malattie croniche , quelle con un reddito basso e le donne in
gravidanza, risentiranno del problema più di altre. Secondo il rapporto, sulla
costa ovest gli abitanti dovranno preoccuparsi soprattutto di incendi, ondate
di calore e inquinamento. Sulla costa est potrebbero diffondersi anche malattie
portate dalle zanzare e dalle zecche. Il cambiamento climatico avrà
ripercussioni sulla qualità dell’aria, prolungando la stagione delle fioriture
e peggiorando la situazione di chi soffre di allergie. Inoltre, la maggiore
umidità potrebbe favorire lo sviluppo delle muffe. Con il passare del tempo le
conseguenze del cambiamento climatico sulla salute si aggraveranno, spiegano
gli esperti in medicina che hanno scritto il rapporto. Abraham ne consiglia la
lettura a tutte le persone interessate a capire come il cambiamento climatico
influirà sulla vita quotidiana. (Internazionale n.1204, 12 maggio 2017, pag.
116)
5.
L’agenzia
francese per la sicurezza alimentare (Anses) raccomanda di ridurre la
contaminazione degli alimenti dovuta agli oli minerali presenti in molti
imballaggi. Questi oli (Mosh e Moah), derivati del petrolio, si trovano
soprattutto in imballaggi di carta e cartone riciclati, inchiostri e adesivi.
(Internazionale n.1204, 12 maggio 2017, pag. 115)
6.
Recordati, la ricetta di Andrea? E’ rara. Ci sono più di seimila patologie
poco diffuse, non trattate. E solo trecento vengono curate con prodotti
disponibili. E’ questo il settore dove punta il gruppo milanese . (Corriere
della Sera L’economia, 15 maggio 2017, pag.34)
7.
Epidemia di colera, già 115 vittime. Le autorità yemenite a Sana’a, la
capitale dello Yemen dal settembre 2014 in mano ai ribelli Houthi, hanno
dichiarato ieri lo stato di emergenza per l’epidemia di colera che sta colpendo
il paese devastato da due anni di guerra: sono 115 i morti dal 27 aprile al 13
maggio. ”Il numero dei decessi ha superato i tassi normali e il sistema
sanitario è incapace di contenere questo disastro sanitario e ambientale”,
scrive in un comunicato il Ministero della Salute Houthi. Secondo l’Onu, 8600
persone sono state infettate dal virus in 14 delle 21 provincie yemenite. Un’
epidemia terribile in un paese con i servizi sanitari collassati: meno del 45%
degli ospedali yemeniti è funzionante, fa sapere l’Oms e l’afflusso di
medicinali è crollato del 70%. I dati non stupiscono: L’Arabia Saudita, a capo
della coalizione sunnita che ha attaccato lo Yemen nel marzo 2015, ha
imposto un durissimo blocco aereo che impedisce l’arrivo regolare di aiuti,
pressoché introvabili. A ciò si aggiungono i raid che hanno distrutto cliniche
gestite da ong internazionali e la scarsità di carburante per distribuire gli
aiuti alla popolazione. Due terzi degli yemeniti non ha accesso all’acqua
potabile, le condizioni igieniche sono drammatiche. E arriva così la seconda
epidemia di colera in meno di un anno. (Il Manifesto, 16 maggio 2017, pag. 8;
il Corriere della Sera, stesso giorno, riporta 180 morti e 11.000 casi
registrati a pag. 9)
8.
L’inquinamento in casa nostra. In questi giorni il grave
inquinamento causato dall’incendio e relativa nube tossica su Pomezia è stato
evidenziato dai media, Questo allarme è giustificato. L’inquinamento
dell’ambiente esterno è la più importante causa di morti premature : 4 milioni
ogni anno nel mondo, ben più di quelle causate da tumori, malattie
cardiovascolari e altre cause. Il cittadino si sente inerme di fronte
all’inquinamento e può solo sperare nelle iniziative di chi lo governa.
L’Italia non è messa bene, perché insieme alla Polonia , è il paese più
inquinato d’Europa. Novantamila morti all’anno e non si fa abbastanza per
migliorare, tanto che di recente è stata notificata dall’Unione Europea
l’ennesima procedura di infrazione. Meno noto, e ancor meno affrontato, è
l’inquinamento dell’aria in abitazioni ambienti lavorativi e scolastici: un
killer non meno letale, che causa 3,3 milioni di morti ogni anno. Trascorriamo
la maggior parte del tempo in luoghi chiusi e li percepiamo come accoglienti e salubri.
Sono invece assai numerose le sorgenti inquinanti: fumo di camini e stufe,
detergenti e insetticidi, mobili, colle e vernici, fotocopiatrici, indumenti
puliti a secco, e soprattutto il fumo di tabacco. Agiscono immettendo
nell’ambiente sostanze dannose come formaldeide, benzene, naftalene, ammoniaca,
polveri, muffe, spore e acari. (…) Corriere della Sera, 14 maggio 2017, pag.
53)
9.
L’Oms ha proclamato una nuova epidemia di ebola. Nel nord della Repubblica
democratica del Congo, la prima a colpire il paese dal 2014. Tre persone sono
morte dal 22 aprile nella provincia del Basso Uele. Tra il 2013 e il 2015 una
epidemia di ebola in Africa occidentale ha causato undicimila vittime. (Internazionale
n.1205, 19 maggio 2017, pag. 112)
10. Anche con l’hiv
si allunga la vita. Grazie
ai progressi della medicina e ai nuovi farmaci la speranza di vita delle
persone affette da hiv in Europa e in Nordamerica si avvicina a quella del
resto della popolazione. Analizzando i dati di 88.504 pazienti sieropositivi
che hanno cominciato il trattamento con gli antiretrovirali tra il 1996 e il
2010, i ricercatori dell’Università di Bristol hanno rilevato una più bassa
mortalità durante i primi tre anni di terapia tra chi l’aveva cominciata dopo
il 2008. Secondo le stime, un ventenne che ha cominciato gli antiretrovirali
nel 2010 vivrà in media dieci anni di più di chi li ha presi per la prima volta
nel 1996, raggiungendo così una speranza di vita di 78 anni, molto vicina a
quella dei coetanei sani. Buona parte del merito va alle nuove formulazioni
antiretrovirali, più efficacie e con meno effetti collaterali, scrive The
Lancet. Oggi una persona siero positiva su tre ha più di cinquant’anni. Ma un
caso di hiv su otto rimane non diagnosticato. (Internazionale n. 1205, 19
maggio 2017, pag. 111)
11. Nel 2040 la tubercolosi resistente
ai farmaci potrebbe rappresentare circa un terzo di tutti i nuovi casi della
malattia in Russia, annuncia The Lancet malattie infettive. Questa forma di
tubercolosi, particolarmente difficile da curare, potrebbe diffondersi anche in
India, Filippine e Sudafrica. (Internazionale n. 1205, 19 maggio 2017, pag.111)
12. Gioventù
bruciata. Secondo
le stime dell’Oms, ogni anno nel mondo muoiono 1, 2 milioni di adolescenti per
cause in gran parte prevenibili. Più di due terzi dei decessi avvengono nei
paesi a basso e medio reddito dell’Africa e dell’Asia sudorientale. La
principale causa di morte nella fascia di età tra i dieci e i diciannove anni
sono gli incidenti stradali, che nel 2015 hanno causato 115mila morti. Seguono
le infezioni respiratorie, i suicidi, le malattie con diarrea, gli annegamenti.
Tra i ragazzi ha un peso notevole la violenza interpersonale, mentre per le
ragazze incidono molto le complicazioni legate alla maternità. (Internazionale
n.1205, 19 maggio 2017, pag.111)
1.
L’”annus horribilis “ del morbillo, casi già
triplicati rispetto al 2016. (…) E invece, giusto per parlare di casa nostra, dall’inizio del 2017 fino
allo scorso 7 maggio, sono 2224 i casi di morbillo segnalati di cui 200
riguardano operatori sanitari. Quasi quanto quelli dell’intero 2013, (2258) e
molti di più di quelli registrati negli ultimi anni. Un’ondata epidemica
elevata, che sta colpendo molti adulti con conseguenti ricoveri e
complicazioni. Lo dicono i dati del Sistema di sorveglianza integrata Morbillo
e Rosolia, elaborati dal Ministero della salute e dall’ISS. Nel 2014 sono stati
infatti 1965 i casi segnalati, 258 nel 2015 e 857 nel 2016. La maggior parte
delle persone colpite (89%) non era vaccinata. (Corriere della Sera Salute, 21
maggio 2017, pag. 45)
2.
Con la carne rossa cresce la mortalità. Rischia di sconvolgere le nostre
abitudini alimentari lo studio appena pubblicato sul British Medical Journal che associa il consumo di
carni rosse a un marcato aumento di mortalità. La ricerca è stata condotta da
studiosi del National Cancer Institute in sei Stati Usa e due aree
metropolitane (Detroit e Atlanta) su 536.969 cittadini tra i 50 e 71 anni di
età, seguiti per oltre 15 anni. Durante quest’arco temporale 128.574 sono
deceduti (con una mortalità maschile quasi doppia rispetto a quella femminile).
Il consumo di carne rossa (manzo, agnello, maiale) è stato associato a un
aumento della mortalità del 26%, in particolare per tumori, malattie
cardiovascolari e respiratorie, diabete, patologie renali ed epatiche croniche.
L’eccesso di mortalità era strettamente legato al contenuto di nitrati ,
nitriti e ferro eme (presente negli alimenti di origine animale) delle carni
rosse, e la spiegazione potrebbe risiedere in alterazioni dei meccanismi
di stress ossidativo che regolano anche l’invecchiamento cellulare promossi da
queste sostanze. I dati, con i limiti comuni a tutti gli studi epidemiologici,
sono scientificamente molto forti per l’ampiezza della popolazione considerata
e la durata dello studio, e sono ulteriormente rafforzati dal rilievo che
l’alimentazione a base di carni bianche si sia accompagnata a una mortalità
nettamente inferiore. Ai risultati di questo studio si aggiungono poi altre
considerazioni: le pubertà sempre più precoci legate agli ormoni presenti nelle
carni, l’antibiotico-resistenza causata dall’uso indiscriminato di
antimicrobici, le recenti denunce su allevamenti e macellazione, le ricadute
ambientali. Oggi in molti paesi moderni come l’America il consumo di
carne per persona supera i 110 chili all’anno, oltre 10 volte di più di
quanto non fosse secoli fa. (Corriere della Sera, 23 maggio 2017, pag. 20
cronache)
3.
EcoX continua bruciare. Tutti i giorni nuovi focolai. (…)
(Corriere della Sera, 24 maggio 2017, pag.5 cronaca di Roma)
- Cibo
indigesto. I paesi
dell’Europa dell’est protestano perché nei loro mercati le multinazionali
alimentari vendono prodotti con ingredienti diversi da quelli usati per
l’Europa occidentale. Kiwi maturi al punto giusto, banane senza
ammaccature. In un supermercato di Vienna un ungherese capisce subito di
essere in Austria : qui si viene trattati meglio rispetto al negozio della
stessa catena a Budapest. Nella capitale austriaca è facile comprare
muesli biologico, sale di fiume australiano o papaie, che nella capitale
ungherese , 250 chilometri più a est , sono introvabili. I consumatori
austriaci hanno più soldi per i prodotti ricercati rispetto a paesi vicini
come l’Ungheria o la Repubblica Ceca. Ma per capire cosa irrita davvero
gli abitanti di questi paesi bisogna girare le confezioni ed esaminare
l’elenco degli ingredienti: alcune multinazionali vendono gli stessi
prodotti in Europa occidentale e in quella orientale, ma con ingredienti
diversi. Da test comparativi effettuati nella Repubblica Ceca, in
Slovacchia e in Ungheria emerge che, quando ci sono differenze, in genere
penalizzano i paesi orientali: meno pesce nei bastoncini, meno frutta
nell’aranciata, e biscotti con meno burro e più olio di palma. A volte
tutto si spiega con la differenza di prezzo, ma in altri casi lo stesso
prodotto a est costa addirittura di più. Tra gli scaffali del supermercato
si ha la sensazione che la cortina di ferro non sia scomparsa del tutto.
(…) Le aziende alimentari hanno precisato che la composizione dei prodotti
cambia in base ai gusti locali. Ma in un sondaggio dell’ispettorato
agroalimentare di Praga, il 77 per cento dei 1019 intervistati non dava
credito a questo argomento. Anzi, l’88 per cento si diceva
infastidito dalle differenze nella qualità dei cibi. (…)
(Internazionale n.1206, 26 maggio 2017, pag.109)
18. L’allergia non
ha età. Le allergie
non insorgono solo durante l’infanzia, anche gli adulti e gli anziani possono
svilupparle. Tra le cause, le prolungate stagioni dei pollini e l’inquinamento.
Contrariamente a quanto si crede, l’allergia non è un disturbo che si manifesta
solo quando si è piccoli. Farmacologiche, cutanee o respiratorie, le allergie
possono scatenarsi all’improvviso. “Anche se sono più frequenti tra i bambini,
le allergie colpiscono sempre più spesso gli adulti e le persone anziane”,
spiega Isabelle Bossè, presidente del sindacato francese degli allergologi,
purtroppo però “mancano studi epidemiologici” (…) Nel frattempo il numero delle
persone allergiche aumenta. Tra il 20 e il 25 per cento dei francesi (16-18
milioni di persone ) è allergico, rispetto al 2-3 per cento del 1970, secondo i
dati dell’Associazione Asthme & allergies. Gli specialisti chiedono più
studi e molti parlano di epidemia. L’Oms stima che nel 2050 il 50% della
popolazione occidentale soffrirà di qualche allergia. Ma di che si tratta
esattamente? L’allergia è una reazione immunitaria eccessiva dell’organismo a
una sostanza estranea, di solito naturale, un “allergene” (acari, pollini,
animali, alimenti, farmaci, muffe) Sono sostanze inoffensive, ma in alcune
persone provocano le reazioni di difesa all’origine dei sintomi allergici:
starnuti, naso che cola, irritazioni, occhi che bruciano, reazioni cutanee o
digestive e così via. L’allergia può assumere forme diverse, dal raffreddore da
fieno alla dermatite fino all’asma allergica o all’anafilassi. L’asma colpisce
ormai più del 10 per cento dei bambini e circa il 6% degli adulti. Ancora poco
conosciuti, i meccanismi delle allergie cominciano però a chiarirsi. Scoperta
nel 2003 dall’equipe di Jean-Philippe Girard, dell’istituto di farmacologia
e di biologia strutturale, l’interleuchina-33 (Il-33) che si trova nei polmoni,
nella pelle, nello stomaco e nella parete dei vasi sanguigni viene liberata
durante un’aggressione (allergeni, virus) per stimolare le difese immunitarie.
Il legame tra l’interluchina -33 e l’asma è stato stabilito nel 2005. “Da
allora sono usciti più di 500 studi sull’argomento,” precisa Girard, “Forme
ridotte della proteina funzionano come potenti attivatori delle cellule
all’origine delle reazioni allergiche, “ rivelava uno studio del 2014,
pubblicato su Pnas e diretto da Corinne Cayrol, ricercatrice dell’equipe di
Girard. Queste forme ridotte si sono rivelate trenta volte più potenti della
forma originaria dell’Il-33 e amplificano il segnale di allarme del sistema immunitario. Chiusi in casa. Come
spiegare questa epidemia? L’allergologo Perrick Hordè parla di “inquinamento
verde” per i pollini (cipresso, betulla, olivo, ecc.). Le stagioni polliniche
durano sempre di più, probabilmente a causa del riscaldamento globale, afferma
la rete di sorveglianza aerobiologica francese. Ci sono molti altri fattori,
soprattutto di carattere genetico, ma non sono da sottovalutare lo stile di
vita e l’ambiente interno degli edifici, che è da cinque a dieci volte più
inquinato dell’esterno, e i numerosi inquinanti possono amplificare l’effetto
degli allergeni. Un problema, se si considera che le persone trascorrono circa
l’ottante per cento del loro tempo in spazi chiusi e le persone anziane
anche di più. Così, quasi inesistenti negli anni ottanta, le forme severe di
allergia aumentano e riguardano circa il 20 per cento di chi soffre di una
allergia respiratoria. (…) (Inter nazionale n. 1206, 26 maggio 2017, pag.
104)
19. La battaglia
contro le malattie rare mai sconfitte. Sindromi sconosciute, ne sono affetti circa un milione
di cittadini italiani al di sotto dei sedici anni di età. Con un gruppo di cari
amici, spiega Federico Maspes ho creato la Fondazione Hopen, un nome (Hope,
speranza + Open , aperto) scelto dal nostro esperto di comunicazione Francesco
Bruti. Aggreghiamo le famiglie dei bambini senza diagnosi, le aiutiamo nelle
attività burocratiche, nel sostegno legale, le indirizziamo nel primo
laboratorio per malattie genetiche rare senza diagnosi, aperto al Bambin Gesù
dal Professor Dallapiccola e dal dottor Bartuli. Anche gli spazi ricreativi
“Tutti in cucina”, “Tutti in fattoria” e “Tutti in gioco”, sono progetti Hopen
, che contemporaneamente marca stretta la scienza e gli strumenti. Da sei mesi
il progetto MSD di Telethon è impegnato a dare una diagnosi precoce a 400
ragazzi nei centri genetici di Monza, Roma e Napoli, coordinati dal Tigem di
Pozzuoli. “Ma soprattutto – annuncia Maspes – Hopen è nella rete di Swan
((Syndromes Without A Name) Europe. La sede di roma si è aggiunta a quelle di
londra, Parigi, Madrid. I sistemi sanitari nazionali non gestiscono un registro
delle persone senza diagnosi, vogliamo togliere dal limbo i minori affetti da
malattie non diagnosticate, dunque siamo orgogliosi di rappresentare una grande
potenzialità”: (…) (Corriere della Sera, 28 maggio 2017, pag. 5 cronaca di
Roma)
20. Bombe e colera
silenzio di morte sullo Yemen. (…) Almeno 4mila civili hanno perso la vita come risultato
diretto del conflitto in Yemen, di questi più di 1300 sono bambini. Per due
milioni di ragazzini l’anno scolastico si è fermato al 2015. Oltre tre milioni
di persone sono state costretta a fuggire dalle loro case, troppo spesso senza
sicurezza. Statistica che è raddoppiata nell’ultimo anno. (…) Dallo scorso
settembre, in 18 diversi governatorati, come una valanga, 49mila casi sospetti
di colera e 242 morti dichiarati hanno ulteriormente inasprito la già precaria
situazione sanitaria dello Yemen, dove i corpi vengono lasciati per le
strade per giorni, nel mezzo di intensi combattimenti. A questa si aggiungono
focolai sempre più violenti di malaria e scabbia. (…) (Il Manifesto, 30 maggio
2017, pag. 9)
Economia e ambiente
1.
La mappa del web asociale. La maggior parte del web è
invisibile. Un gruppo di ricercatori del Mit si è avventurato nel deep web, il web sommerso, formato da pagine,
siti, e archivi privati non indicizzati e quindi non navigabili con i normali
motori di ricerca. L’obiettivo era mappare la sua parte più oscura, il dark
web, raggiungibile solo con software particolari, come Tor, che garantiscono
l’anonimato e sono usati per sfuggire alla censura e ai controlli. In questo
spazio si muovono spesso estremisti, hacker, trafficanti, pedofili, ma non
solo. I ricercatori hanno scoperto che l’87 per cento del dark web è privo di
collegamenti: solo 7178 siti dei 25.104 esplorati hanno dei link. E’ quindi
improprio chiamarlo web (rete) , concludono su ArXiv i ricercatori,
interpretando questo isolamento come l’espressione del carattere
fondamentalmente asociale di chi crea i siti dark web. Si stima che il web
sommerso sia cinquecento volte più grande di quello accessibile con i normali
motori di ricerca. (Internazionale n. 1203, 5 maggio 2017, pag. 111)
2.
Il Brasile in mano ai latifondisti. E’ durata 112 giorni l’esperienza di
Antonio Costa alla presidenza del Funai, l’agenzia del governo brasiliano che
dovrebbe tutelare gli indigeni. Costa si è dimesso il 5 maggio accusando il
ministro della giustizia Osmar Serraglio, legato al Partito del movimento
democratico brasiliano (Pmdb) del presidente Michel Temer di favorire la lobby
agraria e di assegnare incarichi tecnici a politici vicini al governo. L’appropriazione
di fondi pubblici e le ingerenze nel Funai fanno parte della stessa offensiva
che ha già dimezzato il budget del ministero dell’ambiente e aperto la
strada a un nuovo aumento della violenza nelle aree rurali. Solo nelle ultime
tre settimane nove contadini sono stati uccisi nel Mato Grosso e dieci indigeni
sono stati feriti nel Maranhao. Il trattore avanza grazie al combustibile
fornito dal governo. La lobby agraria non è mai stata così influente, e non ha
perso occasione per dimostrare la sua forza e regolare i conti con i suoi
avversari. Il deputato del Pmdb Nilson Leitao ha presentato la relazione della
commissione parlamentare d’inchiesta sulla Funai e sul catasto agrario. Il
documento chiede d’incriminare più di cento persone , tra cui antropologi,
leader indigeni, attivisti cattolici e perfino procuratori che difendono
la demarcazione delle terre. Leitao è lo stesso che vuole ridurre i
diritti dei lavoratori agricoli e permettere che ricevano una parte del loro
salario in vitto e alloggio. Se potessero, lui e i suoi amici cancellerebbero
anche la legge che ha abolito la schiavitù nel 1888. Il settore agricolo è
vitale per l’economia brasiliana e può aiutare il paese a uscire dalla crisi.
Ma per farlo non ha bisogno di schiacciare gli indigeni, devastare le foreste o
farsi rappresentare da individui che sostengono idee retrograde sconfitte dal
movimento abolizionista. (Internazionale n. 1204, 12 maggio 2017, pag.15)
3.
Dal gas alle piattaforme per solare ed eolico. Il
rilancio Eni in versione “low carbon”. “Un percorso di profonda trasformazione che tocca
tutti i settori, dall’upstream alla raffinazione e alla chimica, dalla
generazione di energia elettrica alle bonifiche”. Con queste parole
l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha annunciato nei giorni
scorsi gli investimenti programmati in Italia nei prossimi anni. Ventuno
miliardi, ha sottolineato l’ad in occasione della visita del presidente
del consiglio Paolo Gentiloni ai laboratori di San Donato Milanese. Risorse che
verranno investite tra il 2017 e il 2020 e che vedranno il gruppo del cane a
sei zampe impegnato su quattro fronti: l’attività di esplorazione e produzione
di idrocarburi, la trasformazione dei settori della raffinazione e della
chimica, la transizione energetica basata su gas e sviluppo di fonti
rinnovabili (…). Non solo: l’Eni sta studiando di trasformare le piattaforme in
via di dismissione per produrre nuove forme di energia rinnovabili, dal mare,
dal vento e creare nuovi laboratori di ricerca. Proprio sul fronte delle
energie rinnovabili, il gruppo ha identificato e lanciato progetti di
generazione di energia da risorse rinnovabili nei propri impianti in Italia,
con l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica dell’azienda e
raggiungere il traguardo di 220 MW di energia entro il 2020. (Corriere della
Sera, 13 maggio 2017, pag. 45 economia; altre info sulla “transizione”
dell’Eni e sulle sue bioraffinerie , sullo stesso giornale, 20 maggio 2017,
pag. 50))
4.
Una (nuova) via della Seta per la Cina potenza
globale. Nella nostra
memoria è un mito: la Via della Seta che ci riporta a Marco Polo . Ora,
l’antica rotta delle carovane che dalla Cina arrivavano in Europa attraversando
l’Asia e il Vicino Oriente è al centro del piano di diplomazia economica più
ambizioso di Pechino. Si chiama “Una cintura, una strada” ed è l’iniziativa di
Xi Jinping per costruire una rete globale di infrastrutture lungo le quali far
scorrere i commerci (cinesi anzitutto). I progetti prevedono
investimenti internazionali per 900 miliardi di dollari nei prossimi 5-10 anni;
502 miliardi in 62 paesi entro il 2021, secondo i calcoli degli analisti del
Credit Suisse. Questa montagna di denaro servirebbe a costruire porti,
autostrade, linee ferroviarie ad alta velocità, reti elettriche soprattutto in
paesi in via di sviluppo. Un sogno fatto di ombre cinesi o una realtà già in
marcia? (…) (Corriere della Sera, 13 maggio 2017, pag. 15 esteri e 15 maggio
2017, pag. 15, con schema di larga massima del progetto).
5.
Il tallone d’Achille del nucleare francese. Sconcertante vulnerabilità
delle vasche di Le Creusot. Nei prossimi cinque anni, 53 reattori su 58 del
parco atomico francese raggiungeranno i quarant’anni di attività. Continueranno
ad essere utilizzati oltre la durata prevista in fase di progettazione, saranno
sostituiti da centrali di nuova generazione o si abbandonerà progressivamente
il nucleare? L’edificante storia di una componente fondamentale del dispositivo
di sicurezza apre il dibattito sulle scelte future. (Le Monde Diplomatique- Il
Manifesto, 15 maggio 2017, pag.15)
6.
Nel 2015 il
settore delle banche ombra, cioè le istituzioni finanziarie che agiscono fuori
del sistema bancario regolamentato, gestiva attività pari a 149mila miliardi di
dollari, il 46 per cento delle attività finanziarie globali, che valgono
321mila miliardi. Gli intermediari creditizi in senso stretto, i cosiddetti Other Financial Intermediaries (OFI), gestiscono
92mila miliardi di dollari. Lo sostiene l’ultimo rapporto annuale sulle banche
ombra pubblicato dal Financial Stability Board, (Fsb) un organismo legato al
G20 che monitora la finanza globale. (Internazionale n. 1205, 19 maggio 2017,
pag. 116)
7.
Messico: il business dell’energia eolica nello
Yucatán e altro. I progetti
di espansione dell’energia eolica in Messico mettono a nudo rivelano qual
è la vera matrice della riforma energetica su cui ha scommesso il
presidente Enrique Peña Nieto: apertura totale alle imprese private e al
capitale straniero, ma nessun aspetto positivo per le comunità locali, mai
messe al corrente di progetti i cui effetti peggiori ricadono sui territori
dove abitano quotidianamente. Negli ultimi mesi la frontiera dell’eolico si è
propagata dallo stato di Oaxaca allo Yucatán. Gli abitanti della cittadina di
Kimbilá, come ha riportato Ipsnoticias, sono
riusciti a bloccare l’installazione di un parco eolico in un ejido, la terra pubblica assegnata alla popolazione per
un utilizzo di tipo comunitario. Il progetto, a carico dell’impresa spagnola
Elecnor, che prevedeva la costruzione di circa cinquanta aerogeneradores (le pale eoliche), è stato reso
noto di fronte alla comunità solo all’inizio del 2016. Le assemblee realizzate
nell’ejido hanno rifiutato, ad ampia maggioranza, un
progetto che avrebbe finito per danneggiare una comunità la cui sopravvivenza è
basata sulla piccola agricoltura. Di fronte alle proteste rivolte, anche in
maniera ufficiale, nei confronti della Procuradoría Agraria, che aveva preso
apertamente le parti dell’impresa, la comunità ha rifiutato la cessione della
terra per 25 anni a Elecnor, nonostante la multinazionale le avesse provate
tutte, compreso un rimborso tra i 500 e i 970 dollari annuali per ettaro di
terra. Tuttavia, il potenziale eolico e solare dello Yucatán lo espone al
rischio che il cosiddetto modello Oaxaca venga replicato al più presto. Per il
2018 l’obiettivo dello stato è quello di utilizzare quasi il 10% delle fonti di
energia rinnovabile. Fin qui non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che le
energie rinnovabili in Messico vengono anche definite come “non convenzionali”
e, grazie a questa mancata specificazione, sono spacciati per progetti di
energia pulita tutti quelli che prevedono anche la generazione di energia
proveniente dalle centrali idroelettriche. Attualmente, secondo i dati
ufficiali in possesso dell’Asociación Mexicana de Energía Eólica, in Messico
sono stati edificati almeno 31 parchi eolici, suddivisi in nove stati. Per il
Consejo Regional Indígena y Popular de Xpujil, una località ubicata nello stato
del Campeche, il processo di sviluppo energetico adottato dal Messico è
caratterizzato da molteplici lacune, a partire dall’aspetto giuridico, oltre
che dalla scarsa attenzione posta all’impatto ambientale sui territori da parte
dell’energia eolica. È proprio sfruttando queste enormi lacune che le imprese
cercano di impadronirsi delle risorse naturali di cui fino ad ora hanno
beneficiato le comunità per spogliarle di qualsiasi diritto e bene. Lo stato
del Campeche, ad esempio, si trova nel bel mezzo di una vera e propria fiesta energética, dove la festa, purtroppo, sarà fatta
nei confronti delle comunità se andranno in porto i progetti di cinque centrali
solari e di altrettanti parchi eolici, già appaltati ad imprese locali e a
multinazionali straniere. Entrata in vigore nel 2014, la contestatissima Ley de
la Industria Eléctrica stabilisce che ogni progetto di sviluppo debba
obbligatoriamente prevedere una valutazione di impatto sociale che raramente
viene realizzata. Inoltre, della maggiore generazione di elettricità non ne
beneficeranno certo le comunità indigene, ma i soliti noti, a partire dalle
grandi imprese multinazionali. A tutto ciò bisogna aggiungere che la
costruzione dei parchi eolici vìola le norme sancite dall’Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico (Ocde), la quale evidenzia l’obbligo di
rispettare i diritti umani, ambientali, lavorativi e di trasparenza. In ogni
caso, le imprese hanno gioco facile nell’aggirare le leggi. Ad esempio la
francese Edf Energie Nouvelles ha effettivamente realizzato le consultazioni
richieste presso le comunità, ma non ha mai mostrato pubblicamente i permessi
che la autorizzano a costruire tre parchi eolici nel paese. Il cuore del
progetto energetico messicano è rappresentato dall’istmo di Tehuantepec, nello
stato di Oaxaca, dove proprio Edf Energie Nouvelles ha tra le mani progetti
dalla rendita miliardaria, tanto che l’istmo di Tehuantepec è conosciuto anche
come l’istmo eolico. Finanziati principalmente dalla Banca interamericana di sviluppo,
con il supporto economico proveniente anche da fondi di investimento pubblici
olandesi e danesi, secondo il Centro de Recursos Juridicos para los Pueblos
Indígenas, i progetti di Edf Energie Nouvelles sono stati contrassegnati dalla
totale assenza di garanzie alle comunità loro malgrado coinvolte. Il timore
maggiore delle popolazioni, da Kimbilá all’istmo di Tehuantepec, è che vadano
in fumo le coltivazioni, il raccolto e l’allevamento del bestiame, che permette
loro di sopravvivere. I progetti energetici messicani sono ufficialmente
all’insegna dell’energia pulita, ma risultano in realtà sporchissimi perché
violano i diritti ambientali, umani e civili delle popolazioni. (La Bottega del
Barbieri, 21 maggio 2017)
8.
Si in Svizzera all’addio al nucleare (ma non subito). Non è semplicemente
l’abbandono dell’energia nucleare ciò che gli elettori svizzeri hanno deciso
con il referendum approvato ieri. Con il 58,2 per cento dei consensi i
cittadini hanno detto si a un articolato piano del governo che li impegna entro
il 2050 ad aumentare l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, ma anche – e
qui sta la novità principale – a ridurre sensibilmente i consumi individuali
con l’obiettivo di proteggere l’ambiente. Tutti i maggiori partiti elvetici si
erano espressi per il si, ad eccezione dell’Udc, il partito di destra, che nel
paese ha la maggioranza relativa e che era il promotore della consultazione.
Giunge così a una svolta storica il cammino avviato da Berna all’indomani
dell’incidente di Fukushima e che aveva convinto le istituzioni a dire addio
all’atomo. Il piano validato dal voto popolare di ieri si articola in tre punti
principali: lo spegnimento progressivo (per ciascuno si attenderà il termine
del suo ciclo di vita) dei cinque reattori oggi attivi e che coprono un terzo
del fabbisogno nazionale di elettricità; l’incentivo ad aumentare il ricorso a
fonti “pulite” (si vuole evitare che il gap venga colmato facendo ricorso
a un aumento dei consumi di petrolio e gas); l’impegno a tagliare i consumi individuali
del 35% sulla base di quelli registrati nel 2000 anche attraverso forme di
efficentamento degli impianti. (…) (Corriere della Sera, 22 maggio 2017, pag.
25 cronache)
9.
Riciclando, riciclando, si guadagna un miliardo. Nel 2016 questo è il valore generato
dallo smaltimento ecologico degli imballaggi . (…) Oggi 8,4 milioni di
tonnellate di sei materiali d’imballaggio (carta, vetro, plastica, acciaio,
legno e alluminio) vengono avviate al riciclo, erano 190mila tonnellate quando
è nato il sistema nel 1998. Un incremento importante che ha trascinato anche la
raccolta di altre frazioni (come l’organico e gli ingombranti (mobili,
materassi, arredi). Nel solo 2016 è stato avviato al riciclo il 67,1% dei
rifiuti di imballaggio, superando così gli obiettivi europei attualmente in
discussione per il 2025. E’ stata evitata l’apertura di 130 discariche e
l’emissione di oltre 40 milioni di tonnellate di Co2. (…) (Corriere della Sera,
L’Economia, 22 maggio 2017, pag. 57)
10. Enel, la
centrale geotermica dei record, dalla Toscana all’alta quota delle Ande. “L’ambiente qui è molto ostile. A
4500 metri di altitudine tutto diventa più difficile, ma mettendo a frutto
l’esperienza di 100 anni di sfruttamento geotermico di Larderello, siamo
riusciti a generare energia elettrica sostenibile e pulita per lo sviluppo
della popolazione , a zero emissioni e zero rumore” Simone Villani è “
l’ostetrica” che ha fatto entrare in servizio a fine marzo la centrale
geotermica dell’Enel nel deserto di Atacama sull’altopiano andino, in Cile, al
confine con la Bolivia. La città più vicina, a 150 chilometri, è Villani
è un ingegnere abituato alle sfide, ha avviato impianti in Canada, El Salvador,
Messico e nella Foresta Amazzonica “ma Questa volta è diverso”. Forse
perché è una centrale quasi sul tetto del mondo tra lama e vigogne. Il ceo
dell’Enel Francesco Starace, l’ha definito “L’impianto dei record: il primo
geotermico in America del Sud, il primo a ciclo binario dell’area, il più alto
del mondo”. (…) “Stiamo completando la perforazione dell’ultimo di otto pozzi,
– racconta Martino Pasti, responsabile della centrale di Cerro Pabellon – sei
sono di produzione, e due per la ri-iniezione del vapore condensato, così
restituiamo al bacino geotermico la totalità del fluido estratto, assicurando
la disponibilità della risorsa nel lungo termine, con un’alta sostenibilità
ambientale. La centrale avrà due unità , la prima è entrata in servizio il 31
marzo scorso, la seconda partirà nella seconda metà dell’anno” A regime
produrrà circa 340GWh all’anno, equivalenti al fabbisogno di consumo di quasi
165.000 famiglie cilene. “Abbiamo anche realizzato una linea elettrica ad
alta tensionedi 85 chilometri, -spiega Walter Moro, alla guida di Chile
Renewable Energies – che collega l’impianto alla rete di trasmissione. “La
linea attraversa i territori di sei comunità indigene. “Abbiamo avuto un ottimo
rapporto e nessuna reale difficoltà con le comunità locali – ha riconosciuto
Starace – Abbiamo fatto un lungo lavoro con le persone che abitano la
zona” Sono state coinvolte nel progetto attraverso il sostegno alla formazione
di mini imprese locali, il supporto allo sviluppo e la donazione
dell’accampamento”: Corriere della Sera, 30 maggio 2017, pag. 31 economia)
Riflessioni
Sono molti
gli aspetti che richiederebbero un commento, anche se i testi selezionati
contengono quasi sempre i dati e le conoscenze atte a suscitare dubbi o
stimolare ulteriori approfondimenti. E non possiamo neanche limitarci ad
un’ottica strettamente ambientale. Un testo che sembra essenziale per modificare le
percezioni di tutti gli esseri umani riguarda i meccanismi globali e gli
andamenti stagionali. Fino a qualche anno fa era d’obbligo
specificare che una cosa erano i fenomeni delle variazioni climatiche ,
individuabili su periodi di tempo superiori a cinque anni, e altra l’alternarsi
delle stagioni. Oggi evidentemente
la situazione si è aggravata a tal punto che il riscaldamento globale incide in
molti paesi, compreso il nostro, anche sul succedersi delle stagioni,
ormai non più “normale”. Ancora, sembra siano aumentate in Italia le denunce di
danni ambientali: gli eventi negativi avvenivano anche prima , ma oggi forse
non vengono più trascurati, magari solo in termini di percezione diffusa, se
non di interventi pubblici tempestivi e risolutivi. Un terzo commento riguarda il nucleare , in particolare ciò
che sta avvenendo in Svizzera e in Francia. E’ evidente che non è
possibile chiudere una centrale nucleare come se fosse un negozio senza
licenza, però almeno in Svizzera la popolazione ha deciso la chiusura mentre in
Francia i rischi diventano sempre più elevati e non è ancora all’orizzonte
alcuna politica pubblica volta ad affrontare il problema della transizione
verso fonti energetiche non dannose per l’ambiente. Alcuni articoli riguardano
il cibo, e dovrebbero essere letti da tutti con molta attenzione: anche se
sembrano riferirsi a paesi lontani, le politiche aziendali sono sempre le
stesse e i “veleni nel piatto” stanno aumentando, mentre etichette e pubblicità
non si occupano minimamente della salute dei consumatori. Infine, abbiamo
inserito due notizie per le quali non è facile cogliere i nessi con l’ambiente
: l’esistenza di un dark web completamente
nascosto e inaccessibile, di grandi dimensioni e dove si svolgono attività
criminali di varia natura, l’esistenza di attività finanziarie di
grandi dimensioni che si svolgono di fatto fuori di qualunque regolamentazione
pubblica. Il motivo di questo “fuori onda”?. Siamo preoccupati per il fatto che
mentre lavoriamo duramente per far emergere la gravità dei danni ambientali,
che il sistema economico ancora nega o cancella, parti
consistenti dei meccanismi di accumulazione dei profitti si svolgono al
di fuori di ogni possibilità di controllo e con la massima indifferenza per le
minacce effettive che gravano sull’umanità.
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