sabato 24 giugno 2017

L’orrore della fretta di produrre cibo - Gustavo Duch


Nella provincia di Toledo, un’impresa è in grado di produrre ogni giorno un milione di hamburger di manzo e 350.000 di pollo. La maggiore multinazionale nella produzione di bovini, che consente il consumo a basso costo del “fast food” di hamburger come quello citato, nei soli Brasile e Argentina lavora 22.600 capi di bestiame al giorno. L’allevamento di mucche da latte più grande al mondo si trova negli Stati Uniti, con circa 30.000 mucche. Vicino a Soria, vogliono raggiungere il secondo posto della “classifica” e si sta predisponendo un impianto al fine di contenerne circa 20.000. Una dietro l’altra, sarebbe una fila indiana di mucche sull’autostrada da Barcellona fino a Sitges. Il record nella produzione di pane, sembra che lo detenga uno stabilimento di Guadalajara, che si vanta di produrre 15.000 pezzi di pan carré all’ora.

E potremmo continuare così, con esempi che esprimono molto bene una delle caratteristiche del modello alimentare dominante: produrre il massimo alla massima velocità possibile, senza considerare i problemi che questo può comportare. Se divento leader europeo nella produzione di latte, mi importa poco che spariscano alcune migliaia di stalle in Galizia o nella cornice cantabrica; se con 50 persone produco tonnellate di un pane inalterabile per i supermercati, sono molto più efficiente di un forno artigianale come quello del mio villaggio che ne sforna pochi chili ma crea tre fonti di sostentamento; e se devo sacrificare acque incontaminate perché un paese come il Cile produca milioni di salmoni, ben venga la strategia.

Antibiotici e prodotti chimici
In questa follia di sistemi alimentari progettati come fabbriche, il Cile e la Norvegia sono grandi potenze nella produzione di salmoni, con la capacità di servire una razione giornaliera per tutte le persone che vivono, ad esempio, in Catalogna. Una barbarie che si ottiene a partire dall’installazione di alcune gabbie nel mare, come grattacieli rovesciati. Secondo Greenpeace, sono “come recinti della dimensione di un campo da calcio e di 20 piani in profondità”, dove, in condizioni di sovraffollamento, si ingrassano, con mangimi, milioni di animali immobili. In questi modelli di carcere, sembra del tutto necessario l’uso di antibiotici e di altri prodotti chimici per evitare grandi morie. Il loro abuso è causa del fatto che, oltre a diffondersi nelle acque (e sembra essere responsabile di danni ad altri esseri viventi come il delfino australe), raggiunge la catena alimentare aggravando il problema sanitario di malattie batteriche comuni che diventano resistenti agli antibiotici.
In questi ultimi mesi, la produzione di salmoni è caduta. In Cile, l’eccesso di liquami, assieme ai cambiamenti climatici, ha favorito una grande proliferazione di alghe che riducono i livelli di ossigeno. In Norvegia, continua inarrestabile l’infestazione di piccoli crostacei che, come zecche, si attaccano sul salmone per alimentarsi di esso.
Due realtà con lo stesso schema, fretta per guadagnare soldi.
Pubblicato su Palabre-ando, il blog di Gustavo Duch, con il titolo La prisa mata
Traduzione per Comune-info di Daniela Cavallo

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