Morire al lavoro in un campo di uva e
diventare subito un fantasma, senza che trapeli notizia per settimane. Il cuore di Paola, 49 anni,
bracciante di San Giorgio Jonico, si è fermato la mattina del 13 luglio sotto
un tendone per l’acinellatura dell’uva, nelle campagne di Andria, in contrada Zagaria. Lunedì 13 Paola è uscita da casa
sulle sue gambe, come tutte le notti, per andare a lavoro e non è più tornata.
È stata sepolta il giorno dopo, parrebbe senza autopsia. Il pm non si sarebbe
recato sul posto perché, riferisce la polizia di Andria, il parere del medico
legale è che si sia trattato di una morte naturale, forse un malore per il
caldo eccessivo.
Ancora
un’altra morte nei campi, che precede quella di Mohammed, il bracciante
sudanese vittima della fatica e dei caporali a Nardò. Ma intorno a questa storia non ci sono fiaccolate,
proteste, cortei. C’è solo il silenzio pesante delle campagne pugliesi. Lo
stesso silenzio, spesso vicino all’omertà, che circonda le oltre 40mila donne
italiane vittime del caporalato pugliese, spesso camuffato da agenzie di viaggi
e da lavoro interinale.
Aveva cominciato il suo turno alle cinque del
mattino, poi, poco dopo le 13, aveva finito la sua giornata di lavoro e aveva
deciso di prendere un caffè alla macchinetta posizionata in azienda.
All’improvviso, però, è stato colto da malore e si è accasciato sul pavimento.
E’ morto così un cittadino tunisino di 52 anni, residente a Fasano.
L’ennesima tragedia del lavoro nei campi, questa
volta, arriva da Polignano. La vittima era impiegato, con un regolare contratto
di lavoro (secondo quanto emerge dai primi accertamenti dei carabinieri), in
un’azienda agricola specializzata nella produzione e commercializzazione
dell’uva. L’uomo, per ben otto ore, hanno raccontato ai carabinieri della
compagnia di Monopoli i suoi compagni di lavoro, sotto il sole, aveva caricato
le cassette dell’uva su uno dei tir che avrebbe dovuto lasciare l’azienda…
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