Dopo undici anni di lotta tra la Snam s.p.a. e il Governo da una parte e i cittadini,
i comitati eassociazioni
ecologiste e gli enti
locali dall’altra, si è arrivati all’atto
finale sul progetto del devastante gasdotto “Rete Adriatica”, un gasdotto devastante per l’ambiente e inutile sul piano economico-sociale nelle zone a maggior rischio sismico d’Italia (zona sismica “1”), fra le aree a maggior rischio sismico
in Europa, intercettando come birilli, le zone altamente
sismiche di Abruzzo, Umbria, Marche[1].
Con una mossa a sorpresa (e secondo noi
con un atteggiamento un po’ arrogante), ladott.ssa Cecere,
uno dei burocratici funzionari del Ministero dello sviluppo, ha convocato laconferenza di servizi decisoria per
il sei agosto 2015, disattendendo quindi la data settembrina precedentemente
concordata con le altre amministrazioni pubbliche partecipanti, alla quale la
regione Abruzzo sarebbe arrivata con una proposta progettuale alternativa a quella
della multinazionale.
L’Abruzzo comunque c’era,
rappresentato dalla Regione, dalla Provincia e dal comune di Sulmona e in ogni
caso aveva già da tempo negato il suo assenso all’intesa con lo Stato. L’Umbria era presente con un
solo rappresentante (non politico), un funzionario che, solo verbalmente, ha
dichiarato la contrarietà della Regione all’imposizione del progetto. La Regione Marche, infine, non c’era affatto.
Il Presidente Ceriscioli e i suoi,
infatti, dapprima hanno dato scarso peso alla cosa; poi, informati a dovere
attraverso un intenso lavoro di pressing (cui ha dato un contributo fondamentale il consigliere
regionale Traversini) si sono resi conto che prima del loro avvento c’era stata
una dura battaglia, durata (fin qui) undici anni. Poi hanno garantito che
avrebbero fatto la loro parte. Infine si sono astenuti dal partecipare, per non
essere precipitosi, loro che “sono nuovi”, da poco insediati e quindi a digiuno
sull’argomento.
Con questa mossa Ceriscioli e i suoi
hanno scaricato i comitati, i cittadini (proprio quelli che li hanno
eletti) e lo stesso Traversini, sconfessato su tutta la linea.
L’Umbria dalla sua, ha mantenuto fino
all’ultimo la sua posizione
obliqua, con un no mai formalizzato, evidentemente
frutto più della pressione popolare che di un reale desiderio di difendere gli
interessi dei cittadini umbri. Soprattutto, trapela il timore dei vertici della
Regione di poter collidere con i diktat governativi certo, ma anche più semplicemente con
quelli dei potenti burocrati di stato. Appare sempre più evidente comunque, che
gli organi dello stato tendono a fare blocco unico con la multinazionale,
evidenziandosi di fatto come una seconda controparte rispetto ai cittadini e
agli enti locali che li rappresentano.
Di fronte a un tale capolavoro si
potrebbero pensare e dire molte altre cose cose, tutte piuttosto sconfortanti.
E’ stato disatteso e scaricato (con
dubbia consapevolezza) un lungo e paziente lavoro di collaborazione tra
comitati di cittadini, associazioni e Regioni, un lavoro fatto di molto dialogo
e poche polemiche, un lavoro che in tal senso aveva pochi precedenti e che
aveva dato i suoi frutti.
Comunque, le Regioni con la loro pochezza, si sono a
questo punto assunte tutte (ma proprio tutte) le responsabilità inerenti la
annosa vicenda. Hanno ancora una manciata di giorni
per esprimere comunque il proprio parere, fuori tempo massimo.
La decisione finale poi, per colpa delle
Marche e dell’Umbria, verrà presa direttamente dal Consiglio dei Ministri. E’ chiaro che se dalle due regioni verrà un parere
netto, ben argomentato e sostenuto con la forza necessaria, negando l’intesa
col governo e quindi allineandosi all’Abruzzo, ci sarà il parere negativo di
ben tre regioni e questo qualcosa dovrà pur contare. Ma date le premesse, con
tutti questi “cuor di leone” che si aggirano nei palazzi del potere, è come dire
che siamo nelle mani del Padreterno.
Non ce ne dimenticheremo.
Comitato interregionale “No Tubo” Gruppo d’Intervento Giuridico
onlus
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