martedì 18 settembre 2018

Nessun governo potrà piegarci - Laura Carlsen



Mentre si fanno più dure le frontiere tracciate dall’alto, dal basso le resistenze iniziano a convergere come fiumi sotterranei. È così che la Patagonia – quella terra lontana e quasi mitica per la maggior parte della popolazione del pianeta – si distingue come un campo di battaglia strategico nella lotta tra la vita e la morte, che oggi affrontiamo.
Le riserve di acqua più grandi e più pure del pianeta si trovano in Patagonia, congelate nei ghiacciai e fluenti nei suoi fiumi e laghi, sia sul lato del Cile che nella parte situata nel sud dell’Argentina. Lì ci sono anche grandi foreste e biodiversità, oltre ad essere un’area che serve a misurare – e diminuire – l’avanzamento del cambiamento climatico. È il territorio ancestrale del popolo mapuche, e ora è in disputa per le incursioni delle grandi corporation transnazionali e dei super ricchi. I mega-progetti estrattivisti, come quelli idroelettrici e minerari, e la privatizzazione del suo territorio, al fine di trasformarlo in un rifugio per magnati, minacciano il futuro del popolo che è stato il custode di questa parte di mondo.
“Stiamo recuperando il territorio, perché sfortunatamente, nel caso del popolo mapuche, viviamo in un paradiso che è la tentazione delle grandi corporation e di famosi multimilionari che infilano i loro tentacoli estrattivisti e ambiziosi, nel nostro territorio”, afferma Moira Millán, weychafe (chi difende del popolo mapuche) e componente della Marcha de Mujeres Originarias.
La lotta e la repressione del popolo mapuche in Cile sono più note, ma anche in Argentina i Mapuche stanno conducendo una resistenza per la difesa del loro territorio dalla fine del XIX secolo, quando lo Stato lanciò “la Conquista del Desierto”, con la quale cercò di cacciarli e privarli dei loro territori e delle loro risorse. Successivamente, negli anni ‘90, lo Stato ha promosso la vendita della terra a prezzi irrisori, come se là non esistessero le comunità indigene, né tanto meno i loro diritti.   
Tra gli acquirenti, spiccano l’impresa italiana di maglieria del marchio globale Benetton, che ha comprato quasi un milione di ettari di terre ancestrali, l’attore Sylvester Stallone, il finanziere George Soros e altri ricchi e famosi che ora possiedono interi laghi e montagne per utilizzo privato.
L’attuale governo dell’Argentina ha intrapreso una lotta feroce contro i popoli originari, con assassinii – come quello più recente di Rafael Nahuel, per mano della polizia-, incarcerazione politica e criminalizzazione dei difensori della terra.
In questo momento Moira Millán affronta l’accusa di violenza aggravata, per la sua partecipazione a una manifestazione pacifica. Il 27 giugno è stata trattenuta dalla polizia in aeroporto con una denuncia chiaramente legata alla repressione del movimento e, in base all’ingiunzione, deve presentarsi il 19 settembre per un’udienza. Lei è dirigente e una voce imprescindibile  per la liberazione del suo popolo e del suo territorio, e che ha lottato in modo integrale, come mapuche, donna e madre.
Il nostro corpo-territorio e il territorio-corporale sono un’unità indivisibile per noi [donne mapuche].  L’accanimento contro di noi proviene dalla debolezza del sistema capitalista e patriarcale”, ha affermato in una dichiarazione, l’8 marzo. Con lo slogan “libera determinazione sul nostro territorio, i nostri popoli e i nostri corpi”, la sua organizzazione, la Marcha de las Mujeres, difende questa visione.
Moira è anche una internazionalista, ha viaggiato in ogni parte del mondo per parlare della lotta del popolo mapuche, e ora si sta promuovendo una campagna globale per la sua assoluzione con l’hashtag  #ReclamarJusticiaNoEsUnDelito.
Mentre Moira affronta l’attacco giudiziario, cresce la campagna uscita dal Primo Parlamento di Donne Originarie, in aprile, chiamata “Nos queremos plurinacional. Si tratta di portare una proposta al prossimo 33° Incontro Nazionale delle Donne a Trelew, provincia di Chubut, in ottobre, per la piena inclusione delle donne indigene. Se votano questa proposta in territorio mapuche, si potrebbe fare storia ottenendo una vera confluenza tra il movimento delle donne e il movimento indigeno, per costruire – nelle parole delle donne indigene organizzate – un movimento più democratico, con una visione anti-sistemica e a favore della costruzione del buen vivir.
In questo modo, si tratta di cancellare le recinzioni delle terre privatizzate, cancellare l’assedio mediatico e cancellare le frontiere erette tra i movimenti per la liberazione, che dividono e che cercano di ostacolare con ogni mezzo, permettendo una reale convergenza delle lotte che potrebbe salvare il pianeta e noi stesse.
Il Movimiento de Mujeres Indígenas por el Buen Vivir, sottolinea che: “La nostra lotta come donne indigene nell’unità, non finisce con la liberazione delle prigioniere e dei prigionieri politici bensì con la liberazione dei nostri territori. Abbiamo secoli di resistenza; nessun governo ha potuto piegarci”.  Adesso è necessario che altre donne e persone in generale, riconoscano in questa resistenza una via per proteggere la vita, che è il filo che tutti condividiamo.

Per aderire alla campagna per l’assoluzione di  Moira Millán, questi sono i contatti:
per la stampa:  Evis Millán +5492915745857
Facebook: Movimiento de Mujeres Indígenas por el buen vivir.
* Articolo pubblicato su Desinformémonos con il titolo La Patagonia, la lucha mapuche por la sobrevivencia del planeta
Traduzione per Comune-info: Daniela Cavallo

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