Il denaro
non è tutto e l’anima (anche quella di una città) non ha preso. E così decine
di sindaci e governi -da Amsterdam Vancouver, dalla Nuova Zelanda fino Tokyo –
sono scesi sul piede di
guerra per
salvare i “panda” urbani del terzo millennio: i residenti dei centri storici.
Una specie a rischio estinzione causa invasione del turismo di
massa -con Airbnb nel ruolo di nemico pubblico numero uno – assalto
di Paperoni stranieri a caccia di occasioni immobiliari. Un uno-due da ko che
sta ridisegnando interi quartieri, dal Barrio Gotico di Barcellona fino al
Marais di Parigi, sfrattando i residenti – che rendono troppo poco – per far
posto a nuovi ospiti pronti (è il loro atout) a pagare affitti a prezzi
d’oro.
I numeri
sono da allarme rosso: Venezia perde mille abitanti all’anno dal 2000, il 10%
dei residenti del centro di Madrid – dove le camere per i turisti sono
raddoppiate in un triennio – si è trasferito fuori città.
Airbnb calcola il Ladest dell’Università di Siena – ha in vetrina il
22% degli appartamenti nel cuore di Firenze e offre 15mila abitazioni a Roma,
12mila a Milano (+110% in due anni) e 4mila a Napoli (+880%). I pensionati Ue
migrati in Portogallo per sfruttare le tasse low-cost hanno fatto schizzare del
+7,9% in 12 mesi i prezzi delle case a Lisbona, alzando l’asticella fuori dalla
portata dei locali. A Praga la frittata è già stata fatta e il 10% dei
residenti di Zona 1 sono ricchi arrivati dall’estero. E a Parigi – per dirla
con Ian Brossat dell’ufficio urbanistico del Comune – “gli affittacamere
rischiano di trasformare il centro in Disneyland”.
Pecunia, di
solito, non olet. La rapidità con cui si sta consumando questo drammatico
trapianto sociale nei centri storici ha colto però tutti di sorpresa. E tanti
paesi hanno detto basta. La Nuova Zelanda è pronta a impedire agli
stranieri l’acquisto di case. L’Australia li autorizza solo per gli
appartamenti nuovi per salvare le aree più vecchie delle città. Vancouver
impone una sovrattassa del 15% a chi non ha passaporto canadese.
La vera
crociata è però quella che si è scatenata contro Airbnb.Il portale Usa ha
travolto come un ciclone il mondo del turismo. Lo scorso anno ha
portato in Itala quasi 8 milioni di persone, in catalogo ha 5 milioni di
offerte. Un successo arrivato però con un conto salato: la “Airbnbizzazione”
dei centri storici. Il processo della metamorfosi urbanistica è
lineare: affittare un appartamento con il portale rende bene (a San
Francisco il 13% annuo contro il 5,9% di un contratto a lungo termine). Gli
incassi sfuggono spesso al fisco. Risultato: i piccoli proprietari cacciano gli
inquilini per far posto ai turisti e le catene immobiliari fanno incetta di
condomini nelle aree a maggior appeal. Con il rischio di trasformarle in
dormitori senza un’anima.
Molte città
– prima di trovarsi di fronte a fatto compiuto – sono corse ai ripari. San
Francisco ha imposto un obbligo di licenza e registrazione degli ospiti,
dimezzando in pochi giorni l’offera Airbnb. Lo stesso sta facendo New York. Il
Giappone ha costretto la società a cancellare le proposte non “registrate”
tagliandole da 60mila a mille in pochi giorni. Barcellona ha assunto 100
ispettori per scovare i locatari abusivi senza licenza (ne ha già
sanzionai 2.500), Madrid autorizza solo l’offerta di case con ingresso autonomo
sulla strada. A Praga il comune ha “catalogato” i nomi di 20mila affittacamere
sottoponendoli a indagine fiscale. Molti hanno imposto tetti temporali sugli
affitti: Amsterdam ha messo un limite di 30 giorni l’anno, Londra di 90 giorni,
come Madrid, Sydney di 180.
Airbnb
respinge le accuse di “centricidio”: creiamo ricchezza – dice – i
nostri clienti spendono il doppio c di chi va in albergo e nel 74% dei casi
scelgono case fuori dalle rotte tradizionali. “Il loro modello ha reso più
flessibile l’offerta e ridotto prezzi degli alberghi nei
periodi di punta”, dice Chiara Farronato di Harvard Business School. “E può
aiutare a rivitalizzare i centri di molte città italiane, specie del
Sud, che si sono desertificati ben prima dell’avvento di Aribnb”, aggiunge
Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme. La guerra al loro spopolamento però
non si ferma: Amsterdam , Parigi, Lisbona, Barcellona, Madrid e Berlino hanno
creato un coordinamento per prevenire la trasformazione delle zone turistiche
in Luna park. A breve è in agenda un incontro a Bruxelles con la Commissaria al
mercato interno Elzbieta Bienkwoska. E per salvare i panda dei centri storici,
anche la Ue è pronta ad aprire un ombrello.
(Repubblica,
4 settembre 2018)
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