C’è un costo pagato da tutti per ogni atto criminale,
dall’atto vandalico all’omicidio. Un giro di soldi, in passivo, che segue la
mappa dei flussi di denaro in chiaro e ha
un peso più alto lì dove c’è più ricchezza. La nostra Isola non è ovviamente
immune da queste dinamiche che per la prima volta sono state analizzate – con
alcuni complicati calcoli – da tre ricercatrici dell’Osservatorio criminalità
dell’Università di Sassari. Lo studio è
poi diventato un capitolo del Quinto rapporto, a cura della professoressa
Antonietta Mazzette, La Criminalità in Sardegna. Reati autori
e incidenza sul territorio (edito da Edes). Si tratta appunto del
primo tentativo in assoluto in Sardegna e l’obiettivo è sia elaborare una stima
– seppur parziale – dei costi delle azioni criminali, sia tracciare alcune
tendenze già in atto. Tra tutte si possono citare il boom della coltivazione
della marijuana sia in campo aperto o in serre domestiche con sistemi sempre
più sofisticati e l’organizzazione che sta dietro gli assalti ai portavalori.
Al momento le analisi si sono focalizzate su tre tipi di reati: attentati alle
auto, rapine e coltivazione di marijuana.
Il team che ha chiuso il lavoro sui dati del 2016 e
del 2017 è formato da Maria Gabriela Ladu,
docente di Economia Politica nel corso di laurea in Scienze Politiche e
dell’Amministrazione (dopo una laurea in Scienze politiche a Cagliari, un
master in Economia alla Coripe di Torino e un secondo master a Essex, in
Inghilterra). Le altre autrici del report sono Manuela
Pulina (Professore Associato in Politica Economica
all’Università di Sassari) e Domenica Dettori (laurea
in Giurisprudenza e tecnico del dipartimento di Storia dello stesso Ateneo). A
livello nazionale esistono ovviamente dei precedenti (tra tutti quelli di
Claudio Detotto e Marco Vannini, nel 2010): l’ultima stima dei costi sociali
del crimine – fatta su 18 tipi di reato è pari in Italia a 38miliardi di euro, il 2,6 per cento del Pil. Un trend
che si ripete anche negli Usa, con un impatto sul Pil attorno al 2 per cento. E
lo schema potrebbe ricalcarsi in scala più ridotta, ossia regionale.
La mappa e il censimento dei crimini sardi e la
‘complementarietà’
La mappatura dei crimini in Sardegna è appunto
‘parziale’ ma significativa. Le ricercatrici si sono infatti concentrate su tre
reati a cui Sardinia Post dedicherà di settimana in
settimana un singolo approfondimento. Ci sono
le rapine (dagli scippi, a quelli contro banche e supermercati fino ai
portavalori), gli attentati alle automobili e gli atti vandalici e la coltivazione
di cannabis. Coltivazione che avviene sia in aperta campagna sia in contesti
urbani in serre al chiuso, oggetto di un precedente report dello stesso
Osservatorio. Il lavoro sui costi segue lo schema di catalogazione e
‘censimento’ portato avanti non attraverso le informative giudiziarie ma con le
notizie di stampa. Una selezione ristretta ai due principali quotidiani
cartacei La Nuova Sardegna e L’Unione Sarda. “Sappiamo che queste narrazioni possono
essere lacunose – spiega Ladu a Sardinia Post – ma in ogni caso le informazioni
necessarie sarebbero difficili da reperire e la sistematicità utilizzata dagli
organi di informazione è un buon punto di partenza. Anche perché ricavare i
costi da dati statistici può essere davvero molto complicato”. I reati scelti,
seppur molto diversi, sono concatenati l’un l’altro. “In un certo senso –
spiega Ladu – possono esser pure complementari”. E il riferimento va
soprattutto al traffico di stupefacenti e alle rapine di spessore. La divisione
geografica dello studio non ricalca quella amministrativa (province) bensì
quella dei Sll (Sistemi locali del lavoro): ossia gruppi di comuni omogenei in
cui le persone si spostano, lavorano, consumano, vivono. I tipi di costi
analizzati sono di tipo diretto – sostenuti dalla vittima per esempio, nel caso
dell’auto incendiata – manca un’analisi su quelli indiretti (mancati stipendi,
danneggiamento di proprietà e spese pubbliche volte ad incrementare il livello
di sicurezza). A cui si aggiungono quelli immateriali: sia psicologici, sia da
intendersi come mancata produttività. Disagi a cascata che coinvolgono non solo
la vittima diretta, ma comunità intere.
Costi alti dove girano più soldi. Le sorprese: il boom
di droga in Gallura, Oristano città di vandali
A livello nazionale nelle province di Roma e Milano la
criminalità ha un costo più elevato: le attività criminali producono una
perdita pro capite, rispettivamente, pari a 37,60 e 34,30 euro, cifre riferite
al 2015 secondo il rapporto sul “Danno della criminalità comune” di
Dugato e Favarin (2016). Al contrario, le province con i costi più bassi
d’Italia sono sarde: quelle dell’Ogliastra – fino a tre anni fa, almeno -,
Oristano e Medio-Campidano. L’ultima in particolare detiene il record del costo
più basso pari a tre centesimi ad abitante contro la media nazionale che arriva
a 12 euro e 50 centesimi a testa. “Una possibile interpretazione di certo è che
dove girano più soldi, si concentrino più reati che sollevano anche il costo
medio della criminalità – spiega Ladu -. E così succede anche in Sardegna:
l’impatto a livello regionale è più alto, in Gallura, a Olbia dove si arriva
nel 2017 sono stati sequestrate denaro e droga per potenziali introiti pari a
sei milioni di euro, l’anno precedente erano fermi a un milione e mezzo”. Non
solo la città- capoluogo, il fenomeno supera i confini cittadini ovviamente e
investe la zona, o meglio il Sistema locale del lavoro. E così Arzachena, capitale della Costa Smeralda, ha un costo
che sfiora gli 88 euro pro capite (nel paniere c’è soprattutto il peso del
traffico e produzione di stupefacenti). L’incidenza e il ‘peso’ economico della
produzione, del sequestro di stupefacenti e del denaro è una delle sorprese per le stesse ricercatrici, anche se il
fenomeno è noto: “Si tratta di un vero record – commenta Ladu – con un giro da
10 milioni di euro e sistemi sempre più organizzati di coltivazione, il rischio
che dietro ci possano essere organizzazioni criminali interessate a questo tipo
di business in Sardegna è molto alto”. A Thiesi, paese dell’interno
– nel Sassarese – un milione di euro. Se si considera solo la marijuana ai
primi posti ci sono ancora una volta non città ma centri più piccoli: Macomer,
Ozieri e Desulo, con sequestri di droga e denaro pari rispettivamente a
4milioni e cento mila, due milioni e mezzo e un milione di euro. Da questo si
può intuire quanto le stime non siano complete e ricalchino sequestri e
ritrovamenti che possono essere pure casuali e sbilanciare – viste le macro
dimensioni delle piantagioni – le statistiche. L’altra sorpresa riguarda Oristano, considerata la città più tranquilla d’Italia, con
il minor numero di reati secondo il bilancio sulla criminalità stilato
da Il Sole 24 Ore su dati del ministero dell’Interno
(1.768,6 ogni centomila abitanti) con un recente calo dell’11,8 per cento.
Ebbene, nelle strade della città della giudicessa Eleonora d’Arborea nel 2017
le auto bruciate solo aumentate dell’85,7%, con un danno di circa 2,14 euro a
persona. L’indizio di un fenomeno? “Non si può affermare, se non con serie
storiche più lunghe e complete – dice Ladu -. Si può trattare di episodi concentrati
in poche notti, di certo – al di là della preoccupazione dei sindaci – le forze
dell’ordine affermano che dietro le auto bruciate o distrutte non c’è la
criminalità organizzati ma banali motivi personali”. Di diversa matrice, e ad
alto rischio, sono invece le rapine di un certo livello, come gli assalti ai
portavalori e ai caveu con bottini milionari – clamoroso il caso di Sassari – e
la produzione e il confezionamento di sostanze stupefacenti, tra tutte appunto
la cannabis. E spunta in alcuni casi la complementarietà tra i due tipi di
reato: il primo serve a procurare fondi da investire in sistemi di coltivazione
sofisticati e per il pagamento della cosiddetta ‘manovalanza’ poco qualificata.
A chi siano collegate le menti – e quali siano i reali mercati – dei nuovi
business in Sardegna è la nuova sfida per gli investigatori.
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