Da direttore del servizio comunale Verde pubblico di Milano si vantava d’aver
fatto respirare nuovamente la città mettendo a dimora 70mila nuovi alberelli e
realizzando 2 milioni di metri quadri di nuove aree verdi. Ad Arzachena invece, meta
prediletta per le vacanze estive, la stessa funzionaria costruiva “un fabbricato unifamiliare” in
zona vincolata, oltre a trasformare un garage in “locale abitabile”. Il tutto senza autorizzazioni. Spietata la reazione
dell’ufficio comunale per la tutela del paesaggio, interrogato per sanare l’abuso: la colata di cemento? “Nessun
danno ai beni tutelati”. Nel caso di Arzachena: l’intero
territorio comunale. “Paghi una sanzione di 2.800 euro per l’immobile e 330 per il garage-abitazione e
per noi è tutto risolto”, tagliano corto in municipio. Un bell’affare, in una
zona dove gli immobili sono valutati in media 6.500 euro al metro quadro: fatti due conti,
un profitto che fa concorrenza ai Bitcoin dei bei tempi. Peccato che l’autorizzazione paesaggistica ‘in sanatoria’
– ovvero dopo aver realizzato gli interventi – non può essere concessa né per nuove
superfici, né per nuovi volumi. Lo dice la legge. Che in molti Comuni
dell’Isola interpretano forse in maniera un poco lasca.
Si potrebbe pensare ad un caso isolato. E invece no. A
scorrere la lista infinita delle autorizzazioni e delle sanatorie concesse dal
2012 a oggi dall’ufficio Tutela del paesaggio della Regione e dai
singoli Comuni delegati
– a occhio e croce circa 15mila pratiche – c’è da rimanere esterrefatti, tanto che
il caso della funzionaria meneghina pare una quisquilia.
Un’anticipazione: tra le carte
compare anche Luigi Del Fabbro, che
per conto di Mediolanum SpA chiede quindici accertamenti paesaggistici in
sanatoria, per altrettanti interventi sugli immobili che
la banca di Ennio Doris e Silvio Berlusconi possiede
a due passi dal mare di Cala del Faro, a Porto Rotondo. Spicca il
placet richiesto per “l’ampliamento” di un fabbricato “con modifiche interne ed esterne”, chiaramente
in ambito vincolato. Gli uffici comunali non battono ciglio: 583 euro e il problema è
risolto.
Di nomi illustri, come si
vedrà nei prossimi giorni, i documenti sono zeppi: politici di primissimo
piano, personaggi dello sport e dello spettacolo, magnati e capitani
d’industria che in Sardegna hanno trovato il paradiso del mattone (e spesso dell’abuso) a costo zero. Come un
noto imprenditore, in questo caso isolano doc, che dalla Regione ha ottenuto
una decina di nullaosta per altrettanti interventi realizzati nel suo albergo di lusso in riva al mare, sulla
scorta del condono Berlusconi del 2003, che però non ammette sanatorie per
nuovi volumi in ambito vincolato, come in questo caso: in Regione non se ne
sono accorti. Tutto sanato ex post, come gli scantinati che si trasformano in abitazioni col
benestare degli uffici comunali e a volte con esiti tragici, si veda alla voce alluvioni.
E se non si è trattato di
condoni e sanatorie, nel 2009 a soccorrere gli amanti del cemento castrati dal Piano paesaggistico regionale sono
arrivati il governatore Ugo Cappellacci e l’assessore all’Urbanistica Gabriele Asunis,padri nobili
del Piano casa. Al
grido di “liberi tutti”, il colpo di
spugna permetteva di ignorare gli indici massimi di
edificabilità e le normative regionali, a
partire proprio dal Ppr. Cosa puntualmente avvenuta, con le colate di cemento anche entro i 300 metri dal
mare – possibilità cassata dalla giunta Pigliaru in sede
di proroga – e perfino nel bel mezzo di un parco nazionale, come si vedrà nei prossimi
giorni. Tra i fan del Piano casa: Silvio Berlusconi con Villa Certosa,l’immobiliarista
ed editore Sergio Zuncheddu con l’ampliamento
dell’hotel di lusso Abi d’Oru nello
splendido golfo di
Marinella, una nutrita schiera di oligarchi russi innamorati
della Costa Smeralda e degli ampliamenti volumetrici.
In definitiva il Piano casa ha
fatto da cavallo di Troia per bypassare con nonchalance ogni norma, prima
di stramazzare miseramente al
suolo nel 2016, quando la Corte Costituzionale ha sancito che quelle
“deroghe” non erano propriamente
costituzionali. Ad esempio, non potevano scavalcare il
Ppr. Peccato che dall’approvazione del Piano
Casa al pronunciamento della Consulta siano trascorsi sette anni e
gli uffici della Regione abbiano accordato, durante quel periodo, una valanga di autorizzazioni senza colpo ferire. E
spesso saltando un passaggio obbligato: la richiesta del parere vincolante della Soprintendenza ai Beni
architettonici e paesaggistici. Anche per questo associazioni ambientaliste
come il Gruppo di intervento giuridico hanno
segnalato tutto alla Procura
di Cagliari. E lo stesso ha fatto, come risulta a Sardinia Post, un solerte
funzionario della Regione Sardegna, che oltre a interessare la magistratura, ha
informato anche l’Anac, l’Autorità
nazionale anticorruzione e il Corpo forestale dello Stato.
Il quadro complessivo fa tremare i polsi. Ne
daremo conto nei prossimi giorni, con nomi e cognomi.
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