Discutendo
ancora di glifosato e delle contraddizioni di Repubblica e della Ue con alcune
indicazioni per la dieta dei molti colori
Per
iniziare un breve riassunto. Il 27 novembre l’UE ha deciso il rinnovo per altri
5 anni dell’autorizzazione per l’utilizzo del glifosato. È l’ingrediente
chimico alla base dei pesticidi sintetizzato nel 1950 da Henry Martin
dell’industria farmaceutica svizzera Cilag e ripreso nel 1974 dai laboratori
della multinazionale agrochimica statunitense Monsanto che lo brevetta come
erbicida con il prodotto ROUNDUP.
Nel
2001 la licenza scade e un centinaio di produttori entrano nel business,
verificandosi una esponenziale diffusione globale del diserbante che raggiunge
un attuale impiego intorno alle 900.000 tonnellate all’anno. Di basso costo e
di facile utilizzo, è considerato un efficiente killer che in dieci giorni
elimina radicalmente le erbe infestanti nelle coltivazioni agricole,
giardinaggio e manutenzione del verde, ma con disastrosi effetti sull’ambiente
e sulla salute umana.
L’Italia
ne ha limitato l’uso in agricoltura e lo ha vietato in determinate zone vicine
ai centri abitati; ha votato contro il rinnovo “europeo” insieme ad altri 8
Paesi (il Portogallo si è astenuto) mentre 18 Stati si sono espressi a favore.
Il voto determinate è stato quello della Germania che, nonostante sia uno dei
territori più green dell’UE, ha scelto l’interesse economico e industriale,
anziché della precauzione ambientale, ricevendo il ringraziamento del colosso
farmaceutico tedesco Bayer che a settembre 2017 ha siglato un accordo di
acquisizione per 66 miliardi di dollari della Monsanto e per altri 5 anni il
diserbante (prodotto di punta) darà enormi profitti agli azionisti: in entrambe
investono le spietate istituzioni finanziarie Vanguard Group, Blackrock e State
Street.
L’1
dicembre 2017 sul cartaceo (e non online) di «Repubblica»
(*) – nella sezione “Commenti” – esce l’articolo «Gli equivoci sul glifosato»
della farmacologa e senatrice a vita Elena Cattaneo, in doppia veste di
scienziata e politica, che difende a spada tratta l’erbicida.
Come
l’Ue, la Cattaneo sminuisce il parere dell’Agenzia internazionale per la
ricerca sul cancro (IARC) che nel 2015, in seguito a un’analisi indipendente,
ha definito il glifosato un genetossico capace di danneggiare il dna con
conseguenze cancerogene per gli animali e probabilmente per gli esseri umani,
che potrebbero rischiare il linfoma tumorale non-Hodgkin. Viceversa la Cattaneo
fonda le sue convinzioni sull’improbabile cancerogenicità dichiarata
dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare EFSA che ha però valutato
l’erbicida sui dati ricevuti dalla stessa Monsanto e addirittura copiandone
intere parti, come scoperto dai “Monsanto
Papers” e dalle inchieste del quotidiano francese «Le Monde», con un brutto caso di informazione manipolata (**).
Spara a zero sul biologico e sulla sua irrealizzabilità per il futuro
dell’agricoltura, in cui vede invece l’uso di piante migliorate geneticamente:
«[…] i prodotti bio nella grande distribuzione – scrive Cattaneo – presentano
un ingiustificato ricarico di prezzo, non differendo in qualità al consumo
rispetto ai corrispettivi non biologici; non solo perché le procedure del
biologico su larga scala sono piene di deroghe e truffe. Ma soprattutto perché
con tali procedure si produce pochissimo, consumando il 40% di suolo in più
degli altri modelli di agricoltura».
A
tali affermazioni ribatte dopo qualche giorno l’Associazione Italiana Medici
per l’Ambiente (ISDE) con una nota ufficiale nelle pagine web della rivista
ecologista «Terra Nuova» dove fra l’altro si
legge: «[…] Il commento a firma di Elena Cattaneo elenca una serie di
pregiudizi e di semplici opinioni sugli effetti sanitari e ambientali
dell’erbicida più diffuso al mondo che non coincidono nel modo più assoluto con
le conoscenze attualmente disponibili; il tutto, accompagnato da un concentrato
di nozioni sull’agricoltura sostenibile (biologica e biodinamica) che lascia
francamente sconcertati. L’innovazione del futuro, sostiene l’autrice,
coinciderebbe con l’impiego universale di OGM, capaci di risolvere in un colpo
solo la moltitudine di temibili sfide con cui l’agricoltura dovrà fare i conti,
dal cambiamento climatico all’erosione della biodiversità, fino alla piaga
della denutrizione e chissà cos’altro ancora. […] È evidente che l’eventuale
eliminazione del glifosato dal mercato globale dei pesticidi spingerebbe
l’industria a sostituirlo con altri prodotti, sulla carta anche più tossici
dell’originale. Ma il nodo della questione è proprio questo: il bando del
glifosato dovrebbe rappresentare un primo passo verso la progressiva rimozione
dei veleni di sintesi dalle pratiche agricole e zootecniche, così come da ogni
altro settore in cui i parassiti possono essere controllati con metodi
alternativi, non tossici e meno costosi. […] Poiché nessuno dubita – prosegue
ISDE – della buona fede con cui è stato scritto il commento, c’è da dubitare
della reale conoscenza degli argomenti cruciali che in esso vengono trattati,
sui quali la senatrice-farmacologa continua a dispensare opinioni personali e
ricette risolutive del tutto infondate».
Che
la GDO – cioè la grande distribuzione organizzata – rincari in modo
sproporzionato il biologico è verissimo: un cavolfiore di Alce Nero costa 3,99
al kg e mezzo chilo di pasta secca della stessa marca più di € 2 anzi fino a €
4,10 per quella integrale al kamut. Ci sono però numerosi altri prodotti
biologici a prezzi più bassi – è sempre importante leggere l’etichetta per una
migliore scelta – e hanno sicuramente un’elevata qualità di odore, sapore e
nutrimento rispetto al non-bio.
Che
i prodotti bio siano salutari lo dice pure – con un eccesso di trionfalismo? –
l’articolo di Antonio Canciullo «I pesticidi? Anche nelle urine. Ma con la
dieta bio spariscono» riportato il 30 novembre 2017 sul sito internet (e non
sul cartaceo) nella sezione “salute” di «La
Repubblica» con la notizia di un test fatto su una famiglia (genitori
quarantenni e figli piccoli) a dimostrare che attraverso la dieta un’alta
percentuale di pesticidi – tra cui il glifosato (che troviamo in moltissimi
alimenti) – è assorbito dal corpo umano ma dopo 15 giorni di biologico gli
inquinanti chimici scompaiono (o dsembrano scomparire) quasi del tutto.
Ma
che fa «Repubblica»? Perché inserisce solo
online la notizia contro il glifosato e l’indomani solo sul cartaceo quella a
favore? Cerca di raggiungere due diversi target di lettori? Magari vuole
tastarne lo spirito critico? O si rivolge alle multinazionali per
tranquillizzarle che non si metterebbe mai totalmente contro di loro e possono
continuare a farsi pubblicità sul quotidiano? Sarà utile ricordare che il costo
degli “spot” sulla carta è molto più alto rispetto al web. Chissà. Ne
potrebbero fare un corso di formazione continua per giornalisti con il titolo
«Contraddizioni nelle testate giornalistiche tra web e carta».
Tornando
al pesticida, il cibo infettato e geneticamente modificato lasciamolo alla
senatrice: io la vedo uguale alla donna nella vignetta qui sopra di Joe Dator
del «The New Yorker» che al supermercato
davanti al banco ortofrutta chiede alla commessa: «qual è il mais geneticamente
modificato?» e spunta una pannocchia sorridente che alza la manina come per
dire sono qui, comprami e mangiami.
Al
contrario è la dieta “arcobaleno” – o se preferite dei molti colori naturali –
con frutta e verdura biologica, di stagione e il più possibile a km0 che fa
bene, abbassando del 30% circa il rischio di malattie (anche gravi).
Partiamo
dal rosso con pomodoro,
ravanello, anguria, ciliegia, fragola, arancia, barbabietola: contengono
licopene che, agendo in maniera antiossidante, riduce le patologie
cardiovascolari e combatte i tumori al seno o alle ovaie nelle donne, alla
prostata negli uomini. In particolare, il pomodoro è pieno di questa sostanza; l’anguria
con la sua acqua (93,5%) è ricca di enzimi che idratano e depurano; le ciliegie
contengono fibre contro la stitichezza e le emorroidi; la fragola, con
un’elevata presenza di vitamina C e sali minerali, oltre alle sue proprietà
ipotensive, antiaterosclerotiche e diuretiche, cura la tosse, rinforza le
gengive e protegge dalle scottature solari.
I
colori giallo e arancio con
carote, albicocche, kaki, peperoni, zucche, meloni, arance e limoni che
includono vitamina C, flavonoidi e betacarotene per proteggersi dai tumori,
prevenire l’invecchiamento cellulare e tutelare la vista. I caroteni e la
vitamina A della zucca migliorano la funzionalità polmonare; l’arancia è
nutritiva, tonica, disintossicante e antinfiammatoria; l’albicocca è
anti-aging, in quanto frutto della longevità.
Nel verde ci sono broccoli, cavoli,
bietole, spinaci, cime di rape, rucola e insalate, che con la clorofilla e il
magnesio purificano il sangue, tonificano il cuore, neutralizzano le tossine,
regolano la pressione dei vasi sanguigni e il tasso di colesterolo. Il cavolo
pone rimedio a tosse, raffreddore, ulcera gastrica e depressione; il cuore del
carciofo è un buon regolatore dell’apparato circolatorio.
Il
colore viola include melanzane,
radicchio, frutti di bosco, mirtilli, uva rossa, prugne e fichi. Pieni di fibra
e antiossidanti prevengono l’aterosclerosi, ictus, patologie
neuro-degenerative, curano gambe gonfie o vene varicose e proteggono
l’intestino. La melanzana, mangiata con la buccia, è indicata per le
insufficienze cardiache, abbassa il colesterolo, favorisce la digestione,
difende il fegato e le sue foglie preparate in impacchi sollevano da scottature
o ascessi; l’uva è un concentrato di vitamine, depura la pelle, fortifica i
capelli, rinforza i muscoli e un grappolo al giorno è consigliato per donne in
gravidanza o bambini in crescita.
Il
colore bianco racchiude aglio,
cavolfiore, finocchi, funghi, mele e pere composti da solforati, flavonoidi,
selenio, potassio per combattere l’invecchiamento cellulare, fluidificare il sangue,
rafforzare il tessuto osseo e i polmoni. L’acido folico del cavolfiore previene
il rischio della spina bifida del nascituro; una mela dopo cena protegge le
gengive, sbianca i denti, regola l’intestino e previene l’invecchiamento della
pelle. La pera aiuta a perdere peso, riduce il rischio di tumore del colon,
regola l’intestino ed è suggerita per la terza età o nell’alimentazione
infantile. E teniamo a mente Pinocchio che da capriccioso mangiò solo la polpa
della pera, ma poi per gran fame ingerì buccia e torsolo. «Ora sì che sto
bene!» disse il burattino e Geppetto rispose: «vedi dunque che avevo ragione io
quando ti dicevo che non bisogna avvezzarsi né troppo sofistici né troppo
delicati di palato. Caro mio, non si sa mai quel che ci può capitare in questo
mondo. I casi son tanti!!…». Tanti, forse troppi e contraddittori: fra
inquinamento, disinformazione e inconsapevolezza.
(*)
vedi Pesticidi e bio, che bella coppia dove si auspicava che fosse una “prima puntata” perciò
considerate questa la seconda.
(**)
cfr Monsanto: l’inchiesta di Le Monde e Monsanto: l’inchiesta di Le Monde/2 ma
di glifosato ovviamente abbiamo scritto in altre occasioni.
da qui
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