In un solo anno 2,1 miliardi di euro bruciati in Sardegna nel gioco d’azzardo. È
il dato drammatico che emerge dal report 2016 dei Monopoli che il Movimento 5 Stelle ha
ottenuto nell’ambito della campagna trasparenza promossa insieme alle
associazioni No-Slot. Risorse che alimentano un settore poco produttivo ed
escono dall’economia reale, danneggiando il commercio e l’indotto di piccole
imprese virtuose. Nell’Isola, in pratica, si registra nel segmento dell’azzardo
una spesa pro capite per famiglia
pari a 2.968 euro l’anno, 247 euro mensili, contro un
esborso in alimentari di 2.128 euro l’anno e di 177 euro al mese. “Cifre da allarme rosso”,
denunciano gli esponenti pentastellati.
“L’azzardo è un problema di
tutti, non solo di chi tenta la sorte – sottolineano le parlamentari Manuela Serra e Manuela Corda -. Pensate
solo cosa sarebbe potuta essere la Sardegna se anche una parte di quei 2,1
miliardi di euro fosse utilizzata per rilanciare l’economia reale, in consumi
nel piccolo commercio e l’indotto invece di finire in slot e altro,
disperdendosi in un circolo vizioso da cui quelle risorse non tornano più
indietro”.
Ma ci sono anche casi virtuosi. “Occorre
una normativa regionale stringente con regolamentazioni degli orari e dai
luoghi sensibili. E lo stesso devono farlo tutti i Comuni, come Porto Torres, che sta varando un regolamento
per limitare gli orari”, ricordano le due esponenti del
M5s. “Non ingannino le cosiddette ‘vincite’ – avvertono Serra e Corda – gran
parte di quanto ‘vinto’ rientra come un cane che si morde la coda sempre nello
stesso circolo. Chi ‘vince’ quasi sempre rigetta subito in azzardo le somme
illudendosi di poter sbancare. A questo vanno poi aggiunti i costi
socio-sanitari, la mancata Iva sui consumi per beni di consumo”.
Dai dati dei Monopoli usciti
disaggregati sui Comuni emerge che gli incassi all’erario sono solo poco più
del 10% del giocato. A questo allarmante quadro si aggiunge il flusso di denaro
che viene ripulito dalle mafie anche nelle slot online, formalmente legali, che
poi si scopre sempre più spesso legate a società vicine alla ‘ndrangheta o alla
camorra.
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