Un articolo del sito ufficiale della CNA (Confederazione Artigiani e
Imprenditori d’Italia) di questa mattina esordisce così: “Siamo preoccupati dalle
conseguenze che l’introduzione dei dazi americani potrebbe determinare sul nostro
sistema produttivo e in particolare su artigiani, micro e piccole imprese
italiane, sempre più internazionalizzati”. Per poi proseguire: “Speriamo perciò
in una rapida mossa del governo italiano nell’ambito della sua
autonoma ‘business diplomacy’ nonché in una maggiore ragionevolezza del
presidente Donald Trump e del suo staff”. Da responsabile del Mezzogiorno della
Cna però non la penso esattamente così. E vi spiego perché.
Quando il
saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito
Perché soffermarsi solo sulla politica dei dazi che il governo Trump vuole
attuare in America senza fare autocritica rispetto al nostro
sistema-mercato europeo? La politica delle certificazioni rappresenta oggi una
vera e propria gabbia burocratica per le piccole imprese europee, la politica
della CE, obbliga anche le piccole imprese a dotarsi delle certificazioni più
svariate, da quella linguistica a quella delle competenze informatiche, a
quella sulla cybersicurezza, pur di rimanere ancorati al cosiddetto “mercato
europeo”, insieme all’eccessiva quantità di regolamentazioni rischiano di
avvelenare la vita delle piccole imprese artigiane.
Guardare al futuro economico dell’Europa vuol dire avere una visione e
costruire un indirizzo preciso, guardare il dazio che è solo una strategia
economica di un paese, quando internamente abbiamo regole e leggi che limitano
dall’interno le piccole imprese italiane ed europee, sono queste le
vere politiche andrebbero abbattute e che distruggono l’impresa
stessa.
Non possiamo lamentarci degli altri quando tutto quello che fa l’Europa
distrugge la piccola impresa, le peculiarità identitarie di un
territorio, delle piccole comunità. Bisognerebbe proteggere e valorizzare
saperi secolari, oggetti e tecnologie, che abbiamo solo noi e che tutto il
mondo ci invidia. Noi piuttosto che salvaguardare tutto questo tendiamo a
distruggerlo, a standardizzare tutti i prodotti. Le multinazionali sono le
uniche che in Europa trovano terreno fertile, le piccole imprese di artigianato
di pregio sono sempre ostacolate e mai avvantaggiate seriamente.
Abbiamo un sistema di certificazioni così complicato e farraginoso che
per esempio all‘Assemblea Regionale Siciliana per l’aggiudicazione
dell’appalto delle divise vengono accettate solo le imprese meglio certificate,
in genere aziende dalle grandissime dimensioni, mentre vengono escluse tutte le
aziende piccole, magari locali, magari con un prodotto qualitativamente
migliore. Insomma vince la certificazione sulla qualità del prodotto. Tutto
questo è inaccettabile per un sistema economico come il nostro, composto per il
99% da piccole e medie imprese e che di questo 99% il 95% è rappresentato dalle
piccole imprese e il restante 95% dal sistema delle microimprese.
I Paesi si sviluppano economicamente laddove si sviluppa il settore
manifatturiero, che porta con sé conoscenze e know-how, le imprese piccole sono
l’anticamera dello sviluppo di un’impresa. In Europa abbiamo distrutto questo
settore e non salvaguardiamo quello che rimane.
Quali
contromisure dovrebbe attuare l’Ue
L’Europa stessa dovrebbe attuare una politica di dazi doganali,
non è solo protezionismo ma è qualcosa che impreziosisce il mercato, oggi
l’Europa è aperta al peggio: merce cinese del sudest asiatico. I dazi non
servono per creare l’autarchia ma per impreziosire il mercato.
Per chi produce artigianato artistico, ricoprendo micro nicchie
di mercato, il dazio non è un problema, anzi impreziosisce i prodotti. L’Europa
non protegge il proprio mercato e non protegge chi produce qualità, l’Europa va
verso l’appiattimento. Se avessimo dovuto seguire le direttive
europee non avremmo più dovuto produrre ricotta, perché non pastorizzata,
quindi piuttosto che salvaguardare le produzioni che ci hanno fatto grandi nel
mondo, andiamo verso l’appiattimento del mercato.
Quando gli artigiani italiani devono spedire all’estero è
richiesta una quantità di certificazioni incredibile come se stessero
esportando un carrarmato, abbiamo mille cavilli, lacci e laccetti che
rallentano l’esportazione della nostra merce, come se il paese non volesse fare
uscire i prodotti. Non possiamo lamentarci dei sistemi altrui quando la nostra
politica è un cavillo e rallenta piuttosto che sostenere le
imprese artigiane.
Il dazio in America lo pagherà il consumatore straniero e
i nostri prodotti non ne risentiranno, è più una strategia comunicativa che
altro. I prodotti italiani continueranno ad essere venduti e chi li consumerà
pagherà di più, ma fa parte del gioco. Come sartoria Crimi da anni studiamo le
aree geografiche in cui conviene rivolgerci, ma questo è il gioco delle
imprese, altrimenti si fa gli impiegati statali.
Bisogna spingere l’Europa ad avviare una politica commerciale
seria.
*Sarto e rappresentante per il Mezzogiorno della CNA
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