venerdì 6 settembre 2019

Amazzonia: “Il bradipo, le fiamme e noi” - Marinella Correggia


E’ fatta di singoli animali in carne ossa e sofferenza la ricca biodiversità nella foresta amazzonica e negli altri polmoni verdi in fiamme. Esseri viventi che a milioni incontrano una morte orribile, chi ardendo fra le lingue di fuoco, chi agonizzando a lungo, chi soffocando per il fumo – a causa del quale gli stessi uccelli spesso non sono in grado di salvarsi volando via.
E’ un bradipo il filo conduttore dell’articolo «El perezoso y la huguera» nel quale l’ambientalista boliviano Pablo Solon, anni fa rappresentante per il suo paese ai negoziati per il clima, denuncia gli interessi economici alla radice di una moderna inquisizione contro la Terra e i suoi abitanti. In Amazzonia i roghi stanno uccidendo alberi e animali, oltre a minacciare gli abitanti umani e il clima.
Il bradipo ha una faccia come sorridente, pelosa. E’ il mammifero più lento al mondo, il contrario dei predatori e infatti vive di foglie, germogli, ramoscelli e frutti. Solitario, sempre appeso agli alberi, longevo; se non viene catturato da un predatore può vivere fino a 30-40 anni. Ma l’incendio non lascia scampo né a lui né agli immobili alberi. Spiega Solon: quando, fra i rami che sono la sua casa, viene svegliato da un tizzone che gli brucia il pelo, gemendo sale piano piano con le sue unghione verso la cima dell’albero. Ma tutto l’orizzonte è in fiamme. Difficile che il bradipo, e la vecchia grande creatura vegetale che lo sostiene, possano resistere fino alla pioggia.
Invano per decenni tanti hanno provato a denunciare il collegamento fra la devastazione della foresta amazzonica e il modello alimentare a forte componente animale tuttora imperante non solo in Europa e Nordamerica. Si chiama «ettaraggio fantasma» questo fenomeno: non avendo abbastanza terre per nutrire gli allevamenti intensivi nostrani, e non producendo abbastanza carne a basso costo per soddisfare le abitudini alimentari della popolazione, l’Europa utilizza colture foraggere e pascoli ricavati nelle foreste d’altri.
Adesso per la prima volta anche il grande pubblico occidentale appare finalmente addolorato per l’immenso rogo, come mai prima. Ma bando all’impotenza: coerenza e efficacia richiedono un cambiamento drastico a livello di palato. E per favorirlo, si imporrebbero scelte politico-economiche: senza l’importazione di mangimi per gli allevamenti intensivi nostrani, e di milioni di polli gonfiati a soia e antibiotici, l’Italia e l’Europa potrebbero permettersi solo un consumo molto limitato di carne e prodotti animali.

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