Il livello
di civiltà di un Paese si misura anche e soprattutto con
l’attenzione con cui cura e difende il proprio ambiente, la propria salute
pubblica, i propri beni culturali. Grandi patrimoni come l’ambiente e
la cultura sono
anche grandi risorse economiche per la nostra Italia, impossibile da
dimenticare.
L’Italia,
grazie al Governo Renzi, ha fatto recentemente un imbarazzante passo indietro,
dalle conseguenze potenzialmente disastrose.
Infatti, il
28 luglio 2016 è entrato in vigore, nel silenzio generale, il decreto
legislativo 30 giugno 2016, n. 127 “Norme per il riordino
della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione
dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124”, che ha radicalmente
modificato in negativo le disposizioni inerenti la conferenza di servizi.
Com’è noto,
nelle conferenze di
servizi vengono convocate le varie amministrazioni pubbliche
competenti per l’esame, l’espressione di pareri e la decisione sulle attività
amministrative più disparate (es. opere pubbliche, rilascio di autorizzazioni,
ecc.). In precedenza,
in caso di “motivato dissenso … espresso da un’amministrazione preposta alla
tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico
o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la decisione” veniva “rimessa
dall’amministrazione procedente, entro dieci giorni: a) al Consiglio dei
ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali; b) alla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano … in caso di dissenso tra un’amministrazione statale
e una regionale o tra più amministrazioni regionali; c) alla Conferenza
unificata … in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un
ente locale o tra più enti locali”.
Insomma,
quando le amministrazioni pubbliche preposte alla difesa di interessi
ambientali, sanitari o culturali esprimevano il loro parere contrario, la
decisione veniva rimessa all’esame collegiale del Consiglio dei Ministri o della
Conferenza Stato-Regioni-Province autonome.
Oggi non è
più così.
Il nuovo art.
14 quater della legge n. 241/1990 e successive modifiche e
integrazioni (s.m.i.) prevede decisioni a maggioranza semplice delle
amministrazioni pubbliche partecipanti. Le “amministrazioni preposte
alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla
tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini”dissenzienti
rispetto alla decisione finale della conferenza di servizi possono solo
proporre formale opposizione al Presidente del Consiglio dei Ministri, con atto
del Ministro competente, “entro 10 giorni dalla … comunicazione … a
condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso
prima della conclusione dei lavori della conferenza” (art. 14 quinques della
legge n. 241/1990 e s.m.i.).
A quel punto,
il Presidente del Consiglio convoca le varie amministrazioni competenti per
raggiungere un’intesa: qualora non sia raggiunta, se ne occuperà il Consiglio
dei Ministri che decide definitivamente. A maggioranza, ovviamente.
La nuova
formulazione del testo normativo apre la strada potenzialmente a infiniti
piccoli e grandi scempi ambientali e culturali: basta che entro dieci giorni
dalla comunicazione formale della decisione assunta in conferenza di servizi
non riesca a intervenire l’atto ministeriale di opposizione e lo “scempio a
maggioranza” sarà legittimo ed esecutivo.
Per capirci,
a questo punto anche un Mc Donald’s dentro il Colosseo non è più una follìa
inconcepibile. Il sonno della ragione genera mostri.
Nessun commento:
Posta un commento