Gli studi mostrano chiaramente che all’aumentare della spesa sociale (istruzione, supporto al reddito, assistenza nutrizionale, servizi abitativi, etc) diminuiscono gli obesi, gli asmatici, gli affetti da disagio mentale, le persone con limitazioni funzionali. Diminuisce anche la mortalità per infarto miocardico acuto, tumore al polmone e diabete.
Per i pendolari dell’Interstate 95, la mega-Motorway che percorre tutta l’East Coast, e che in particolare collega New York a Boston attraversando 4 stati, la parola “Yale” sicuramente rimanderà al Pearl Harbor Memorial Bridge, il super-ponte che attraversa il fiume Quinnipiac sorvolando le (brutte) propaggini portuali della città di New Haven, Connecticut, e che dopo 4 anni di cantieri sarà definitivamente completato quest’anno con l’apertura della carreggiata autostradale nord.
Per tutti gli altri, Yale rimanda alla nota Università, che annovera tra i propri (molti) alunni celebri il premio Nobel per l’economia Paul Krugman, George W. Bush, l’affannata candidata alle primarie presidenziali democratiche Hillary Diane Rodham Clinton, il consorte Bill, a sua volta candidato ad essere il primo First Husband (o First Man… c’è un dibattito in corso) alla casa Bianca, nonché l’attrice pluripremiata agli Oscar™ Meryl Streep.
Per chi si occupa di politiche e statistiche sanitarie, da oggi, Yale potrebbe associarsi al nome di sette degli otto ricercatori (uno viene da Harvard) dello staff della professoressa di “Grand Strategy” e di Public Health Elisabeth H. Bradley, perché il lavoro che hanno pubblicato recentemente su Health Affairs dovrebbe essere oggetto di studio di molti.
L’articolo si chiama: “Variazioni negli esiti di salute: il ruolo della spesa in servizi sociali, salute pubblica e servizi sanitari, 2000-2009”[1], e dice, nella sostanza, che, nel periodo considerato, ad un maggiore rapporto tra la spesa sostenuta per interventi nei servizi sociali e per la sanità pubblica rispetto alla spesa sanitaria totale corrispondono migliori esiti di salute in termini di obesità, asma, salute mentale, assenza di limitazione funzionale, mortalità per tumore ai polmoni, per infarto miocardico acuto e diabete di tipo B.
Detta così, il risultato sembra interessante ma non rivoluzionario.
Eppure lo studio non è da sottovalutare, soprattutto in relazione al contesto in cui appare. Esiste infatti un’evidenza piuttosto estesa della relazione tra i determinanti sociali e gli esiti di salute, e diversi studi hanno messo in risalto i guadagni di salute associati agli interventi sui servizi sociali. A livello internazionale è stato evidenziato come i paesi con una maggiore spesa per servizi sociali in relazione a quella sanitaria avessero migliori esiti di salute. Ma tutte queste considerazioni escludevano gli Stati Uniti, dove solo tre indagini hanno affrontato il tema senza però considerare altri esiti che non la mortalità per tutte le cause.
Il motivo è di facile intuizione: già raccogliere dati finanziari e sanitari in 50 stati è complicato, figuriamoci quelli relativi ai servizi sociali!
Per come i sette di Yale (più uno di Harvard) hanno risolto il problema rimando alla lettura dell’articolo, dove vale la pena approfondire anche il tema della costruzione dei due modelli di analisi e la scelta delle variabili.
In sintesi, l’architettura del sistema si regge sulla pietra di volta costituita dal “rapporto di spesa tra sociale e sanitario”, ovvero, semplificando, il numero di dollari che ogni Stato ritiene di dover spendere nel sociale ogni 100 dollari di spesa sanitaria. Gli investimenti in servizi sociali selezionati dal modello sono quelli che riguardano l’istruzione (primaria, secondaria inferiore e superiore), il supporto al reddito, programmi di assistenza nutrizionale, i trasporti, l’ambiente, la pubblica sicurezza, i servizi abitativi e lo sviluppo delle comunità. Più che indicatori della spesa sociale quelli proposti sembrano indicatori di benessere di una comunità; in effetti alla base di queste scelte, oltre cha una solida letteratura scientifica c’è l’idea che se una comunità vive meglio, adotterà uno stile di vita più salutare.
Lo studio fa centro.
I risultati mostrano abbastanza chiaramente che, all’aumentare del rapporto di spesa tra sociale e sanitario, diminuiscono, tra gli adulti: gli obesi, gli asmatici, gli affetti da disagio mentale, le persone con limitazione funzionale.
In più, diminuisce la mortalità per: infarto miocardico acuto, tumore al polmone, diabete di tipo due e postneonatale.,,
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