“Herman pronunciò mentalmente l’elogio funebre della topolina che aveva diviso con lui un tratto della propria vita e che per colpa sua se n’era andata da questa terra.” “Che ne sanno di quelli come te gli studiosi, i filosofi, i leader di questo mondo? Si sono convinto che l’uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti; per gli animali Treblinka dura in eterno.”
Questo elogio è tratto dal racconto breve L’uomo che scriveva lettere di Isaac Bashevis Singer (1904-1991) premio Nobel per la letteratura 1978.
Olocausto, dal greco holòkauston, formato da hòlos (tutto) e kàiein (bruciare), è una parola che dopo la Seconda Guerra Mondiale ha assunto un significato molto profondo non solo per gli ebrei ma per tutta l’umanità. Rappresenta lo sterminio da parte dei nazisti di quasi 6 milioni di ebrei nei campi di concentramento di Auschwitz, Birkenau, Dachau, Buchenwald, Mauthausen, Treblinka e numerosi altri sparsi in Europa. Soprattutto la tragedia dell’Olocausto deve essere ricordata come monito per tutte le generazioni future, affinché non dimentichino di che cosa è stato capace l’uomo. Il voler paragonare l’Olocausto compiuto in passato dai nazisti e l’Olocausto compiuto quotidianamente nei confronti dei miliardi di animali macellati, cacciati, pescati, torturati ogni anno, per molti potrebbe apparire come un’eresia.
Ma Singer era uno scrittore Yiddish, un ebreo proveniente da una famiglia ortodossa e anch’egli era fedele alle antiche tradizioni ebraiche. Eppure scrisse quello che abbiamo letto e molto altro ancora riguardo quella assurda razionalizzazione dello sterminio compiuto sugli altri animali per ogni futile bisogno umano, compreso il mangiar carne.
Anche se Singer non divenne definitivamente vegetariano che nel 1962, appare evidente il suo costante rifiuto della macellazione degli animali, in particolare della macellazione con rito ebraico, consistente nel recidere la carotide della gola per far dissanguare l’animale ancor vivo e sofferente.
Nel suo primo romanzo Satana e Goray scritto nel 1935 vi sono descritte delle raccapriccianti scene ambientate nel mattatoio con alcuni protagonisti nelle vesti dimacellatori rituali.
Queste scene di morte sono riportate anche nel suo più famoso romanzo dinasticoLa famiglia Moskat che gli è valso il Nobel per la letteratura. In particolare nel racconto Sangue, la protagonista principale è una ricca donna ebrea di nome Risha, che diventa di volta in volta adultera, macellaia, assassina e, alla fine della storia, diventa un lupo mannaro, come fosse una graduale, sanguinaria discesa negli inferi.
Ne Il macellatore Yoine Meir è un giovane rabbino che diventa suo malgrado un macellatore ossessionato dal suo lavoro dal momento che l’uccisione dell’animale: “gli causava lo stesso dolore che avrebbe provato se avesse tagliato la gola a se stesso”. Poi finirà per impazzire con la costante angoscia di essere inseguito da miriadi di animali insanguinati che gli spruzzano addosso fiele e bava e che lo portano ad imprecare: “Padre del Cielo, Tu sei il macellatore e l’angelo della morte! il mondo intero è un macello!”.
Quasi un’autobiografia è il romanzo Il penitente che narra la storia di Joseph Shapiro, un ebreo sfuggito dall’Olocausto che, in seguito trasferitosi a New York diventa un convinto vegetariano, tanto da affermare: “Più volte ho pensato che per quanto riguarda il suo comportamento verso gli animali, ogni uomo è nazista”. Sono poi numerosi i romanzi in cui Singer prende il preteso per scagliarsicontro la caccia, come in Lo schiavo o in Ombre sull’Hudson dove addirittura afferma: “Fino a quando le altre nazioni continueranno ad andare in chiesa al mattino e a caccia nel pomeriggio, resteranno bestie scatenate destinate a produrre altri Hitler e altre mostruosità”; e sulla pesca: “Non li sfiora neppure per un istante l’idea che esseri innocenti soffriranno e moriranno a causa di questo divertimento innocente”.
Il paragone con l’Olocausto Singer lo fa anche nel romanzo Nemici: Una storia d’amore in cui il personaggio di Herman Broder che ha perduto l’intera famiglia per mano dei nazisti quando viene portato dinanzi agli animali dello zoo vede gli occhi del leone che: “esprimevano la disperazione di colori ai quali non è concesso né di vivere né di morire… e il lupo che andava su e giù, girando nella sua stessa pazzia..Come gli ebrei, gli animali sono stati trascinati qui da tutte le parti del mondo, condannati all’isolamento e alla noia.. Un uccello girava la testa a destra e a sinistra come cercando il colpevole che lo aveva ingannato a questo mondo”.
Nel libro di Charles Patterson Un’eterna Treblinka di Editori Riuniti apprendiamo da fonti ben documentate anche l’antivivisezionismo di Singer: “Non potrò mai dimenticare le crudeltà perpetrate contro le creature di Dio nei macelli, con la caccia e nei vari laboratori scientifici”; e a proposito di coloro che difendono i diritti degli animali: “è un bene che esistano persone che esprimono una forte protesta contro l’uccisione e la tortura degli indifesi”.
Il libro riporta anche un’intervista rilasciata per un importante quotidiano nel 1964 in cui dice: “Lasciatemi aggiungere che sono vegetariano convinto. Forse vi interesserà sapere che, benché io non segua alcun dogma, questo è diventato il mio dogma”.
Quando qualcuno gli chiedeva se era vegetariano per motivi di salute, egli rispondeva sempre: “Sì, certo, per la salute degli animali”.
Questo elogio è tratto dal racconto breve L’uomo che scriveva lettere di Isaac Bashevis Singer (1904-1991) premio Nobel per la letteratura 1978.
Olocausto, dal greco holòkauston, formato da hòlos (tutto) e kàiein (bruciare), è una parola che dopo la Seconda Guerra Mondiale ha assunto un significato molto profondo non solo per gli ebrei ma per tutta l’umanità. Rappresenta lo sterminio da parte dei nazisti di quasi 6 milioni di ebrei nei campi di concentramento di Auschwitz, Birkenau, Dachau, Buchenwald, Mauthausen, Treblinka e numerosi altri sparsi in Europa. Soprattutto la tragedia dell’Olocausto deve essere ricordata come monito per tutte le generazioni future, affinché non dimentichino di che cosa è stato capace l’uomo. Il voler paragonare l’Olocausto compiuto in passato dai nazisti e l’Olocausto compiuto quotidianamente nei confronti dei miliardi di animali macellati, cacciati, pescati, torturati ogni anno, per molti potrebbe apparire come un’eresia.
Ma Singer era uno scrittore Yiddish, un ebreo proveniente da una famiglia ortodossa e anch’egli era fedele alle antiche tradizioni ebraiche. Eppure scrisse quello che abbiamo letto e molto altro ancora riguardo quella assurda razionalizzazione dello sterminio compiuto sugli altri animali per ogni futile bisogno umano, compreso il mangiar carne.
Anche se Singer non divenne definitivamente vegetariano che nel 1962, appare evidente il suo costante rifiuto della macellazione degli animali, in particolare della macellazione con rito ebraico, consistente nel recidere la carotide della gola per far dissanguare l’animale ancor vivo e sofferente.
Nel suo primo romanzo Satana e Goray scritto nel 1935 vi sono descritte delle raccapriccianti scene ambientate nel mattatoio con alcuni protagonisti nelle vesti dimacellatori rituali.
Queste scene di morte sono riportate anche nel suo più famoso romanzo dinasticoLa famiglia Moskat che gli è valso il Nobel per la letteratura. In particolare nel racconto Sangue, la protagonista principale è una ricca donna ebrea di nome Risha, che diventa di volta in volta adultera, macellaia, assassina e, alla fine della storia, diventa un lupo mannaro, come fosse una graduale, sanguinaria discesa negli inferi.
Ne Il macellatore Yoine Meir è un giovane rabbino che diventa suo malgrado un macellatore ossessionato dal suo lavoro dal momento che l’uccisione dell’animale: “gli causava lo stesso dolore che avrebbe provato se avesse tagliato la gola a se stesso”. Poi finirà per impazzire con la costante angoscia di essere inseguito da miriadi di animali insanguinati che gli spruzzano addosso fiele e bava e che lo portano ad imprecare: “Padre del Cielo, Tu sei il macellatore e l’angelo della morte! il mondo intero è un macello!”.
Quasi un’autobiografia è il romanzo Il penitente che narra la storia di Joseph Shapiro, un ebreo sfuggito dall’Olocausto che, in seguito trasferitosi a New York diventa un convinto vegetariano, tanto da affermare: “Più volte ho pensato che per quanto riguarda il suo comportamento verso gli animali, ogni uomo è nazista”. Sono poi numerosi i romanzi in cui Singer prende il preteso per scagliarsicontro la caccia, come in Lo schiavo o in Ombre sull’Hudson dove addirittura afferma: “Fino a quando le altre nazioni continueranno ad andare in chiesa al mattino e a caccia nel pomeriggio, resteranno bestie scatenate destinate a produrre altri Hitler e altre mostruosità”; e sulla pesca: “Non li sfiora neppure per un istante l’idea che esseri innocenti soffriranno e moriranno a causa di questo divertimento innocente”.
Il paragone con l’Olocausto Singer lo fa anche nel romanzo Nemici: Una storia d’amore in cui il personaggio di Herman Broder che ha perduto l’intera famiglia per mano dei nazisti quando viene portato dinanzi agli animali dello zoo vede gli occhi del leone che: “esprimevano la disperazione di colori ai quali non è concesso né di vivere né di morire… e il lupo che andava su e giù, girando nella sua stessa pazzia..Come gli ebrei, gli animali sono stati trascinati qui da tutte le parti del mondo, condannati all’isolamento e alla noia.. Un uccello girava la testa a destra e a sinistra come cercando il colpevole che lo aveva ingannato a questo mondo”.
Nel libro di Charles Patterson Un’eterna Treblinka di Editori Riuniti apprendiamo da fonti ben documentate anche l’antivivisezionismo di Singer: “Non potrò mai dimenticare le crudeltà perpetrate contro le creature di Dio nei macelli, con la caccia e nei vari laboratori scientifici”; e a proposito di coloro che difendono i diritti degli animali: “è un bene che esistano persone che esprimono una forte protesta contro l’uccisione e la tortura degli indifesi”.
Il libro riporta anche un’intervista rilasciata per un importante quotidiano nel 1964 in cui dice: “Lasciatemi aggiungere che sono vegetariano convinto. Forse vi interesserà sapere che, benché io non segua alcun dogma, questo è diventato il mio dogma”.
Quando qualcuno gli chiedeva se era vegetariano per motivi di salute, egli rispondeva sempre: “Sì, certo, per la salute degli animali”.
Massimo Comparotto - presidente OIPA Italia
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