Tratto
da Altreconomia 258 — Aprile 2023
“Dopo otto
anni di risparmi i cafetaleros delle comunità indigene del
Chiapas sono riusciti a realizzare un sogno: acquistare la maquilla,
che permetterà loro di gestire tutta la filiera del caffè: dal campo alla
tostatura”, racconta ad Altreconomia Walter Vassallo,
referente del progetto Tatawelo che nel novembre 2022 ha
festeggiato assieme ai produttori questo importante risultato durante una
visita in Messico alla cooperativa Yachil Xojobal Chu’lchan. “Quando ci hanno
chiesto di salire sul palco per raccontare il viaggio del loro caffè verso
l’Italia ci siamo sentiti piccolissimi -continua Walter-.Perché in questi anni
non abbiamo solo acquistato del caffè, ma sostenuto un’economia giusta ed equa.
Come dovrebbe essere normale”.
Sono ormai
passati vent’anni da quando un piccolo gruppo di persone appartenenti a varie
realtà dell’economia solidale e del commercio equo si è chiesto che cosa ci
fosse dietro il gesto quotidiano di bere una tazzina di caffè. Così nel 2003 ha
preso vita Tatawelo, con l’obiettivo di creare una filiera giusta per
commercializzare il prodotto della neonata cooperativa zapatista Ssit Lequil
Lum (“I frutti della Madre Terra”, in lingua tzeltal).
Nove anni
prima, nel 1994, l’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) era
insorto contro il governo messicano per chiedere riforme agrarie, sanitarie e
del sistema educativo a favore dei popoli indigeni. Allo stesso modo, nel 1999,
i membri di Yachil si erano organizzati per spezzare la dipendenza dai grandi proprietari
terrieri e rivendicare l’autonomia dei nativi. Da allora, i sacchi di juta di
Café Tatawelo raggiungono l’Italia anche grazie alla compartecipazione della
cooperativa LiberoMondo per poi essere tostati a
Diano d’Alba (CN) e distribuiti a oltre 200 soci tra 190 Gruppi di acquisto
solidale (Gas) e otto botteghe del commercio equo.
I principali
produttori sono le cooperative zapatiste Yachil e Yochin, che arrivano a
esportare in Europa fino a 300 tonnellate di caffè verde all’anno. La Yachil
Xojobal Chu’lchan (“Nuova luce nel cielo” in tzeltal) oggi conta
circa 800 membri in otto municipalità e basa la crescita della comunità sulla
coltivazione di caffè in agroecologia e certificato biologico Certimex. I suoi
prodotti vengono sia esportati all’estero, sia venduti sul mercato locale. La
commercializzazione in Italia avviene grazie a Tatawelo che distribuisce il
caffè attraverso una rete estremamente ramificata che comprende Gas,
cooperative, empori di comunità, food coop e botteghe del
mondo.Una filiera trasparente, dalla pianta alla tazzina.
Due pilastri
sostengono tutto il progetto. Il primo è il prefinanziamento, che consiste nel
pagare in anticipo il caffè ordinato alle cooperative chiapaneche, per fornire
loro le risorse finanziarie necessarie all’avvio della produzione. In questo
modo i contadini evitano lo strozzinaggio degli intermediari delle grandi
imprese, i “coyotes” locali. Il secondo pilastro è la quota progetto,
ovvero un contributo solidale fisso di 10 centesimi di euro a pacchetto che
viene utilizzato per finanziare iniziative nelle comunità. Grazie alle risorse
raccolte negli anni, Yachil ha potuto costruire una torrefazione per vendere i
propri prodotti sul mercato locale.
La macchina
per la torrefazione acquistata dalla cooperativa Yachil © Tatawelo
“Un’economia
solidale promuove soprattutto lo sviluppo delle comunità in loco -spiega
Vassallo mostrando le foto dell’ultimo macchinario acquistato dalla cooperativa
nel 2022, la maquilla-. Prima di questo investimento i produttori
dovevano affidarsi a terzi per far selezionare il caffè. E restavano presso gli
impianti per tre o quattro giorni, dormendo sui sacchi, per controllare che non
venissero rubati o sostituiti, essendo il loro un prodotto di alta qualità”.
Quest’anno
la campagna di prefinanziamento che solitamente si svolge nel mese di maggio, è
stata organizzata tra il 30 gennaio e l’8 marzo “poiché il cambiamento
climatico ha portato a un anticipo della maturazione delle bacche -spiega Dulce
Chan Cab, presidente di Tatawelo-. Parlando con i contadini, a novembre ci
hanno manifestato le difficoltà che stavano affrontando. Solo incontrando di
persona le comunità puoi comprendere le loro esigenze: è dalla relazione di
persona che nasce il confronto sulle problematiche economiche e sociali”.
Dal dialogo
nasce la mediazione, anche sul prezzo di vendita: “Frutto di una valutazione
complessiva fatta con i contadini in base ai loro costi di produzione, quelli
di trasporto e torrefazione”, spiega Vassallo. Quello finale è quindi un prezzo
trasparente: per ogni pacchetto di caffè il 42% va al produttore, il 16% copre
le spese di trasformazione, il 2% quelle di trasporto e il 24% la
distribuzione, oltre che per la quota progetto. Un meccanismo che traduce
concretamente il motto di Tatawelo: “Para todos todo”. Chi acquista in
prefinanziamento il caffè della cooperativa può scegliere tra diverse miscele:
la qualità arabica monorigine delle terre dei cafetaleros del
Chiapas e Guatemala e la robusta della Kagera cooperative union dalla Tanzania.
Mentre
scriviamo, a metà marzo, nonostante l’anticipo della campagna, la risposta
della rete di prefinanziatori sta arrivando. Tra questi c’è anche Fabrizio
Cuniberti, fondatore della cooperativa di commercio equo Ponte solidale di
Perugia, socia di Tatawelo e di Altreconomia. “Per noi Café
Tatawelo non è un prodotto, ma una storia che viene raccontata in ogni
pacchetto, una scommessa fatta insieme, un movimento di persone che hanno
scoperto il valore politico dietro i loro acquisti”.
Nessun commento:
Posta un commento