venerdì 5 gennaio 2018

Il pane non è una merce - Domenico Dalba


Domenica, ore 10, sole ammiccante che invita allo struscio sul corso, dominato dalla gigantesca statua di Eraclio, dove emise i primi vagiti e combinò le prime impertinenze, il pittore impressionista Giuseppe De Nittis. Un corteo di macchine, sbuffanti per le centinaia di chilometri percorse, imbocca la bretella della Statale 16 bis e plana, dopo la Caserma dei Vigili del Fuoco, davanti al panificio “Il Fornaio dei Mulini Vecchi” nella zona industriale di Barletta. Ne scende un nutrito gruppo di panificatori, provenienti dall’Abruzzo, dalla Campania e dalla Calabria. Volti sinceri, radiosi ed allegri, nelle cui rughe si nascondono le fatiche di una penosa vita di sacrifici e le profonde inquietudini per il futuro dell’azienda, dei consumatori, della propria persona, delle mogli e dei figli.
Va loro incontro festoso, a braccia spalancate con la spalla e la testa leggermente arretrate, Vincenzo Paolillo, viso bonario dall’immancabile velo di barba tendente al bianco che gli conferisce più anni di quelli che la sua carta di identità realmente segna. Non si contano abbracci, baci, pacche sulle spalle, battute a tutto spiano. Un’atmosfera di cordialità che riscalda i cuori di chi tiene in grande considerazione il valore dell’empatia e dell’ascolto attivo tra le persone.
A guidare la pacifica calata degli ospiti, è Vinceslao Ruccolo, proveniente dalle montagne dell’Abruzzo, vicepresidente Nazionale di Fiesa (Federazione Italiana Esercenti Specialisti dell’Alimentazione), che fa parte della Confesercenti. Da tanto tempo è alle prese con gli impasti, le lievitazioni e le infornate, dall’epoca in cui indossava calzoncini corti. Più di quaranta anni di tenace e faticoso lavoro gravano ora sulla sua groppa, che ne evidenzia alcuni di più, nonostante la sua bella presenza fisica e la simpatia che trasmette.
Tra l’abruzzese e il barlettano la scintilla dell’amicizia sincera era scoccata una ventina di anni fa in un convegno di categoria tenutosi a Bari. Da allora, i due si sono sentiti e confrontati a più riprese in incontri professionali, in occasioni conviviali, e il sodalizio amicale si è consolidato.
Vinceslao apprezza la professionalità di Vincenzo, acquisita presso l’Accademia della Panificazione di Verona e nell’esercizio trentennale. Ne ammira la generosità, testimoniata dai volti grati e sorridenti dei tanti che vanno a bussare alla porta del suo cuore. Rimane stupito della feconda attività artistica delle sue mani, dalle quali scaturiscono statue, realizzate con pasta ottenuta mescolando acqua, farina e lievito. Loda ai quattro venti l’ingegnosità e la lungimiranza imprenditoriale.
Da alcuni anni Vincenzo Paolillo si è dotato di un mulino a pietra, che gli permette di ottenere farine, fresche di giornata, capaci di generare pane, taralli, biscotti e pasta di alto livello nutrizionale, salutistico ed organolettico. Ad alimentarlo sua maestà, il sole.
Nei mulini a cilindri metallici, la parte vitale del grano, il germe, ricco di enzimi, sali minerali e vitamine viene sacrificato. Immondamente. Di conseguenza, le farine risultano depauperate delle loro vitali proprietà e delle caratteristiche organolettiche, colore, sapore, profumo, tocco, digeribilità.
Il grano viene acquistato direttamente dai piccoli produttori del territorio. Che amano la terra degli avi e se ne prendono cura, valorizzandola, per donarla ai figli. Partendo dalla convinzione dei Pellirosse americani che sulla Terra siamo solo inquilini.
I contraenti, galantuomini, generano con una semplice stretta di mano un patto economico ed etico che mette al centro dei propri orizzonti, la salute dei consumatori… la legalità, il lavoro dignitoso, il consumo consapevole, la solidarietà, il rispetto e valorizzazione dell’ambiente e garantisce congiuntamente un’equa remunerazione. Perché i valori non sono merci.
Si intravede, perciò, in forme pacate, in questa civile e lungimirante operazione, l’insubordinazione al ritmo, al conflitto ed all’ingordigia della disumanizzante competizione neoliberista mirante esclusivamente al mero profitto.
“Per noi, l’iniziativa imprenditoriale di Vincenzo Paolillo è un modello artigianale da esportare nelle proprie regioni ed in tutto il resto dell’Italia – dice il semplice e brillante Vinceslao – Siamo gente laboriosa ed umile, e non nutriamo sentimenti di gelosia, anzi siamo orgogliosi che il collega abbia aperto una prospettiva imprenditoriale nuova”. Aggiunge Vinceslao: “La Fiesa Confesercenti, ha aperto un tavolo di trattative con il governo per inserire la panificazione tra le attività usuranti. Perché? D’estate gli operatori crepano per il caldo che si genera all’interno del laboratorio ed all’aria aperta. D’inverno, il corpo viene stressato dal netto contrasto tra la temperatura dell’ambiente di lavoro e quella esterna. L’umidità e lo sfarfallio di farina penalizzano pesantemente la salute. Infine, alterato il ciclo sonno-veglia, per l’atavica tradizione di lavorare durante la notte, l’orologio biologico interno ne risente e si scatenano sfracelli nella fisiologia, nella psiche e nel comportamento”.
Pausa confortevole sotto il bellissimo gazebo dalle massicce panche di legno che invitano ad accomodarsi e a inebriarsi della fragranza agrumata di arance, mandarini e pompelmi. Abbandonando l’alienante e delirante frenesia quotidiana.
Riprende a parlare, il gentile orso d’Abruzzo: “Dall’infanzia i bambini devono essere educati a seguire una dieta corretta e bilanciata, assumendo prodotti nutrienti, gustosi e genuini. A casa ed a scuola. Perciò, è intento della Fiesa proporre al governo l’inserimento della tematica dell’alimentazione nei programmi scolastici”. Insomma, basta con l’obesità che affligge tre milioni di cittadini! Stop al sovrappeso, che mina la salute di sette milioni di consumatori. Alt alle malattie metaboliche, impennatesi paurosamente. Una boccata di ossigeno per il sistema sanitario nazionale!
Molte perplessità vengono manifestate nei confronti del Ceta, la diabolica intesa commerciale tra l’UE e il Canada. Che autorizza a introdurre in Italia grano abbeverato di agrotossici e seccato con il glifosato, pericoloso erbicida responsabile del cancro. Che danneggia l’economia del territorio. Che favorisce, per il basso prezzo, le grandi industrie molitorie e quelle della pasta.
Esistono, conclude Vinceslao, grani antichi ed autoctoni, come il farro, l’avena, l’orzo, le varietà di frumento “senatore Cappelli”, “Saragolla” e tanti altri. Che lussureggiano nelle nostre contrade. Che non hanno bisogno di trasporti transoceanici. Che danno lavoro ai meravigliosi “cafoni” del Sud. Che vanno apprezzati per la loro genuinità e sapore. A loro devono andare tutte le nostre tutele, preferenze ed attenzioni! Perché il pane non è una merce. Un passo per cambiare l’ordine delle cose.
https://comune-info.net/2017/12/pane-non-merce-panificare-futuro/

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