Domenica, ore 10, sole ammiccante che invita allo struscio sul corso,
dominato dalla gigantesca statua di Eraclio, dove emise i primi vagiti e
combinò le prime impertinenze, il pittore impressionista Giuseppe De Nittis. Un
corteo di macchine, sbuffanti per le centinaia di chilometri percorse, imbocca
la bretella della Statale 16 bis e plana, dopo la Caserma dei Vigili del Fuoco,
davanti al panificio
“Il Fornaio dei Mulini Vecchi” nella zona industriale di Barletta. Ne scende un nutrito
gruppo di panificatori, provenienti dall’Abruzzo, dalla Campania e dalla
Calabria. Volti sinceri, radiosi ed allegri, nelle cui rughe si nascondono le
fatiche di una penosa vita di sacrifici e le profonde inquietudini per il
futuro dell’azienda, dei consumatori, della propria persona, delle mogli e dei
figli.
Va loro incontro festoso, a braccia spalancate con la spalla e la testa
leggermente arretrate, Vincenzo Paolillo, viso bonario dall’immancabile velo di
barba tendente al bianco che gli conferisce più anni di quelli che la sua carta
di identità realmente segna. Non si contano abbracci, baci, pacche sulle
spalle, battute a tutto spiano. Un’atmosfera di cordialità che riscalda i cuori
di chi tiene in grande considerazione il valore dell’empatia e dell’ascolto
attivo tra le persone.
A guidare la pacifica calata degli ospiti, è Vinceslao Ruccolo, proveniente
dalle montagne
dell’Abruzzo, vicepresidente Nazionale di Fiesa (Federazione Italiana Esercenti
Specialisti dell’Alimentazione), che fa parte della Confesercenti. Da tanto
tempo è alle prese con gli impasti, le lievitazioni e le infornate, dall’epoca
in cui indossava calzoncini corti. Più di quaranta anni di tenace e faticoso
lavoro gravano ora sulla sua groppa, che ne evidenzia alcuni di più, nonostante
la sua bella presenza fisica e la simpatia che trasmette.
Tra l’abruzzese e il barlettano la scintilla dell’amicizia sincera era
scoccata una ventina di anni fa in un convegno di categoria tenutosi a Bari. Da
allora, i due si sono sentiti e confrontati a più riprese in incontri
professionali, in occasioni conviviali, e il sodalizio amicale si è
consolidato.
Vinceslao apprezza la professionalità di Vincenzo, acquisita presso
l’Accademia della Panificazione di Verona e nell’esercizio trentennale. Ne
ammira la generosità, testimoniata dai volti grati e sorridenti dei tanti che
vanno a bussare alla porta del suo cuore. Rimane stupito della feconda attività
artistica delle sue mani, dalle quali scaturiscono statue,
realizzate con pasta ottenuta mescolando acqua, farina e lievito. Loda ai quattro
venti l’ingegnosità e la lungimiranza imprenditoriale.
Da alcuni anni Vincenzo Paolillo si è dotato di un mulino a pietra, che gli permette di
ottenere farine, fresche di giornata, capaci di generare pane, taralli,
biscotti e pasta di alto livello nutrizionale, salutistico ed organolettico. Ad
alimentarlo sua maestà, il sole.
Nei mulini a cilindri metallici, la parte vitale del
grano, il germe, ricco di enzimi, sali minerali e vitamine viene sacrificato. Immondamente. Di
conseguenza, le farine risultano depauperate delle loro vitali proprietà e
delle caratteristiche organolettiche, colore, sapore, profumo, tocco,
digeribilità.
Il grano viene acquistato direttamente dai piccoli
produttori del territorio. Che amano la terra degli avi e se ne prendono cura,
valorizzandola, per donarla ai figli. Partendo dalla convinzione dei Pellirosse
americani che sulla Terra siamo solo inquilini.
I contraenti, galantuomini, generano con una semplice stretta di mano un
patto economico ed etico che mette al centro dei propri orizzonti, la salute
dei consumatori… la legalità, il lavoro dignitoso, il consumo consapevole, la
solidarietà, il rispetto e valorizzazione dell’ambiente e garantisce
congiuntamente un’equa remunerazione. Perché i valori non sono merci.
Si intravede, perciò, in forme pacate, in questa civile e lungimirante
operazione, l’insubordinazione al ritmo, al conflitto ed all’ingordigia della
disumanizzante competizione neoliberista mirante esclusivamente al mero
profitto.
“Per noi, l’iniziativa imprenditoriale di Vincenzo Paolillo è un modello artigianale
da esportare nelle proprie regioni ed in tutto il resto dell’Italia – dice
il semplice e brillante Vinceslao – Siamo gente laboriosa ed umile, e non
nutriamo sentimenti di gelosia, anzi siamo orgogliosi che il collega abbia
aperto una prospettiva imprenditoriale nuova”. Aggiunge Vinceslao: “La Fiesa
Confesercenti, ha aperto un tavolo di trattative con il governo per inserire la
panificazione tra le attività usuranti. Perché? D’estate gli operatori crepano
per il caldo che si genera all’interno del laboratorio ed all’aria aperta.
D’inverno, il corpo viene stressato dal netto contrasto tra la temperatura
dell’ambiente di lavoro e quella esterna. L’umidità e lo sfarfallio di farina
penalizzano pesantemente la salute. Infine, alterato il ciclo sonno-veglia, per
l’atavica tradizione di lavorare durante la notte, l’orologio biologico interno
ne risente e si scatenano sfracelli nella fisiologia, nella psiche e nel
comportamento”.
Pausa confortevole sotto il bellissimo gazebo dalle massicce panche di
legno che invitano ad accomodarsi e a inebriarsi della fragranza agrumata di
arance, mandarini e pompelmi. Abbandonando l’alienante e delirante frenesia
quotidiana.
Riprende a parlare, il gentile orso d’Abruzzo: “Dall’infanzia i bambini
devono essere educati a seguire una dieta corretta e bilanciata, assumendo
prodotti nutrienti, gustosi e genuini. A casa ed a scuola. Perciò, è intento
della Fiesa proporre al governo l’inserimento della tematica dell’alimentazione nei
programmi scolastici”. Insomma, basta con l’obesità che affligge tre milioni di cittadini! Stop
al sovrappeso, che mina la salute di sette milioni di consumatori. Alt alle
malattie metaboliche, impennatesi paurosamente. Una boccata di ossigeno per il
sistema sanitario nazionale!
Molte perplessità vengono manifestate nei confronti del Ceta, la diabolica intesa
commerciale tra l’UE e il Canada. Che autorizza a introdurre in Italia grano
abbeverato di agrotossici e seccato con il glifosato, pericoloso erbicida
responsabile del cancro. Che danneggia l’economia del territorio. Che
favorisce, per il basso prezzo, le grandi industrie molitorie e quelle della
pasta.
Esistono, conclude Vinceslao, grani antichi ed
autoctoni, come il farro, l’avena, l’orzo, le varietà di frumento “senatore
Cappelli”, “Saragolla” e tanti altri. Che lussureggiano nelle nostre contrade.
Che non hanno bisogno di trasporti transoceanici. Che danno lavoro ai
meravigliosi “cafoni” del Sud. Che vanno apprezzati per la loro genuinità e
sapore. A loro devono andare tutte le nostre tutele, preferenze ed attenzioni!
Perché il
pane non è una merce. Un passo per cambiare l’ordine delle cose.
https://comune-info.net/2017/12/pane-non-merce-panificare-futuro/
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