Due-parole-due su due articoli smaccatamente a
favore dei progetti di centrali solari fotovoltaiche promossi in Sardegna dal
Gruppo Angelantoni e dalla San Quirico Solar Power s.r.l.
Si tratta
di Energia dal
sole: il governo boccia la centrale sarda (Il Sole 24 Ore,
27 dicembre 2017) di Jacopo Giliberto, già portavoce dell’allora
Ministro dell’ambiente Corrado Clini, e di Solare
termodinamico contestato in Sardegna (2050, blog di La
Repubblica, 28 novembre 2017) di Valerio Gualerzi.
Ambedue si
occupano prevalentemente di tematiche ambientali ed energetiche e, da
giornalisti, ci si aspetterebbe che rispondessero nei loro articoli alle famose
domande Chi? Come? Dove? Quando? E perché?
Invece,
dicono e omettono quello che a loro pare opportuno per sostenere la loro tesi.
In pratica,
chi si oppone a quei progetti di centrali solari
termodinamiche è quantomeno uno scellerato, anche quando
l’impianto è connesso a una centrale a biomassa (che di solare ha
ben poco).
Visto che
fra le associazioni, i comitati, le amministrazioni pubbliche che motivatamente si
sono espressi contro questi progetti non è stato dato trovare
scellerati, nè farabutti, né psicolabili e nemmeno persone in conflitto
d’interessi (ma guarda un po’), facciamo solo un paio di considerazioni:
1) il dato
fondamentale della “fotografia” del sistema di produzione energetica sardo è
che oltre il 46% dell’energia prodotta “non serve” all’Isola e viene
esportato (dati PEARS,
2016). Qualsiasi nuova
produzione energetica non sostitutiva di fonte già esistente (p. es.
termoelettrica) può esser solo destinata all’esportazione verso la Penisola e
verso la Corsica: oltre i collegamenti esistenti (SaPeI,
capacità 1.000 MW, e SaCoI, SarCo, Corsica, capacità 300 MW + 100 MW) non si
può andare. E già ora non si può andare
oltre. Visto che la
realizzazione di impianti da fonte rinnovabile non comporta la sostituzione
automatica degli impianti “tradizionali” (anzi), visto che attualmente
non la si può immagazzinare, dell’energia prodotta in
eccesso che ne facciamo? E’ pura speculazione per
ottenere incentivi pubblici e certificati verdi o no?
2) per quale
cavolo di motivo questi progetti di impianti industriali non sono
stati proposti in aree industriali, attualmente
ampiamente disponibili in Sardegna, già infrastrutturate e
senza ulteriore consumo di suolo? Si facciano ‘sta domanda,
accertino e si diano una risposta;
3) anziché
prendere per oro colato l’affermazione di parte industriale
secondo cui “sotto gli specchi sarebbero continuate le attività di pascolo e
di agricoltura tradizionale”, perché non han dato una sbirciatina alla
considerevole mole di pareri di parte pubblica e degli agricoltori che
lì vivono e operano, che escludono questo preteso e inesistente connubio
virtuoso? I terreni delle aziende agricole recalcitranti sarebbero
espropriati: dovrebbero tutti tacere?
Un po’ di
obiettività non guasta, anche da parte dei giornalisti.
Nessun commento:
Posta un commento