Maggiori emissioni di gas serra, perdita di biodiversità, scomparsa di
una risorsa non rinnovabile: quella del consumo di suolo è tutt'altro che una
questione estetica. Eppure esistono città, in Italia, in cui si può girare per
tutto il tempo senza trovare un minimo di spazio libero – non occupato
dall'uomo e dalle sue attività. Per questo è un significativo passo in vanti la
legge contro il consumo di suolo che è stata approvata dalla
Camera con 256 sì, 140 no e 4 astenuti. Per la prima volta si
fissa un obiettivo molto avanzato: azzerare la cementificazione entro il 2050.
Secondo dati resi disponibili dall'istituto
superiore per la ricerca e la protezione e la ricerca ambientale (Ispra),
Torino è la grande città con la maggiore fetta di suolo consumato (57,6
percento), seguita a brevissima distanza da Napoli. Anche a Milano risultano
numeri simili, mentre fra i centri principali Roma si trova assai più in basso
(20 percento).
Eppure i valori più elevati non sono affatto in queste città. Al contrario, in
diversi piccoli comuni trovare uno spazio non edificato è quasi impossibile.
Che sia a Casavatore – 18mila abitanti appena a nord di Napoli – oppure a
Melito o Arzano, ancora nel napoletano, la situazione non cambia troppo: lì il
consumo di suolo supera il 75 percento, e proprio a Casavatore – record
italiano – tocca un picco dell'85 percento.
Cosa significa, in pratica, "consumo di suolo"? Ispra lo definisce come
"l'occupazione di una superficie in origine agricola o naturale", un
processo dovuto soprattutto alla "costruzione di nuovi edifici, capannoni
e insediamenti, all'espansione delle città". Oppure, altro caso, alla
conversione di terreno in un'area urbana: come per esempio è successo a Milano
nell'area dedicata a Expo.
"Oltre alla scomparsa di una risorsa non rinnovabile" – spiega Michele
Munafò, ricercatore dell'Ispra – "il problema è la perdita delle
funzioni che essa ci assicura. In primo luogo la produzione agricola, con tutta
una serie di servizi di regolazione dei cicli naturali come quello delle acque.
Se il suolo viene sigillato questa capacità va persa, e aumenta per esempio il
rischio di inondazione. Scompare anche il supporto alla biodiversità.
Direttamente, perché sappiamo molto poco di quanta ce ne sia del suolo anche se
possiamo stimare che un quarto delle specie del pianeta viva sotto terra. Ma
anche indirettamente, perché trasformandolo abbiamo un impatto anche sulle aree
dove il suolo non è consumato in maniera diretta".
Il terreno, poi, è in grado di contenere il carbonio – molto più
dell'atmosfera stessa – ma solo a condizione che non venga occupato
artificialmente. "Abbiamo stimato", continua Munafò, "che negli
ultimi cinque anni il suolo consumato dalle nuove costruzioni e infrastrutture
ha portato a una perdita equivalente alle emissioni di CO2 di quattro milioni
di auto. Come se ci fosse il 10 percento di veicoli in più che gira per le
strade"...
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