Come dichiara il sito ufficiale diExpo
2015 Milano, Coca Cola è l’Offical soft drink partner dell’esposizione
universale «in virtù del suo impegno sul fronte dell’innovazione e della
crescita sostenibile capace di generare ricchezza per la comunità, tutelando le
risorse utilizzate e incoraggiando consumi e stili di vita equilibrati».
Abbiamo chiesto un parere a Francesco Gesualdi, fondatore del Centro nuovo modello di sviluppo di Pisa, padre
del consumo critico e del commercio solidale in Italia, attinge il suo pensiero
dalla grande esperienza della Scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani.
È contestata la presenza della Coca Cola all’Expo
sull’alimentazione…
Con Cola Cola ci sono quattro ordini di problemi. Il primo: commercializza
un prodotto inutile a forte impatto ambientate. Il secondo: produce un prodotto che pone
seri rischi per la salute. ll terzo: come tutte le imprese è interessata solo al
profitto e pone attenzione ai problemi sociali e ambientali tanto quanto basta per
costruirsi una buona immagine nei confronti dei consumatori. Il quarto: usa il suo potere
economico per condizionare la politica, svuotando di fatto la democrazia.
Durante le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, nel 2014, Coca Cola ha
speso in sovvenzioni ai candidati quasi un milione di dollari. Coca Cola solo
nel 2012 ha realizzato nove miliardi di profitti netti da un fatturato di 49
miliardi di dollari ossia il 18 per cento. A chi sono stati sottratti quei
soldi finiti nelle tasche di Warrent Buffett e gli altri azionisti di Coca
Cola? Questo è quello che ci interessa sapere, non il numero di ambulanze che
Coca Cola ha donato alle varie organizzazioni di beneficienza.
Quali sono gli attuali punti critici di questa
multinazionale?
Coca-Cola spende oltre 3 miliardi di dollari in
pubblicità. Il che le assicura non solo visibilità, ma anche un grande muro di
omertà che la mette al riparo da qualsiasi notizia negativa. Inutile sorprendersi
se certe informazioni non circolano. Ma è un fatto che le sue bevande
zuccherate contribuiscono grandemente all’obesità e incidono sui bilanci della sanità
pubblica che deve spendere miliardi per curare le malattie connesse a
un’alimentazione sbagliata. Le bottiglie e le lattine che Coca Cola mette
in circolazione provocano alla collettività problemi e costi di smaltimento molto
seri. E potremmo continuare con un lunghissimo elenco.
In quanto multinazionale che opera a livello globale, Coca Cola
può insediarsidove le regole ambientali e sociali sono più permissive, riuscendo a
violare ambiente e diritti in maniera legale. I contenziosi con le popolazioni
locali sull’uso e l’inquinamento delle acque continuano come mostra l’India e
il Guatemala. Parimenti, in molti paesi del mondo Coca Cola continua ad essere
criticata per la politica antisindacale.
Che senso può avere il boicottaggio?
Don Milani ci ha insegnato che il potere sta in piedi attraverso il consenso
di tutti. Per cui ogni scelta di non collaborazione contribuisce ad
indebolirlo. Quanto più ampio è il ventaglio di cittadini che sa dire no e
quanto più ampi sono gli aspetti su cui sappiamo dire no, tanto più alte le
probabilità di fare cambiare le imprese e l’intero sistema.
Di fronte alla parzialità delle nostre azioni non bisogna reagire
riducendo il nostro spazio di impegno, ma ampliandolo. Per questo è
importante riappropriarci totalmente del nostro ruolo di cittadini sovrani che
non si limitano a consumare in maniera responsabile, ma occupano tutti gli
altri spazi a nostra disposizione: la denuncia, il voto, la manifestazione, lo
sciopero, la proposta. Solo usando contemporaneamente tutti questi strumenti
possiamo sperare di ottenere il cambiamento.
Come si spiega l’incidenza sull’immaginario collettivo
della Coca Cola pur conoscendo le scelte non sempre etiche dell’azienda?
Le ragioni di tanta contraddizione vanno ricercati su molti piani. Due
fenomeni probabilmente incidono più di altri. Il primo è il non
sentire su se stessi la responsabilità di ciò che succede, semplicemente perché
un certo risultato è frutto della sommatoria dei comportamenti collettivi. In
altre parole non hanno accolto la sollecitazione di don Milani che ci invita a“sentirci tutti
responsabili di tutto”. Il secondo è che non siamo educati a
considerare la coerenza come un valore politico. Non abbiamo ancora
capito che la società è frutto di regole e comportamenti e che il cambiamento
avverrà solo se sapremo agire sulle une e sugli altri.
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