domenica 16 febbraio 2025

Macachi chiusi in laboratorio all’Università di Ferrara: chiediamo la loro liberazione

di Rete dei Santuari di Animali Liberi*


Esistono storie che non troveranno mai posto nei libri di storia, racconti di dolore e speranza soffocati dall’anonimato. Storie che rimangono celate tra le mura fredde degli stabulari, dove migliaia di animali vivono e muoiono nel silenzio di esperimenti a loro imposti. Questi animali diventano numeri e soggetti di ricerca, ma le loro storie restano sconosciute, rinchiuse in un universo di sofferenza senza testimoni.

Tra queste esistenze invisibili, ci sono sei macachi la cui vicenda, ora raccontata, potrebbe sembrare un’eccezione. Ma in realtà rappresenta solo una frazione di un dramma molto più ampio e silenzioso. Le loro storie sono solo una goccia nell’oceano di sofferenza che molti animali devono affrontare ogni giorno.

Questa è la storia di Clarabella, Eddi, Cleopatra, Cesare, Archimede e Orazio, sei primati che da molti anni vivono all’università di Ferrara.
Clarabella è nata nel 1999, ha 26 anni e da 23 anni sopravvive nello stabulario ferrarese. Cleopatra è stata rinchiusa nel 2014, come Cesare, entrambi da 23 anni rinchiusi in quelle mura. Archimede ed Eddi sono nati lì, rispettivamente nel 2005 e 2007, 20 e 18 anni di reclusione. Non conoscono altro mondo se non quello dentro e intorno alla loro gabbia, un metro cubo, al di là delle sbarre una stanza senza cielo, sole, luna, stelle, solo la luce artificiale che si accende e spegne così a differenziare il giorno dalla notte. ⁠

E poi c’è Orazio. Lui non c’è più. E’ stato sperimentato e poi ucciso. Nel 2020 fu aperto un procedimento portato avanti dall’avvocato David Zanforlini per Limav (Lega Internazionale Medici per l’Abolizione della Vivisezione) e dall’associazione Animal Liberation che vede come indagati l’ex rettore dell’università ferrarese, Giorgio Zauli, allora responsabile dello stabulario, l’attuale rettore di Unife, Laura Ramaciotti, il professore Luciano Fadiga, del Dipartimento di Neuroscienze, e il veterinario, Ludovico Scenna, membro dell’organismo che dovrebbe tutelare il benessere degli animali soggetti a sperimentazione, che ha consentito che tutto accadesse nel silenzio, senza opporsi.

Troppo spesso funziona così, in ogni ambito dove chi non può parlare è la vittima, l’oppresso. Briciole di prescrizioni inadeguate non rispettate, ignorate. Chi dovrebbe vigilare si gira dall’altra parte, non interviene, partecipa ad un sistema malato, compiacente verso chi è senza scrupoli e commette dei crimini.

Immaginate ora, provate ad essere lì con loro, in quelle gabbie.
Minuti, ore, giorni, mesi, stagioni, anni che si susseguono sempre uguali, un tempo insostenibile dell’orrore senza confini. In un metro cubo. Come mostrano le immagini catturate e diffuse da Animal Defenders.

Ma al di là dell’aspetto etico e morale che è già di per sé enorme, c’è altro: pare che le condizioni dei macachi siano ingiustificate e in contrasto con la normativa vigente. Infatti, il punto rilevante della vicenda, nonché l’appiglio legale pieno di speranza per le piccole scimmie, risiede proprio nelle condizioni di detenzione e stabulazione ingiustificabili, se non per il breve lasso di tempo dell’esperimento, non per il tempo indefinito del limbo in cui stanno vivendo sospesi, in quella che è una non vita.

Segregati e stabulati in gabbie singole, sepolti e dimenticati dentro ad una stanza dell’Università di Ferrara, senza possibilità di interagire fra loro, socializzare. Come è nella loro natura. Per questo motivo chiediamo di liberare i macachi superstiti detenuti negli stabulari dell’Università di Ferrara, chiediamo venga disposto il loro sequestro e che vengano spostati in un luogo dove vivere il tempo che a loro resta in una libertà che non sarà mai quella vera, ma dove possano arrampicarsi sugli alberi, interagire con i loro simili, vivere quel tempo che rimane scoprendo che un altro mondo esiste oltre quelle sbarre.

E chiediamo giustizia per Orazio. Che sia fatta chiarezza sulla sua tragica fine. E chiediamo ancora di porre fine alla sperimentazione animale, di finirla con quelle metodologie medievali mascherate da ricerca scientifica, di investire in metodi alternativi.

Nel 2025, con il progresso tecnologico e del sapere scientifico, non possiamo più accettare procedure obsolete e crudeli. Pensiamo che la scienza possa fare di meglio. Ricordiamo il recente caso di cronaca relativo all’Università di Catanzaro dove il mondo della ricerca non ha esitato a delinquere, utilizzando fondi pubblici per i propri tornaconti personali. Anche in questo caso sono indagati il rettore e altre personalità di rilievo.

Il 22 febbraio a Ferrara ci sarà un Corteo organizzato da Limav e Animal Liberation per esprimere dissenso e chiedere la liberazione dei macachi che alla luce di quanto sopra è sacrosanta e innegabile.
La Rete dei Santuari sarà presente. In nome della giustizia. In nome della libertà.

* La Rete dei Santuari di Animali Liberi è un network che riunisce e coordina rifugi per animali così detti da reddito, scampati all’industria della carne. Attualmente conta 26 santuari aderenti, disseminati per tutto il Paese, isole comprese. In essi, in questo preciso momento, risiedono più di 3400 animali, liberati dalla politica di dominio che agisce sugli animali nella nostra società e dall’industria zootecnica. I santuari della Rete non sono solo semplici rifugi. Sono antispecisti. Antifascisti. Per tanto si trasformano in spazi politici di resistenza, pace e libertà, in cui ogni animale torna ad essere ciò che è: ovvero una persona. Un individuo, unico al mondo.
Nei santuari si pratica la Cura e ha luogo un’economia al contrario, in cui quelli che, da tutto il mondo, sono considerati animali da reddito, diventano animali da “debito”, in quanto cessano di creare profitto e devono essere mantenuti (per cui costituiscono un impegno, un debito) da chi gestisce i santuari. E, così, gli animali che, per millenni di domesticazione, sono stati costretti a lavorare per l’uomo, si riposano e sono gli umani a lavorare per loro.

www.anmaliliberi.org, ig@retedeisantuari_official, fb @retesantuari

da qui

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