di Rete dei Santuari di Animali Liberi*
Esistono storie che non troveranno mai
posto nei libri di storia, racconti di dolore e speranza soffocati
dall’anonimato. Storie che rimangono celate tra le mura fredde degli stabulari, dove migliaia di animali vivono e muoiono
nel silenzio di esperimenti a loro imposti.
Questi animali diventano numeri e soggetti di ricerca, ma le loro storie
restano sconosciute, rinchiuse in un universo di sofferenza
senza testimoni.
Tra queste esistenze invisibili, ci
sono sei macachi la cui vicenda, ora raccontata,
potrebbe sembrare un’eccezione. Ma in realtà rappresenta solo una frazione di
un dramma molto più ampio e silenzioso. Le loro storie sono solo una goccia
nell’oceano di sofferenza che molti animali devono affrontare ogni giorno.
Questa è la storia di Clarabella, Eddi,
Cleopatra, Cesare, Archimede e Orazio, sei primati che da molti anni vivono
all’università di Ferrara.
Clarabella è nata nel 1999, ha 26 anni e da 23 anni sopravvive nello stabulario
ferrarese. Cleopatra è stata rinchiusa nel 2014,
come Cesare, entrambi da 23 anni rinchiusi in quelle mura. Archimede ed Eddi
sono nati lì, rispettivamente nel 2005 e 2007, 20 e 18 anni di reclusione. Non
conoscono altro mondo se non quello dentro e intorno alla loro gabbia, un metro cubo, al di là delle sbarre una stanza senza
cielo, sole, luna, stelle, solo la luce artificiale che si accende e spegne
così a differenziare il giorno dalla notte.
E poi c’è Orazio. Lui non c’è più. E’
stato sperimentato e poi ucciso. Nel
2020 fu aperto un procedimento portato avanti dall’avvocato David Zanforlini
per Limav (Lega Internazionale Medici per l’Abolizione
della Vivisezione) e dall’associazione Animal Liberation che vede come indagati
l’ex rettore dell’università ferrarese, Giorgio Zauli, allora responsabile
dello stabulario, l’attuale rettore di Unife, Laura Ramaciotti, il professore
Luciano Fadiga, del Dipartimento di Neuroscienze, e il veterinario, Ludovico
Scenna, membro dell’organismo che dovrebbe tutelare il benessere degli animali soggetti a sperimentazione,
che ha consentito che tutto accadesse nel silenzio, senza opporsi.
Troppo spesso funziona così, in ogni
ambito dove chi non può parlare è la vittima, l’oppresso. Briciole di
prescrizioni inadeguate non rispettate, ignorate. Chi dovrebbe vigilare si gira
dall’altra parte, non interviene, partecipa ad un sistema malato, compiacente verso chi è senza scrupoli e
commette dei crimini.
Immaginate ora, provate ad essere lì con
loro, in quelle gabbie.
Minuti, ore, giorni, mesi, stagioni, anni che si susseguono sempre uguali, un tempo insostenibile dell’orrore senza
confini. In un metro cubo. Come mostrano le immagini catturate e diffuse da
Animal Defenders.
Ma al di là dell’aspetto etico e morale
che è già di per sé enorme, c’è altro: pare che le condizioni dei macachi
siano ingiustificate e in contrasto con la normativa
vigente. Infatti, il punto rilevante della vicenda, nonché l’appiglio legale
pieno di speranza per le piccole scimmie, risiede proprio nelle condizioni di
detenzione e stabulazione ingiustificabili, se
non per il breve lasso di tempo dell’esperimento, non per il tempo indefinito
del limbo in cui stanno vivendo sospesi, in quella che è una non vita.
Segregati e stabulati in gabbie singole,
sepolti e dimenticati dentro ad una stanza dell’Università di Ferrara, senza
possibilità di interagire fra loro, socializzare. Come è nella loro natura. Per
questo motivo chiediamo di liberare i macachi superstiti
detenuti negli stabulari dell’Università di Ferrara, chiediamo
venga disposto il loro sequestro e che vengano spostati in un luogo dove vivere
il tempo che a loro resta in una libertà che non sarà mai quella vera, ma dove
possano arrampicarsi sugli alberi, interagire con i loro
simili, vivere quel tempo che rimane scoprendo che un altro mondo esiste oltre
quelle sbarre.
E chiediamo giustizia per Orazio. Che sia
fatta chiarezza sulla sua tragica fine. E chiediamo ancora di porre fine alla
sperimentazione animale, di finirla con quelle metodologie medievali mascherate da ricerca scientifica, di
investire in metodi alternativi.
Nel 2025, con il progresso tecnologico e
del sapere scientifico, non possiamo più accettare procedure obsolete e
crudeli. Pensiamo che la scienza possa fare di meglio. Ricordiamo il recente caso di cronaca relativo all’Università
di Catanzaro dove il mondo della ricerca non ha
esitato a delinquere, utilizzando fondi pubblici per i propri tornaconti
personali. Anche in questo caso sono indagati il rettore e altre personalità di
rilievo.
Il 22 febbraio a Ferrara ci sarà un Corteo
organizzato da Limav e Animal Liberation per esprimere dissenso e chiedere la liberazione dei macachi che
alla luce di quanto sopra è sacrosanta e innegabile.
La Rete dei Santuari sarà presente. In nome
della giustizia. In nome della libertà.
* La Rete dei Santuari di Animali Liberi
è un network che riunisce e coordina rifugi per animali così detti da reddito,
scampati all’industria della carne. Attualmente conta 26 santuari aderenti,
disseminati per tutto il Paese, isole comprese. In essi, in questo preciso
momento, risiedono più di 3400 animali, liberati dalla politica di dominio che
agisce sugli animali nella nostra società e dall’industria zootecnica. I
santuari della Rete non sono solo semplici rifugi. Sono antispecisti.
Antifascisti. Per tanto si trasformano in spazi politici di resistenza, pace e
libertà, in cui ogni animale torna ad essere ciò che è: ovvero una persona. Un
individuo, unico al mondo.
Nei santuari si pratica la Cura e ha luogo un’economia al
contrario, in cui quelli che, da tutto il mondo, sono considerati animali da
reddito, diventano animali da “debito”, in quanto cessano di creare profitto e
devono essere mantenuti (per cui costituiscono un impegno, un debito) da chi
gestisce i santuari. E, così, gli animali che, per millenni di domesticazione,
sono stati costretti a lavorare per l’uomo, si riposano e sono gli umani a
lavorare per loro.
www.anmaliliberi.org,
ig@retedeisantuari_official, fb @retesantuari
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