mercoledì 5 luglio 2023

Dove va l’estrattivismo - Raul Zibechi

Adesso è la volta della provincia argentina di Jujuy, ma ieri era accaduto in Perù e Cile e Brasile. E domani succederà ancora in qualsiasi luogo in cui l’accumulazione di capitale attraverso l’espropriazione dei popoli e della terra è il modo di fare principale con cui operano le multinazionali. Un modo in cui conta solo la ricchezza del sottosuolo, mentre gli esseri viventi umani e non umani sono solo un ostacolo per l’arricchimento del capitale finanziario.

In Brasile, Lula non può mantenere la sua promessa elettorale di avanzare nel riconoscimento e la delimitazione delle terre indigene, alla quale ogni governo sarebbe obbligato dalla Costituzione del 1988, ma che nessuno, né la destra né la sinistra, ha mai pensato dover rispettare fino in fondo.

In Perù, la reazionaria Dina Boluarte (prima donna alla guida del Paese, cosa che – come si vede altrove – non è di per sé sufficiente a garantire alcunché, ndt) ha lanciato le forze armate e di polizia contro i popoli andini per favorire la libertà delle compagnie minerarie di prendersi le ricchezze e lasciare in cambio solo distruzione ambientale e sociale. Gli oltre cinquanta morti uccisi con colpi di armi da fuoco non hanno turbato né il governo né le organizzazioni internazionali che strepitano sui diritti umani solo quando sono direttamente interessate.

 

In Cile, il presidente “progressista” Gabriel Boric ha militarizzato Wall Mapu (il nome con cui i Mapuche designano il proprio territorio nella Patagonia cilena e argentona, ndt) con un dispiegamento militare maggiore rispetto a quello dei governi precedenti, per difendere le terre usurpate dalle compagnie forestali alle comunità indigene e contadine. Con la stessa mano con cui militarizza i territori mapuche, Boric perdona i Carabineros per gli oltre 400 occhi accecati da proiettili di gomma o lacrimogeni sparati in piano volto durante la rivolta del 2019. Il risultato è che l’istituzione statale ha il maggior sostegno popolare del Paese.

Per non parlare del Chiapas, dove sotto il governo progressista di López Obrador ci sono stati 110 attacchi armati contro le comunità che appartengono alla regione zapatista di Moisés e Gandhi, del Caracol numero 10, all’interno del municipio ufficiale di Ocosingo. I gruppi paramilitari hanno il sostegno del partito al governo attraverso il governo dello Stato del Chiapas.

A Jujuy, questa volta, si tratta dell’estrazione del litio, per la quale il governo provinciale argentino ha bisogno di colpire le popolazioni indigene e le loro oltre 400 comunità che si oppongono a essere rese invisibili dalla nuova Costituzione provinciale. Che il governatore Gerardo Morales sia genocida ed ecocida, disposto a eliminare chiunque pur di soddisfare la sua fame di potere, non dovrebbe nasconderci diversi altri fatti importanti.

 

Il primo è che quel governatore potrebbe diventare il prossimo vicepresidente dell’Argentina, grazie all’azione e alla benevolenza di classi medie che considerano gli indigeni gente di serie B, cioè che non li considera esseri umani come gli altri.

La seconda è che Morales fa parte di un sistema politico che si preoccupa solo di gestire il modello e, in questo senso, non è molto diverso dagli altri politici situati su entrambi i lati della “barricata” politica. Il governo nazionale non vuole, sebbene potrebbe, intervenire a Jujuy per porre fine alla repressione, perché di fatto, e molto al di là delle sue dichiarazioni, ha già militarizzato buona parte dei territori delle attività estrattive, a partire da Vaca Muerta.

Il resto sono soltanto dichiarazioni per carpire qualche voto. Chi vuole ostinatamente credere che ci siano differenze di fondo tra macristi (destra) e kirchneristi (sinistra) dovrebbe chiedersi perché nessuno dei due schieramenti abbia la minima intenzione di porre fine all’estrattivismo, all’industria mineraria e alle monocolture, all’estrazione dell’oro e del litio, alla soia e alle fumigazioni.

L’unica seria disputa tra i due settori ruota attorno al come affrontare i settori popolari : alcuni puntano sull’addomesticamento con piani sociali e una buona dose di repressione; gli altri scommettono su una maggiore repressione e una buona dose di piani sociali. Come si vede, è appena una questione di proporzioni, perché entrambe le parti scommettono sulla repressione e i piani, contemporaneamente.

 

In casa di Milagro Sala, dove è costretta agli arresti domiciliari, irrompe la polizia, il 29 giugno. Un nuovo atto, violentissimo, di pura ritorsione contro le grandi proteste dei giorni scorsi a Jujuy, nel nord dell’Argentina, ma soprattutto una intimidazione perché l’estrattivismo, in particolare del litio, non trovi più alcun ostacolo sulla sua strada.

 

Non c’è altro da fare che resistere. Agli uni e agli altri. Con il tempo, i popoli stanno scoprendo che si tratta solo di due facce della stessa medaglia. Quella dell’estrattivismo, che non può esistere senza la militarizzazione dei territori, contaminando la terra e annientandoli.

Il modello non ha limiti. I rapporti annuali dell’Instituto para el Desarrollo Rural de Sudamérica, a cui collabora il Grupo de Estudios Rurales de la Università di Buenos Aires, assicurano che circa il 40% della terra latinoamericana è ancora nelle mani di indigeni e neri, e contadini, oppure si tratta di aree di conservazione naturale, inalienabili secondo la legislazione.

L’estrattivismo sta avanzando su questi territori, in tutta la regione. Sottrarre la terra ai popoli equivale a togliergli la vita, per questo motivo la difendono con tanta forza. Non possono negoziarci su. Non lo faranno.

Per questo è bene ricordare al sistema politico argentino che sta giocando con il fuoco. La minaccia di condannare all’estinzione le comunità maya è stata ciò che li ha portati a organizzarsi nell’EZLN e a decidere inizialmente per una insurrezione armata. Qualcosa di simile accade già nel Cile meridionale, nel sud della Colombia meridionale e nell’Amazzonia brasiliana. Non vogliono la guerra, ma non la temono se quel che è in gioco è la loro esistenza come popoli.

Nessuno, domani, potrà dire che non lo sapeva.


Qui la versione in lingua originale su Pelota de Trapo

Traduzione per Comune-info: marco calabria

da qui

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