domenica 22 gennaio 2017

Simona e quella voglia di viaggiare

(di Vittoria Iacovella)

L’ennesima valigia si chiude, questa volta per l’India: il rossetto preferito, la canotta “sì mamma”, la maglietta con il mandala della raccolta fondi, i pantaloni facili da indossare, il cuscino anatomico, il motorino per la sedia a rotelle così piccolo da entrare nella cappelliera dell’aereo.  Simona è malata di sclerosi multipla primaria progressiva a evoluzione rapida, ha 42 anni. Dal 2012 a oggi ha perso l’uso delle gambe e ora anche quello delle braccia. “All’inizio è stata dura, sono rimasta un anno chiusa in casa, Roma è una città impossibile per un disabile, poi ho reagito, ho cercato nuovi strumenti, ho imparato a chiedere aiuto a chiunque per strada e ho ricominciato anche a viaggiare”.
Incontriamo Simona accanto al Vaticano. Mentre attraversa la strada, una ruota si incastra tra i sanpietrini, un autista irritato suona il clacson, un passante accorre a spingerla.
Condividi Viaggiare come stile di vita. Prima di ammalarsi lavorava come tour leader. Dopo la laurea in Belle Arti il trasferimento a Londra, poi Danimarca, Svezia, New York, Chicago, Germania. Inarrestabile era, inarrestabile è rimasta anche quando ha cominciato a manifestarsi la malattia. “Mi sentivo come ubriaca, spesso mi si addormentavano le gambe, i medici ipotizzarono fosse lo stress ma poi è arrivata la mazzata. In ospedale mi dicono che non ci sono cure”. Appena scoperta la malattia, Simona parte per il Brasile, foresta Amazzonica. “Non ho detto a nessuno cosa avevo, spesso inciampavo, perdevo le scarpe. Peggioravo ogni giorno, ma rimanere a casa a piangere mi faceva solo stare peggio. In viaggio dormivamo anche all’aperto, sulle amache nella natura incontaminata”. Poi è stata la volta di Miami e dell’Islanda.
Tra pochi giorni partirà per Nuova Delhi grazie a una campagna di crowfounding . “Per viaggiare non ci vogliono tanti soldi ma molta fantasia. L’India, poi, è un Paese che ti sbatte in faccia tanta povertà ma la gente ride e affronta la vita in modo spirituale: voglio assorbire la loro forza per affrontare questo mio mostro”. Grazie a CittadinanzAttiva è riuscita a trovare una serie di sponsor per il viaggio. “Risalirò la parte est dell’India fino a Calcutta muovendomi in treno. Non ho un tragitto preciso, mi lascerò guidare dagli eventi e dalle persone che incontrerò. Infine, mi sposterò a Varanasi e Kakinada e, se tutto andrà bene, la mia ultima tappa sarà ad Almora, la città ai piedi dell’Himalaya. Voglio abbattere ogni barriera, dimostrare che si può».
Per arrivare fino alla montagna più alta del mondo, Simona è riuscita ad ottenere una sedia a rotelle elettrica ultra leggera e maneggevole. “Pensa che non la concedono in tutte le regioni. Nel Lazio me l’hanno accordata ma ho dovuto iscrivermi all’Università per dimostrare che avrei avuto bisogno di uscire. Una sedia così costa sui tremila euro, io ho una pensione di invalidità di 300 euro e una di 500 euro per un accompagnatore , è ovvio che costa molto di più un badante e non posso permettermelo. Mia madre mi aiuta, ma da quando mi sono ammalata è caduta in depressione.  Ho anche pensato di andare in un campo profughi e chiedere a qualcuno se per così poco se la sente di aiutarmi. Non posso permettermi un professionista”.
Mentre giriamo tra i marciapiedi di Roma, alla ricerca di quelli con una discesa e una salita percorribili, Simona si accorge di dover andare in bagno. “Il pannolino non lo uso, mi rifiuto, anche se questa città è inaccessibile, se è necessario chiedo aiuto, ecco ora per favore aiutami tu”. Quattro bar, nessuno accessibile in una zona di grande turismo e pellegrinaggi, il quinto finalmente ha un servizio per disabili, per poter entrare, però, bisogna scalare tre grossi gradini. E’ un’impresa. In bagno Simona chiede di essere sollevata in piedi, le gambe sono rigide, appoggia la fronte al muro,  apre la giacca, ogni movimento è faticosissimo, strizza gli occhi con aria di sfida, tira fuori una protesi a imbuto in silicone e ride. “Vedi, nulla mi ferma, arriverò anche sull’Himalaya”.

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