Questo è il momento di alzarsi in
piedi - Marco
Arturi
L’uomo che vedete nella foto qui sopra si chiama
Cedric Herrou e vive a Breil sur Roya, un villaggio al confine con
l’Italia, più precisamente con l’entroterra di Ventimiglia (qui l’archivio
delle notizie sulle lotta con i migranti nella cittadina della provincia
di Imperia). È un contadino ed è sotto processo per
avere dato aiuto e ospitalità nei mesi scorsi ad alcune centinaia di profughi (molti dei quali
bambini e bambine) costretti, visto l’ormai celebre blocco di Ventimiglia, a
tentare clandestinamente il passaggio in cerca di una vita migliore.
È accusato di favoreggiamento e rischia cinque anni di carcere e una
sanzione economica pesante. Qualche giorno fa di fronte a un giudice di Nizza ha rivendicato le proprie azioni affermando che è
giusto trasgredire le leggi davanti alla disperazione e che continuerà perché “questo è il momento di alzarsi in piedi”.
La notizia, che ha cominciato a fare il giro di
mezzo mondo – è comparsa anche sulle pagine del New york times (qui articolo e
video, Farmer
on Trial Defends Smuggling Migrants: ‘I Am a Frenchman’) – è ignorata dai media italiani per ragioni che sono davvero
difficili da spiegare se non mettendo in dubbio la libertà, l’indipendenza e la
buona fede della stampa in questo paese, forse condizionata o forse distratta
da questioni come il maltempo, le stronzate di Saviano oppure le liti tra
Partito democratico e grillini. Sia come sia, pubblichiamo questa notizia per
chiedervi di seguire e diffondere una vicenda esemplare in un momento nel quale
i migranti vengono dipinti come un’emergenza nazionale e continentale con il
chiaro fine di distogliere l’attenzione da altre questioni.
Cedric Herrou non va lasciato solo (il giudizio sul
caso di Herrou è previsto per il 10 febbraio), come non vanno lasciati soli i migranti che hanno l’unica colpa di essere
nati dalla parte sbagliata del mondo: o stiamo con loro o stiamo con chi è
impegnato a diffondere il terrore, l’egoismo e l’intolleranza. E allora sarà
troppo comodo dire “non è colpa mia”.
Salvare di nascosto i rifugiati - Phil Wilmot
Certo, la Danimarca ha una legge sul sequestro
dei beni ai migranti, ha diversi gruppi i neonazisti e un insopportabile
Partito del Popolo danese. Tuttavia, lontano dalle attenzioni dei “grandi”
media migliaia di persone comuni negli ultimi mesi hanno cominciato a
disobbedire alle leggi e a fornire ai rifugiati letto caldo, via clandestine
per raggiungere la Svezia, indumenti e spesso anche chiavi per una casa. Tutto
in modo informale e spontaneo. Si tratta in realtà di strumenti ritagliati dai
ricordi della II Guerra mondiale, quando migliaia i danesi portarono di
nascosto alla salvezza centinaia di famiglie ebree.
Martedì 18 ottobre, circa cento danesi, vecchi
e giovani, stavano in piedi davanti al tribunale cittadino al freddo vento che
arrivava dal mare, per mostrare la loro solidarietà a quattro attivistisospettati di avere
illegalmente aiutato dei rifugiati ad attraversare il mare dalla Danimarca alla
Svezia.
Mentre soltanto due degli accusati sono
cittadini danesi, tutti sono membri diMedMenneskeSmuglerne, o “Coloro che fanno entrare di nascosto il loro amico” – un
“prodotto” dell’iniziativa con una base più ampia «Benvenuti in Danimarca» che
accoglie i migranti e i rifugiati in questo Paese. L’anno scorso, oltre un
milione di migranti provenienti da Siria, Afghanistan, Eritrea e da altre
regioni instabili, hanno affrontato i rischi di un esodo in Danimarca, e in
altre parti di Europa. Molti sono morti durante
il viaggio o sono finiti in campi
profughi per periodi prolungati. Questa ondata migratoria si correla
direttamente alla crescente xenofobia e allo spostamento a destra in atto in
molti Paesi europei, compresa la Danimarca.
“Praticamente tutte le organizzazioni di
sinistra in Europa hanno trascurato di considerare il flusso dei rifugiati
nelle loro agende” ha detto Mimoza Murato, una delle attiviste non-danesi che
quel giorno affrontava accuse penali. “Avremmo dovuto essere preparati perché
conosciamo il panorama politico”.
Mentre gli accusatori danesi forse non erano
d’accordo, il loro caso alla fine è stato rigettato per mancanza di prove
sostanziali. I quattro membri di Med Menneske Smuglerne sono stati accolti da
applausi trionfali dalle loro coorti di «Benvenuti in Danimarca», fuori
dall’edificio del tribunale.
Fornire ospitalità per chi cerca
asilo
Quando Trime Simmel, una giovane attivista
danese di Aarhus, ha visto alla televisione le masse di migranti che si
riversavano nella penisola danese dello Jutland, attraversando il confine
tedesco, nel settembre 2015, si è messa in contatto con i suoi amici per capire
che cosa potevano fare per provvedere alle necessità elementari per i nuovi
arrivati. I migranti venivano scortati dai poliziotti nello Jutaland e quindi i
giovani all’inizio hanno programmato di
aspettare su un cavalcavia dove potevano lasciar cadere dei pacchi pieni di
indumenti caldi, di prodotti per l’igiene e altri articoli essenziali. I migranti, tuttavia, avevano il
sospetto di poter essere scortati dalle autorità statali e si sono sparsi nelle
foreste, e questo ha reso molto più difficile rintracciarli.
“I giovani residenti nello Jutland
telefonavano ai loro genitori per riunire quattro o cinque
macchine, in modo che le scarpe e altri articoli simili
potessero essere distribuiti – ha spiegato Simmel – Quando gli autisti
incontravano i migranti, gli offrivano i pacchi di generi alimentari e
chiedevano loro dove volevano andare all’interno della Danimarca”.
Un buon numero di rifugiati decideva di andare
a Copenhagen, appena al di là del mare dalla Svezia, dove alcuni avevano già
dei familiari.
“Molte persone apolitiche si facevano avanti
per aiutare a guidare coloro che camminavano lungo i binari – ha detto Simmel –
Molte di queste persone avevano contesti familiari come immigrati e provavano
comprensione, ma di solito non erano attivi
rispetto a problemi politici”. Una rete di ospitalità informale nota
come Venligboerne, che comprende oltre 150.000 membri in tutta la Danimarca, ha
contribuito a facilitare gli sforzi dei volontari.
Attivisti come Simmel sentivano che questa
crisi offriva l’occasione di
allontanarsi dai tipici doveri di un attivista di incontri e dimostrazioni,
e di fornire un servizio diretto. L’afflusso dei rifugiati dava uno strattone
alle loro coscienze.
“Proprio come mio nonno, dovetti decidere da
quale parte della storia volevo stare – ha detto Simmel – I politici ci
demonizzavano perché mettiamo fotografie su Facebook di migranti che venivano
aiutati, ma anche i danesi durante la II Guerra Mondiale furono demonizzati e
considerati trasgressori della legge [perché aiutavano gli ebrei]”.
Far rivivere una tradizione di
far entrare di nascosto i rifugiati
La Danimarca è stato l’unico Paese in Europa
che ha ridotto le dimensioni delle sue forze armate all’inizio della II Guerra Mondiale, e tuttavia è
stata senza dubbio tra le più operative a opporsi all’occupazione tedesca. Poco
dopo un’invasione notturna della Danimarca, il 9 aprile 1940, lo studente
diciassettenne di Slagelse, Arne Sejr, divenne frustrato a causa della
passività danese verso il dominio straniero. Tornò a casa da scuola e usò la
sua macchina da scrivere per stampare 25 copie dei suoi “Dieci Comandamenti
per i Danesi”. L’ultimo di questi diceva: “Proteggerai chiunque venga
inseguito dai tedeschi.”
I giovani danesi componevano in modo nascosto
dei volantini di questo tipo nel corso dell’occupazione tedesca. Gruppi come
l’Associazione della Gioventù Danese guidato dal professore di teologia Hal
Koch e il Club Churchill ad Alborg sabotavano regolarmente le autorità
tedesche, a volte distruggendo i veicoli che trasportavano armi e munizioni. Le
comunità cristiane facevano circolare messaggi contro l’occupazione tedesca per
mezzo delle loro prediche. Questo provocò l’uccisione di Kaj Munk, che era tra
gli ecclesiastici più espliciti che sostenevano l’autogoverno danese.
Fra tutte le tattiche impiegate, i danesi dell’epoca della II Guerra
Mondiale sono forse ricordati soprattutto per aver efficacemente fatto entrare
di nascosto, attraverso il confine, in Svezia i rifugiati ebrei. Nel corso di pochi mesi, nel 1943, 7.220 ebrei – quasi l’intera
popolazione ebraica della Danimarca – riuscirono a scappare in Svezia con
l’aiuto dei loro compagni danesi. Soltanto 472 furono catturati all’inizio di
ottobre durante i raid dei nazisti.
“All’inizio, usavamo questa storia del
servizio diretto ai rifugiato, come nostra motivazione” ha detto
l’organizzatore di «Benvenuti in Danimarca», Søren Warburg. Fornire un letto caldo, una via clandestina per la
Svezia, indumenti caldi e una chiave per una casa: queste sono tattiche
letteralmente ritagliate dai ricordi della II Guerra mondiale e
appiccicate all’attuale contesto della migrazione in Europa. Anche mentre
l’attuale governo della Danimarca si è reso intenzionalmente sgradevole ai
richiedenti asilo politico, i danesi stessi – rafforzati da una storia di
sindacati e di organizzazione di comunità – stanno fornendo i servizi che i
loro rappresentanti eletti nello stato sociale, si rifiutano di concedere.
Riflettendo sull’aiuto danese ai rifugiati
ebrei, la portavoce di «Benvenuti in Danimarca», Line Søgaard ha detto:
“Avevamo la sensazione che qualcosa di storico stava accadendo di nuovo”.
Secondo lei, cinquecento danesi hanno inizialmente risposto all’invito
all’azione e hanno formato gruppi di lavoro, che si focalizzano sia su una
campagna politica che sui servizi diretti”.
Navigare in solidarietà
Dato che Copenhagen è situata circa venti
miglia al di là dello Stretto di
Öresund da Malmö, in Svezia, i membri della comunità che
voleva aiutare i rifugiati a cercare i membri delle loro famiglie, o degli
amici, decisero di agire. Raccolsero una lista di quasi cento nomi di
proprietari di barche e organizzarono il trasporto
dei migranti come pubblico atto di sfida.
“All’inizio non pensavamo che nessuno sarebbe
stato perseguito – ha detto Søgaard – Ci sono veri trafficanti di esseri umani
che potrebbero essere perseguiti, ma invece i capi dicono che noi siamo quelli
che tradiscono la nazione”.
Salire di nuovo sulla barca non è una cosa
facile per i rifugiati che sono sopravvissuti all’attraversamento del Mar
Mediterraneo. “Molti dei migranti che abbiamo aiutato a raggiungere la Svezia
di solito ci mandavano messaggi audio dopo che erano sollevati per il fatto di
aver raggiunto i membri della loro famiglia” ha detto Søgaard.
“C’era questa sensazione che stessimo
continuando l’eredità della II Guerra mondiale di assistenza ai rifugiati, che
avevano cominciato alcuni membri della nostra famiglia. Eravamo rimasti
attaccati al nostro senso della morale e dell’etica anche quando la legge
contro l’uscita clandestina dei migranti è sbagliata”.
Attraversare il mare non era, tuttavia,
l’unico modo di raggiungere la Svezia. Calle Vangstrup, uno degli altri quattro
attivisti che affrontano accuse penali, lavorava con i membri del suo movimento
per fornire assistenza ventiquattro ore su ventiquattro alle stazioni di Rødby, Padborg e
a quella centrale, tre importanti punti di incontro da dove i migranti che di
solito non parlano danese o che non sono in grado di capire il sistema dei
trasporti, potrebbero partire per la Svezia in treno.
“C’erano gruppi di persone che erano
disponibili ad aiutare secondo la legge e quelli che volevano infrangerla (che
proibisce l’assistenza durante il trasporto al di là del confine)” ha detto
Vangstrup. “Fortunatamente, gli svedesi sono più aperti in questi giorni, al
contrario che durante la II Guerra mondiale quando spesso rimandavano indietro
gli ebrei fatti entrare di nascosto e mettendoli di nuovo a rischio”.
Vangstrup crede che i membri dei gruppi nazisti danesi e
il Partito del Popolo danese,
populista, sono stati quelli a vedere Med Menneske Smuglerne nel notiziario e
che li hanno denunciati alla polizia. “Come socialista e come essere umano
penso che non dovrei godere di così tanti diritti quando i rifugiati non ne
hanno nessuno” ha detto Vangstrup.
Anche se la polizia ha compiuto indagini che
hanno provocato accuse contro Vangstrup e i suoi amici attivisti, la polizia non sempre ha perpetuato quella xenofobia
che caratterizza la crescente ideologia politica di destra della Danimarca.
Durante la II Guerra mondiale, migliaia di
poliziotti furono arrestati dalle autorità tedesche: la polizia danese sviluppò
la reputazione di essere inaffidabile e spesso deliberatamente trascurava gli
atti di sabotaggio compiuti dai giovani danesi contro gli occupanti. Questo
tipo di umanità tra la polizia è riemersa durante il recente flusso di migranti
in Danimarca. “Molte persone chiedevano alla polizia che cosa potevano fare per
aiutare i rifugiati” ha detto Line Søgaard. “La polizia non sapeva neanche in
che modo consigliare le persone, e quindi alcuni guardavano dall’altra parte
quando i trasportatori continuavano il loro lavoro”.
Dopo che i quattro attivisti accusati di traffico di esseri umani sono
stati assolti dalle accuse, hanno
parlato a una conferenza stampa, incoraggiando chi aiuta direttamente i
migranti e i rifugiati, a continuare il loro lavoro.
“Non siamo neanche un gruppo estremista” ha
detto Line Søgaard. “Diciamo soltanto le stesse cose che dicono i gruppi come
l’Onu [circa la crisi dei migranti]. Tuttavia c’è ancora opposizione ai nostri
sforzi”. Alla fine della giornata, i cosiddetti trafficanti di esseri umani
stavano proprio aiutando altre persone che avevano bisogno di un passaggio
dovunque andassero.
“Tutti abbiamo diritto alla sicurezza e a un
posto sicuro per noi e i nostri figli – ha continuato – Non possiamo soltanto
chiudere i confini e vivere una vita confortevole”
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