Geoparco, il libro nero: la Regione paga anche gli utili della società
privata – Alessandra Carta
È il libretto nero dell’Ati
Ifras, l’associazione temporanea d’imprese che il 21 dicembre 2001,
all’interno del Geoparco,
venne incaricata dalla Regione di gestire il recupero e la bonifica dei siti
minerari nel Sulcis. Non ci fu gara d’appalto. Si seguì la strada dell’affidamento diretto con la
firma di una convenzione. A
distanza di quindici anni, su quell’intesa, rinnovata due volte, si scoprono
diseconomie e irregolarità, scritte in un mazzetto di sedici fogli consegnato
il 20 ottobre scorso ai consiglieri del centrosinistra. Il report l’ha firmato
l’assessorato al Lavoro guidato da Virginia
Mura: perché l’Ati Ifras nacque proprio per dare occupazione.
L’associazione
temporanea d’imprese mette insieme tre, tutte srl: nel 2001
vennero individuate dal ministero del Lavoro “per assumere a tempo
indeterminato il personale impiegato nei lavori socialmente utili”, si legge.
Ecco quindi la capofila Ifras, più la Intini e la Servizi globali (queste
ultime due di Bari). In
quindici anni, secondo i calcoli dell’assessorato, le tre srl “hanno incassato
oltre 350 milioni, con un costo medio annuo di 28”.
E qui spunta quello che nel report viene indicata come
il primo “rilievo problematico”. Il riferimento è alle spese
generali e agli utili d’impresa” che nell’Ati hanno inciso “nella misura
del 35 per cento sul costo
complessivo dell’attività”. La somma delle due voci è stata pari dieci milioni
annui sui 28 totali assegnati alle tre srl. L’incidenza dei soli ricavi risulta
stimata nella misura del 15 per cento.
Ai 28 milioni complessivi si arriva mettendo insieme
anche “i 15 di costo per il personale e i tre di spese connessi agli stessi
lavoratori”. Sul punto la posizione dell’assessorato al Lavoro è
durissima: è rilevata “una significativa
inadeguatezza delle forme di garanzia prestata a favore della
Regione autonoma della Sardegna a tutela degli eventuali adempimenti
contrattuali”. In particolare si segnala “la mancanza di progetti e piani
dettagli sulle attività da svolgere”, così come l’assenza “della direzione
lavori e dell’assistenza in cantiere”. Dito puntato anche contro “la
contabilità delle opere eseguite, non fornita in maniera dettagliata”.
Poi ecco il capitolo sulla pianta organica. In teoria l’Ati
Ifras si sarebbe dovuta limitare ad assumere i lavoratori socialmente utili. In
totale, 353. Invece oggi se ne
contano 502. Perché “fuori dalla normativa prevista –
è scritto ancora nel report dell’assessorato – ci sono 103 dipendenti assunti
tramite diversi accordi”. Irregolari appunto. Nel dettaglio “50sono gli ex dipendenti della Rockwool“, la multinazionale che
a Iglesias produceva materiali edili. Assorbiti pure “i 16licenziati dall‘Italcementi”. Si contano ancora,
sempre stando alle carte dell’assessorato, altre “37 assunzioni”
frutto di non precisati “accordi di programma“. A
quota 502 si arriva con i contratti fatti autonomamente dalla stessa Ati Ifras e pari ad altre 46 buste paga.
Il caso dell’Ati è scoppiato ieri in Consiglio
regionale, quando l’Aula ha dovuto fare marcia indietro sulla leggina del 29 novembre scorso, la
ribattezzata norma salva-Geoparco: prevedeva la
proroga della convenzione con la Regione per un altro anno. Ma il Dg
dell’assessorato al Lavoro, Eugenio
Annicchiarico, si è opposto. E adesso si capisce il perché.
Presunte irregolarità del Geoparco, un Dg della Regione ha fermato la
politica - Alessandra Carta
Se non fosse stato per Eugenio Annicchiarico, direttore generale dell’assessorato al Lavoro, il caso Geoparco non sarebbe scoppiato. Non ora, almeno. Perché l‘Ati Ifras, l’associazione temporanea d’impresa che in convenzione con la Regione gestisce dal 2001 il recupero e le bonifiche nei siti minerari del Sulcis, avrebbe continuato a lavorare per altri dodici mesi, al costo di 26 milioni. E questo malgrado le diseconomie e le irregolarità che gli stessi uffici del Lavoro hanno elencato nel libretto nero del Geoparco.
Il Dg si è opposto alla proroga della convenzione con
una lettera inviata allo stesso assessore Virginia
Mura e al presidente Francesco
Pigliaru il 7 dicembre scorso. Quindi una settimana dopo
l’approvazione della norma salva-Geoparco con la quale il
Consiglio regionale ha dato il via libera al rinnovo della
convenzione. Una procedura irregolare per il massimo dirigente del Lavoro.
Di qui il diniego.
Stando a quanto scritto dal Dg, “il disposto” della
leggina “si pone in aperto e diretto contrasto coi principi generali e i
dettati nazionali e comunitari in materia di appalti”. E poi c’è in
contenzioso stragiudiziale tra l’Ati Ifras e la Regione”, con la prima che
reclama il mancato pagamento di alcune fatture, mentre l’Amministrazione imputa
all’associazione temporanea d’imprese il non rispetto della convenzione stessa.
Nella causa si parla di “gravi carenze documentali” sullo svolgimento delle
bonifiche nei siti minerari, ma anche sulla rendicontazione delle spese
sostenute.
Il diniego del Dg è prima approdato in Giunta, ma per
giorni non se n’è saputo nulla. Quindi la decisione del centrosinistra di
convergere sulla posizione del direttore generale azzerando la legge del 29
novembre e approvandone una nuova. Due le direttive: salvaguardia
dell’occupazione e conferma al 31 dicembre la scadenza della convenzione tra
Regione e Ati Ifras (ieri l’approvazione).
Il Dg ha così fermato la politica. Ma gli equilibri
interni al palazzo non sembrano compromessi. Pietro
Cocco, il capogruppo Pd che da primo firmatario ha presentato sia la
prima legge che la revisione, dice: “Nell’uno e nell’altro caso ci siamo mossi
con la certezza della fattibilità. E abbiamo agito sempre nel solo interesse
dei lavoratori. L’obiettivo è stato raggiunto anche stavolta: per i 502
lavoratori dell’Ati Ifras è garantita la continuità reddituale. Per due mesi,
dal primo gennaio, entreranno in cassa integrazione, ma senza perdere un solo
euro dello stipendio: la Regione coprirà il 20 per cento di retribuzione che si
perderebbe con gli ammortizzatori sociali. Successivamente, con contratti a
tempo determinato, potranno essere impiegati all’Igea, per un massimo di nove
mesi”.
In Consiglio regionale, il dibattito è durato a lungo
ieri. Tra gli interventi anche quello di Rossella
Pinna, la dem-ex sindaca di Guspini. “Sarebbe assurdo sentirsi sminuiti
nel nostro lavoro di legislatori quando un dirigente della Regione rileva
problemi di applicabilità di una norma. L’Assemblea doveva onorare un impegno:
tutelare i livelli occupativi e in questa direzione ci siamo mossi definendo un
percorso che non mette a rischio alcuna busta paga. La situazione dell’Ati
Ifras è complessa: questa maggioranza ha raccolto una eredità pesante. Col
bando europeo per l’affidamento del servizio risolveremo il problema alla
radice”.
Dal Pd interviene anche Alessandro
Collu. “Il caso del Sulcis, al netto della sua complessità, ci pone di
fronte a una questione più ampia: fare economie e non diseconomie. Visti i
costi dell’Ati Ifras è bene cominciare un ragionamento sulla stabilizzazione
diretta dei lavoratori che prestano servizio per la Regione. Bisogna sedersi
intorno a un tavolo e tirare le somme: l’efficienza di una pubblica
amministrazione passa anche dalla razionalizzazione della spesa”.
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