…Daniela Pani, attraverso un test del DNA realizzato in un laboratorio
di Houston, ha ricostruito il suo “albero genealogico
remoto”. A partire dalla “paleo-nonna” africana che viveva ai piedi dei Monti Semien, dove nasce il leggendario Nilo Azzurro. Un viaggio che racconta la
colonizzazione del mondo da parte dell’umanità. E che ci spiega, attraverso il
racconto del DNA di uno di noi, la storia di tutti.
Siamo partiti dall’Africa e abbiamo vissuto là per decine di migliaia di anni. Fino
a quando gli effetti climatici delle glaciazioni hanno aperto corridoi verdi
nel deserto – quello che oggi chiamiamo deserto del Sahara – che ci hanno consentito di spostarci
verso Nord, raggiungere l’Asia e poi proseguire il nostro cammino verso ogni
angolo della Terra.
La cronaca nera ci ha fatto sapere che il DNA è come
un’impronta digitale, ma non ci ha detto che le “impronte digitali” del DNA –
tutte diverse tra loro – hanno dei tratti caratteristici che accomunano ancora
oggi le persone che vivono in un certo territorio. E’ questa localizzazione a consentire di mettere in
relazione il DNA di un individuo con quello delle persone che vivono nel mondo
e di ricostruire il percorso dei suoi avi.
Daniela Pani ci racconta che una sua “paleo-nonna”, una
nipote di quella africana, 40mila anni fa viveva nell’attuale Medio Oriente
dove incontrò l’uomo di Neanderthal. E ci spiega che quell’incontro fu molto
intenso. Tanto che, nel suo DNA (come in quello della maggior parte di noi) è
ancora individuabile una certa percentuale del DNA di quel tipo umano che poi
si estinse. Passarono ancora molti anni (circa 20mila) e le nipotine di quella
“paleo-nonna” asiatica raggiunsero il Sud della Francia, l’attuale Costa
Azzurra e finalmente, circa 6mila anni prima di Cristo, si decisero a
raggiungere quell’isola che, un giorno, sarebbe stata chiamata Sardegna.
Un reportage scientifico che si legge come un racconto. Una storia assieme molto
complessa e molto semplice che ci dice che apparteniamo tutti a una sola razza,
la razza umana. Per sintetizzarlo (e per rendere un omaggio affettuoso e
scherzoso alle nostre nonne africane) con l’aiuto di un po’ di trucco,
l’autrice ne ha preso simbolicamente le sembianze. E ha indossato, sulla pelle
scura, un tipico costume tradizionale sardo. Un’idea nata – come spiega
l’editoriale che apre questo numero – all’inizio dello scorso gennaio con Pinuccio Sciola che,
ascoltando tra i primi il racconto di questo test del DNA, restò molto colpito
dalla perfetta coincidenza tra quel lunghissimo viaggio e quello che tutti i
giorni viene affrontato da migliaia di bambini, di donne e di uomini che
partono dall’Africa per raggiungere l’Europa.
Daniela Pani, esploratrice
geografica e speleologa, ricercatrice
per la National Geographics, nel raccontare il suo DNA
racconta anche quello della maggior parte dei Sardi (formiamo infatti uno di
quei gruppi che, messi in relazione tra loro, consentono di ricostruire le
tappe del percorso dell’umanità) e ci fa scoprire che, proprio come la sua
“paleo-nonna” asiatica, anche quella che per prima mese piede in Sardegna trovò
qualcuno che c’era già prima di lei.
Passò qualche altri millennio, imparammo a organizzarci
sempre meglio. A costruire villaggi. Cominciammo a mettere enormi pietre una
sopra l’altra. Costruimmo i nuraghi. Ma questa, rispetto al viaggio che
raccontiamo, è quasi storia di oggi.
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