venerdì 1 marzo 2024

C’era una volta il medico di famiglia - Amedeo Spagnuolo

 

Ricordo con grande affetto il dott. Maida, il medico che per anni ha seguito la mia famiglia di origine quando vivevo ancora a Napoli.

Era una persona eccezionale, instancabile e capace di empatizzare con i propri pazienti in maniera straordinaria. Ricordo perfettamente il suo studio medico, era spartano, l’unico vezzo che si era concesso era una statuina di ceramica di un medico con camice bianco e sfigmomanometro appeso al collo con un’espressione simpatica, un bel sorriso su di un viso rubizzo. Quella statuina aveva su di me un effetto quasi miracoloso poiché, essendo io un bambino un po’ fifone per quanto riguarda le visite mediche (ma chi non lo è), alla vista di quella statuina sorridente che mi guardava, la mia tensione si scioglieva e la visita del dott. Maida diventava “sopportabile”.

Il suo studio era sempre pieno all’inverosimile, le attese erano lunghissime e favorivano lunghe chiacchierate tra i pazienti in attesa, per cui andare dal dott. Maida significava anche socializzare e questo rendeva tutto meno spiacevole, considerando che ci si trovava nella sala di attesa di un medico. La sua capacità diagnostica era impressionante, negli anni che è stato il nostro medico di famiglia e dunque anche il mio medico, quindi dalla mia infanzia (avevamo anche un pediatra, ma noi ci fidavamo di Maida) fino agli anni dell’università, non l’ho mai visto sbagliare una diagnosi.

Ci visitava in maniera scrupolosa e dopo qualche minuto ci diceva con sicurezza qual era il problema, per fortuna problemi quasi sempre semplici da risolvere, tranne che in un’occasione e cioè quando mia sorella, durante l’adolescenza, venne assalita da dolori terribili e nessuno dei numerosi specialisti dai quali Maida ci aveva mandato erano riusciti a risolvere nulla. Durante una delle terribili notti nelle quali le urla di dolore di mia sorella erano a dir poco insopportabili, in più di un’occasione io mi chiudevo in bagno e mi tappavo le orecchie per non sentirla, mio padre preso dalla disperazione, prima di portare mia sorella all’ospedale la quale ne aveva terrore, non sapendo cosa fare, verso mezzanotte, chiamò a casa del dott. Maida, si proprio così, a quei tempi c’erano medici che lasciavano ai loro pazienti il numero privato di casa, non essendoci ancora i telefoni cellulari. Il dott. Maida non abitava molto lontano da noi per cui dopo un po’ lo vedemmo arrivare trafelato a casa con la sua borsa di cuoio e con ancora il pigiama addosso!

Ve la immaginate oggi una cosa del genere? Comunque sia, il nostro caro dottore essendosi accorto della profonda angoscia che attanagliava i miei genitori a causa di quei dolori indicibili dei quali non si riusciva a comprenderne le cause, prese l’iniziativa e disse: «Va bene, adesso basta, visto che i “professori” finora non hanno capito nulla, mi assumo io la responsabilità, da stasera stessa cominciate questa terapia e non vi preoccupate più, credo di aver capito la causa di questi dolori». A noi sembrò un miracolo, già dal giorno dopo mia sorella stava meglio e nel giro di pochi giorni guarì completamente.

La storia del dott. Maida è stata immortalata in un libro che ne descrive tutta la sua passione per la medicina e il profondo spirito di solidarietà che animava la sua professione. Tempo fa mi sono procurato questo libro e ho letto un aneddoto incredibile, pare che il dott. Maida, agli inizi della sua carriera, girasse per le strade più povere di Napoli per curare chi non aveva nemmeno i soldi per comprare i farmaci, talmente tante sono state le persone aiutate da questo medico che ancora oggi a Napoli si parla di lui. Pochi mesi fa il mio medico, qui a Nuoro, è andato in pensione, per molti aspetti mi ricorda il dott. Maida, anch’egli è un medico che non ha perso il “vizio” di visitare i pazienti, evita accuratamente le diagnosi telefoniche e, udite udite, quando ce n’era bisogno veniva a casa a visitarti.

Quando è arrivata la telefonata con la quale ci comunicava che da lì a poco non sarebbe stato più il nostro medico (altro aspetto eccezionale, molti svaniscono nel nulla e se ne perdono le tracce) siamo stati presi, innanzitutto dalla tristezza poiché con lui si era instaurato un bel rapporto umano e, in secondo luogo, siamo stati assaliti dal panico poiché conoscendo la situazione nuorese e non solo, avremmo rischiato di rimanere senza medico di base e, infatti, quando sono andato all’ufficio dell’ASL preposto per il cambio del medico mi è stato detto che gli unici medici disponibili erano a Dorgali un paese della provincia che dista da Nuoro circa trenta chilometri. Poi, fortunatamente, una farmacista amica ci ha dato il nome di un medico che forse aveva qualche posto che si era liberato di recente. Mi ricordo che io e mia moglie, senza pudore, siamo andati a bussare alla porta di questo medico e nel frattempo riflettevo su quante cose erano cambiate nella sanità italiana dai tempi del dott. Maida. Comunque, per nostra fortuna, abbiamo trovato un medico gentilissimo che, probabilmente, quando ci ha visto davanti alla sua porta a chiedere disperati se ci prendeva, deve essersi impietosito e ci ha detto subito di si.

Ecco, questo è un esempio, e nemmeno il più grave, di come i cittadini italiani, quotidianamente devono districarsi tra le inadempienze causate dalla totale incapacità di programmazione dei politici che governano la regione Sardegna, ma leggo che, per quanto riguarda la sanità, è ciò che sta accadendo in tutta Italia. Il nostro non è un paese giusto, purtroppo dobbiamo ammetterlo, e fa molta rabbia che tale giustizia potrebbe essere più ampia semplicemente scegliendo una classe politica adeguata. Mi preme però ricordare ancora l’eroico dott. Maida che, dopo aver seguito migliaia di pazienti a Napoli, contemporaneamente, non abbondonò mai la moglie che a causa di una malattia rimase immobile a letto per anni assistita da quest’uomo che curava semplicemente perché lo riteneva un suo dovere.

Molti anni dopo, quando non vivevo più a Napoli, venni a sapere dai miei della morte terribile del dott. Maida, un tumore facciale che gli devastò quel viso sempre sorridente e confortante, i miei genitori che erano andati a trovarlo poco tempo prima che morisse mi dissero che per la prima volta lo videro piangere, ma non piangeva per lui, pensava alla moglie che avrebbe continuato, in completa solitudine, a vegetare in un letto d’ospedale.

da qui

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