mercoledì 29 marzo 2023

Un treno devasta la terra dei Maya - Francesco Martone

 

Dal  9 al 12 marzo scorso una delegazione di giudici del  Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura ha visitato lo Yucatan ed il Quintana-Roo in Messico, per incontrare le comunità che subiscono l’impatto della costruzione del megaprogetto del Tren Maya e per svolgere una udienza pubblica che serve a valutare le violazioni sui diritti della Natura e quelli dei popoli indigeni.

Il progetto prevede la costruzione di 1500 kilometri di ferrovia attraverso foreste, territori ricchi di tesori archeologici, e comunità locali. Si prevede anche la costruzione di una ventina di nuovi insediamenti urbani (Polos de Desarrollo) come volano per lo “sviluppo” economico e produttivo di tutta la regione.

L’infrastruttura è connessa al Corridoio Trans-istmico che attraverserà la lingua di terra di Tehuantepec, e già oggetto di forti proteste locali, ed al Plan Puebla Panamà. Seppur venga promosso come progetto di valorizzazione turistica di tutto lo Yucatan le cifre svelano un’altra storia: sui convogli che saranno lunghi in media mezzo chilometro solo il 20% del carico sarà composto da turisti, il resto da materie prime o prodotti di esportazione, come la carne di maiale verso la Cina.

Da tempo gli impatti ambientali, culturali, sociali e sui diritti dei popoli indigeni sono denunciati pubblicamente ma invano, visto che il presidente AMLO punta su questo megaprogetto come il “segno” distintivo del suo mandato in scadenza, e non esita a militarizzare il territorio per imporne la costruzione.

Non a caso la costruzione di metà del tragitto della ferrovia – che dovrebbe essere ultimata entro fine anno – è in mano ai militari che controlleranno anche la società nella quale confluiranno le rendite del progetto, e che verranno poi redistribuite come pensioni ai militari in pensione.

A Piste’, nei pressi di Chichen Itza’ i giudici (Maristella Svampa, Padre Raul Vera, Francesco Martone, Yaku Perez, Alberto Saldamando) hanno raccolto le testimonianze di lavoratori ed artigiani del settore turistico, poi a Señor, dove hanno toccato di prima mano il clima di intimidazione da parte delle forze armate: poche ore prima i militari erano andati casa per casa a minacciare chi era stato invitato a partecipare ad una assemblea pubblica con i giudici.

 

All’appuntamento comunque si sono presentate una decina di persone che hanno raccontato della deforestazione e degli impatti ambientali del Treno e dei megaprogetti infrastrutturali connessi, allevamenti intensivi di suini, taglio di indiscriminato di alberi di specie preziose, risarcimenti mai concessi.

Eppoi a Tihosuco dove sono state raccolte testimonianze sull’impatto devastante di monoculture di mais transgenico, sistemi di asservimento dei piccoli produttori alla produzione forzata di cibo per le catene alberghiere e per l’esportazione in una sorta di “megamaquiladora” a cielo aperto, dell’impatto devastante sulla produzione tradizionale di miele o quello delle megacentrali eoliche e solari destinate a alimentare i resort turistici che verranno costruiti.

Il giorno seguente a Valladolid si è tenuta una udienza pubblica con interventi di leader di comunità maya, movimenti per la difesa del territorio, accademici e ricercatori che hanno fornito ulteriori prove di quello che si sta prefigurando come un vero e proprio etnocidio, ed ecocidio.

Un rischio ormai evidente come nel caso dei “cenote” (specchi d’acqua sotterranei che rappresentano la fonte principale di acqua potabile nonché importanti siti sacri per la cosmologia Maya) del tragitto 5 della ferrovia a Playa del Carmen, oggetto di un sopralluogo da parte del Tribunale.

I giurati hanno potuto constatare come la costruzione di piloni di cemento per le rotaie, conficcati nel terreno vanno ad impattare in maniera devastante sui “cenote” oltre a essere destinati a sprofondare nel terreno friabile che caratterizza tutta la regione.

 

Impatti ambientali irreversibili che si accompagnano alla distruzione di luoghi fondamentali per le culture ancestrali Maya, già sotto attacco dalla crescente industria del turismo di massa.  Non è infatti un caso che la “securitizzazione” dello spazio pubblico, attraverso la militarizzazione, la dichiarazione del Tren Maya come opera di sicurezza nazionale, la repressione o la delegittimazione delle proteste e delle legittime richieste delle comunità interessate dal Treno e dalle infrastrutture connesse, si accompagnino a una strategia di stigmatizzazione, disprezzo e delegittimazione della cultura, delle pratiche, delle misure di vita e delle conoscenze ancestrali del popolo Maya.

Si tratta di un’ulteriore forma di violenza che deriva dalla violazione dei diritti bioculturali dei popoli a conferma di come il neo-estrattivismo si nutre di morte e geneai morte, morte dei territori, degli ecosistemi, morte dei loro popoli, delle loro culture, delle loro cosmologie, in una parola una “necropolitica”.

Il Tren Maya nella sua accezione più ampia si alimenta e si impone grazie ad un clima di sospensione o violazione dei diritti o peggio ancora di privazione dei diritti, di vuoto giuridico e legale, di violenza istituzionale o statale e di violazione della dignità e dei diritti di un popolo che nel corso della storia ha subito due estinzioni, la seconda come conseguenza della conquista e del genocidio che ne è seguito.

Nonostante questo debito storico, il popolo Maya sia ancora in piedi, dignitoso, offrendoci un esempio di come recuperare un rapporto intrinseco con la nostra Madre Terra, soggetto di dignità e diritti. E mostra al mondo che non ci può essere territorio senza popoli e non ci possono essere popoli senza territori.

Il Treno Maya e gli altri megaprogetti ad esso connessi come il Corridoio Transistmico  e i piani di estrazione mineraria e petrolifera pertanto non solo sono estranei alla natura e al popolo Maya, ma rappresentano un modello criminogeno, nel senso che generano crimini sistemici contro i diritti esistenziali della Madre Terra e dei Popoli.

 

Di seguito il testo tradotto della sentenza, che chiede la sospensione immediata del Tren Maya e dei progetti connessi,  accusa lo stato messicano di violazioni dei diritti della Natura e dei popoli,  propone la creazione di una commissione indipendente d’indagine,  chiede il risarcimento dei danni ambientali e sociali,  esorta alla protezione e tutela dei difensori e difensore dell’ambiente sotto minaccia, e chiede la promulgazione di leggi che riconoscano i diritti della Natura come già fatto in alcuni stati messicani.

La sentenza preliminare è stata tradotta in Maya e verrà diffusa in tutte le comunità, per essere usata come strumento di rivendicazione e piattaforma di costruzione di alleanze e collaborazioni a livello nazionale ed internazionale.

Il Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura è un Tribunale di opinione fondato dalla GARN (Global Alliance on the Rights of Nature) nel 2014 con l’obiettivo di promuovere i diritti della Natura e offrire uno spazio di denuncia e rivendicazione sulle violazioni degli stessi e dei diritti di chi li difende.

Ha svolto varie sessioni ed udienze, prima di questa sul Tren Maya una sull’Amazzonia brasiliana nel giugno dello scorso anno in concomitanza con il Forum Sociale Panamazzonico di Belem, nello stato brasiliano del Parà. Nei prossimi giorni una delegazione del Tribunale si recherà in Patagonia Argentina, a Vaca Muerta (il secondo giacimento di gas e petrolio di scisto più grande del mondo) per indagare gli effetti del fracking sui diritti della natura e quelli del popolo Mapuche

Per maggiori informazioni:

www.rightsofnaturetribunal.org

www.garn.org

per materiali in italiano  sulla missione del Tribunale in Messico:

https://ecor.network/articoli/il-tribunale-locale-dei-diritti-della-natura-contro-il-tren-maya/

Intervista a Francesco Martone, membro della giuria del Tribunale per Radio Onda D’Urto:



Nessun commento:

Posta un commento