sabato 13 ottobre 2018

Il Nobel di sabbia attribuito al Sahel - Mauro Armanino




Quello della letteratura è stato annullato per corruzione. Gli altri Nobel, invece, hanno premiato, come di consueto, coloro che hanno apportato ‘notabili benefici all’umanità nel suo insieme’. Dopo quello della chimica e quello della letteratura, sospeso a tempo indeterminato, è stata la volta del Nobel della pace. Beninteso, queste attribuzioni non sono da prendere troppo sul serio. Basti pensare alle scelte, dettate dalle geopolitiche, che confermano e rafforzano i poteri del momento. Esattamente come la Corte Penale Internazionale, strumento ideologico per eliminare personaggi scomodi sullo scacchiere politico regionale. Vero che a volte si fa del proprio meglio per riesumare valori che ancora si ritengono umani. È il caso del menzionato Nobel per la pace, che ha premiato chi lotta a suo modo contro la violenza fatta alle donne. Denis Mukwege, dottore che ‘ripara’ le donne che hanno sofferto violenza carnale, e l’attivista yazida Nadia Mourad, che ha sofferto in prima persona anni di schiavitù sessuale da parte dei membri di Daesh.
Il Nobel del Sahel è passato sotto silenzio perché è di sabbia. Un Nobel riconosciuto per i meriti accumulati sul campo dello sviluppo umano mancato. Questo Nobel il Sahel lo ritiene come acquisito anche senza una giuria che lo valuti. Va da sé, come un’evidenza. Il Sahel si conferma un reale paradiso che evidenzia la funzionalità delle crisi all’aiuto umanitario e dell’aiuto umanitario alle crisi. Siamo tra coloro che apportano ‘notabili benefici alla causa umanitaria nel suo insieme’. Produciamo sfollati, rifugiati, ostaggi, clandestini, frontiere e gruppi armati. Invitiamo al contempo ad operare coloro che, in questi differenti campi, apportano soluzioni e altri problemi. Il nostro Nobel è di sabbia, come si conviene allo spazio che abbiamo organizzato così perché chiunque lo voglia qui si trovi bene. Persino i droni armati, ultimi arrivati nella fiera armata di gruppi, sottogruppi e forze regolari, si trovano a casa loro e hanno un aeroporto a parte, circondato da fili spinati di sabbia. La guerra non avrà fine finché ci saranno loro ad operare.
Il Nobel ha cominciato ad essere funzionante nel 1901 ed è solo adesso, ad oltre un secolo di distanza, che ci si è accorti di noi. Nobel e Sahel hanno in comune la sabbia. Entrambi frutto di compromessi, interessi e cioè di commerci transfrontalieri. I Nobel premiano infatti le invenzioni, le scoperte e in genere quanto può arricchire le conoscenze umane in particolare per l’opera in favore della pace. Questo ed altro lo si trova nel Sahel. Inventiamo malattie altrove scomparse o mai esistite e, senza darlo a vedere, scopriamo quanto può arricchire le agenzie umanitarie e le organizzazioni non governative, nazionali e soprattutto internazionali.D’altra parte chi ha istituito e dato il nome al Nobel, lo stesso Alfred Nobel, ha prima inventato la dinamite e la balistite, polvere che non fa fumo per l’esplosione. Qui da noi, invece di fumo c’è polvere in quantità e gli esplosivi, di fattura artigianale, sono posti ai bordi delle strade nel caso passino convogli militari. Dunque il Nobel in questione è nato anch’esso come una forma di riparazione per i danni creati dagli esplosivi.
La Fondazione Nobel gestisce il progetto e fu voluta da Nobel attraverso quanto previsto dal suo testamento che data del 1895. A metà del Novecento la Banca di Svezia decise di istituire il riconoscimento per l’economia, cosa non prevista dal testamento citato. Il Nobel per la pace è consegnato ad Oslo, in Norvegia. Il Nobel di sabbia non trova un luogo fisso di consegna perché nel Sahel, a parte l’immutabilità del fiume Niger, delle miniere di oro, uranio, carbone, gas, petrolio, e dei politici, il resto va via col vento. Forse è anche per questo che diventa problematico attribuircelo. Cambiano i paesaggi e dove prima si trovavano città e imperi si trovano adesso operazioni militari che di loro portano i nomi. Le vie carovaniere di un tempo,  portatrici di ricchezza e novità, sono controllate da gendarmi in cerca di migranti definiti irregolari dalle agenzie di pesca. Il Sahel si propone per un Nobel di sabbia alla memoria di coloro che, dalla sabbia, sono stati incoronati per sempre.

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