“Scusate, abbiamo scherzato. Dice l’ufficio legale della Regione che dobbiamo rispettare le norme,
perfino quelle nazionali. Pare quindi che non potessimo sanare, come
abbiamo regolarmente fatto finora, le centinaia di metri cubi di cemento che privati e società hanno riversato
sulle coste. Nemmanco facendo pagare le due lire di sanzione che abbiamo sempre
irrogato. Poi, dice sempre l’avvocatura regionale che avremmo dovuto chiedere
il parere vincolante della Sovrintendenza ai beni paesaggistici: ce ne siamo
scordati. Ma da oggi basta, si cambia: applicheremo le leggi”.
Ecco cosa vien fuori a tradurre
dal burocratese l’ordine di servizio (leggi) che
il 15 luglio 2015 Alessandro Pusceddu, direttore del Servizio tutela paesaggistica di Cagliari e Carbonia-Iglesias,
trasmette agli uffici. È un documentodirompente, un’ammissione di colpa che alza il velo su anni e anni di
abusi sanati senza colpo ferire. Da Carloforte a Muravera: tutto consentito. Sulle coste il cemento, nelle casse
della Regione qualche euro: fatti salvi un paio di casi, per l’ufficio tutela
del paesaggio le colate di cemento non hanno mai causato alcun danno (in
caso contrario: o sarebbero arrivate le ruspe, o il conto sarebbe stato
ben più salato) e quindi con pochi spiccioli il discorso è chiuso. Lo
testimonia il ‘prezziario’ applicato con grande benevolenza a chi,
aggrappandosi ai vari condoni e al buon cuore degli uffici regionali, ha
costruito in area vincolata di tutto un po’: piscine, immobili nuovi di pacca e
perfino capannoni industriali.
Il parere
dell’area legale citato da Pusceddu è del 27 marzo 2015 (leggi) ed
è stato secretato in
vista di potenziali contenziosi. Per due mesi non accade nulla: il
documento viene trasmesso agli uffici dal Dg della Pianificazione urbanisticaElisabetta Neroni solo il 13 maggio. Ma servono ancora sessanta giorni
perché in viale Trieste si accorgano dell’esistenza di quel documento, quando
Pusceddu firma appunto l’ordine di servizio e tra le altre cose scrive, quasi
fosse un principio sconosciuto caduto improvvisamente dal cielo: “Dalla lettura
del parere […] emerge che la Regione non può derogare alle norme procedimentali
stabilite dalla legislazione nazionale in materie di competenza esclusiva dello
Stato, quali il paesaggio”. Da qui, poche righe dopo, l’incredibile ammissione: “La procedura finora seguita dal Servizio si discosta da tali
principi”. Una brevissima frase dalla portata sconcertante,
anche perché Pusceddu è a capo del Servizio tutela da oltre quattro anni e
mezzo (nonostante il Piano anticorruzione della Regione consideri quella
posizione ad alto rischio e quindi imponga che il dirigente venga sostituito
ogni tre anni).
C’è poi un ulteriore elemento che
lascia esterrefatti: è dal 2006 che l’ufficio legale della Regione
tenta di far capire al Servizio tutela che sanare cubature e altri abusi
diversi dal semplice restauro conservativo nelle aree vincolate, è semplicemente illegittimo. Lo
scriveva appena dieci anni fa l’avvocato Graziano
Campus (leggi), citando non solo la Corte
Costituzionale ma anche diverse sentenza emesse l’anno prima dalla Corte
d’appello di Cagliari e l’ha ribadito nel
marzo dello scorso anno il direttore generale dell’area legale Sandra
Trincas: le opere non sono sanabili, il ministero può
annullare l’autorizzazione e il parere della Sovrintendenza è vincolante. Tutto
chiaro? Non proprio, visto che poche settimane dopo Alessandro
Pusceddu firma la sanatoria nientemeno che per il petrolchimico Eni di
Sarroch. Abusivo, chiaramente.
Fantastico. L'abusivismo va sanzionato per chi costruisce 20 metri quadri per necessità, ma se sei un'industria... tutto cambia!
RispondiEliminain più per le costruzioni abusive a volte si usano le ruspe, qui invece...
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