mercoledì 2 ottobre 2013

Grani naturalmente modificati e grani geneticamente modificati

mangio solo pane fatto con farina di grano  Senatore Cappelli, quando posso
scegliere io, quasi sempre, a anche la pasta, non troppe, ma ho scoperto chi
la produce.
chi non l'ha assaggiato, questo pane, ispirandomi a Beppe Viola, sono
"quelli che mangiano una pizza surgelata e, solo perche è prodotta in uno
stabilimento vicino a Napoli, credono che è la vera pizza napoletana".
ho fatto un collage di parole e link, sperando che chi legge si incuriosisca
e provi a dare un morso al pane che mi piace, certo qualcuno dirà che è
strano, come dicevano i miei alunni in gita a Londra, che lì parlano un
inglese strano, mica come la professoressa e come a scuola, ma poi tutto
diventa chiaro (speriamo).
mangiatene e godetene tutti - francesco


Il grano duro Senatore Cappelli

Si tratta di una varietà di grano duro. Ha preso il nome da Raffaele Cappelli, senatore che nei primi del Novecento promosse la riforma agraria e la ricerca sui grani duri e teneri. Per circa un secolo, questa varietà è stata molto coltivata. Negli anni ’70 scomparve quasi del tutto a causa della mutazione genetica cui fu sottoposto per ottenere la varietà Creso. Dopo un periodo di assenza, di recente la coltivazione è ricominciata in alcune regioni del Sud che puntano soprattutto alla salvaguardia della qualità. Il grano duro Senatore Cappelli può essere considerato un cereale “antico”, antenato del grano duro attuale, non contaminato da mutagenesi come molti altri cereali oggi coltivati. Per la sua altezza (160-180cm) e il suo apparato radicale sviluppato, soffoca le malerbe ed è quindi molto adatto per l’agricoltura biologica. La produzione è concentrata in Basilicata, Puglia e Sardegna.


dice Giuseppe Li Rosi, contadino siciliano
«Il consumatore – suggerisce Li Rosi – dovrebbe porsi una domanda, che è la stessa che si facevano gli uomini primitivi quando andavano alla ricerca del cibo: cos’è buono e cos’è cattivo, cosa mi permette di proliferare e cosa invece mi toglie energia». Il problema per l’agricoltore è che questa domanda non ce la si fa più «perché siamo talmente bombardati dalla pubblicità che ci siamo convinti di avere tutto il cibo a disposizione». Eppure, dice, «nessuno mai metterebbe nafta o benzina sporca nella propria macchina, ce ne guardiamo tutti bene, perché invece non pensiamo a cosa introduciamo nel nostro corpo?». E dà la colpa all’ingegneria sociale «che ha tagliato il rapporto con le tradizioni convincendo per 150 anni la gente che il prodotto industriale è quello più salubre, asettico, sano, e addirittura di moda, portandoci a comprare il cibo con gli occhi chiusi. Mentre prima si guardavano le mani di chi ti vendeva il pane e se aveva le unghia nere non lo si comprava».
Per Giuseppe Li Rosi scegliere i grani antichi significa dedicare più tempo alla ricerca del cibo. Invece di fare la corsa con i carrelli. «Ai primordi l’uomo dedicava tutta la giornata alla ricerca del cibo e fino a 60 anni fa si impiegavano ore in cucina. Oggi lo vogliamo portato fino a casa», dice. Lui concorda con il filosofo Ludwig Feuerbach che pensava che siamo ciò che mangi. «Infatti – dice – il nostro cervello si attiva in presenza di elementi chimici. Molti microelementi non si trovano più nel ciao e molte aree del nostro cervello sono disattivate. Per evolverci dobbiamo cambiare modo di vivere, pensare e di nutrirci».

(Siamo ciò che mangiamo - L.Feuerbach)

Per approfondire
http://www.glamfood.it/leggi_news.aspx?id=145

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