Dopo la denuncia de L’Unione Sarda nella regione montana si scatenano polemiche: con proteste e scritte sui muri
Soffia il
vento della tempesta sulle Alpi d’Aosta. Quando all’alba i quattro mori
compaiono “scolpiti” a colpi di vernice sul muro davanti al quartier generale
di una sorta di “Enel valdostana”, nell’eremo di Chatillon, si
capisce che quel progetto eolico in terra sarda non è andato giù nemmeno tra le
cime imbiancate della Valle d’Aosta. L’inchiesta de L’Unione Sarda, «Schiaffo
Valle d'Aosta, dalle Alpi al Monte Rughe», sul progetto di una centrale
eolica, presentato dalla società elettrica “pubblica” gestita dalla Regione
valdostana, ai confini del Montiferru con il Marghine, tra Pozzomaggiore e Sindia,
ha dato “fuoco alle polveri”. Proteste e scontro politico, riflettori accesi e
nuovi retroscena di una “sottospecie” di affare pubblico con molti risvolti
privatissimi.
Carte
segrete
In questa
storia inverosimile, con una Regione d’altura, autonoma e speciale, che
pianifica lo sbarco di una montagna di pale eoliche nell’Isola più periferica
d’Europa, anch’essa autonoma e speciale, c’è di tutto e di più. C’è lo sfregio
al principio autonomistico, che dovrebbe produrre almeno un minino rispetto
reciproco per lo status costituzionale di Regioni speciali,
c’è l’affare pubblico perseguito alla pari delle logiche speculative delle
peggiori multinazionali del vento, c’è soprattutto un risvolto affaristico
rimasto sino ad oggi blindato nelle carte segrete dei notai d’Aosta.
C’è tempo
per lo spray
C’è tempo
per raccontare lo scontro politico nel Consiglio Regionale della Valle d’Aosta
dove non tutti hanno preso di buon grado il fatto che la società elettrica di
“proprietà” della Regione autonoma abbia deciso di specializzarsi in
“affettatori d’aria” e incentivi d’oro in terra sarda. C’è tempo per raccontare
di quella scritta “spray” di protesta con tanto di bandiera sarda
comparsa nei giorni scorsi davanti alla sede della CVA, a Chatillon,
che solerti imbianchini di Palazzo hanno fatto cancellare a tempo di record.
C’è tempo per spiegare il progetto che i signori della montagna più alta
d’Italia vogliono realizzare tra Nuraghi e paesaggi meravigliosi al confine tra
le terre bruciate dai criminali del fuoco e le vestigia più antiche della
Civiltà Nuragica del continente sardo. Non può aspettare, invece, la storia di
un business sotterraneo e sconosciuto consumato tra un notaio e l’altro, con
quote azionarie di pochi euro acquistate a colpi di milioni e milioni di moneta
europea. Un’operazione rimasta preclusa alle cronache, omessa nei racconti
istituzionali di queste ultime ore, celata da un riserbo consumato dalla frase
di circostanza del Presidente della Regione che dinanzi allo sfregio sardo si è
limitato a dire che Cva, la società partecipata integralmente dall’istituto
autonomistico pubblico, ha agito nel «pieno rispetto delle norme vigenti». Il
richiamo del presidente valdostano è per quelle disposizioni normative di Stato
che umiliano le autonomie regionali a partire da quelle speciali, che
calpestano i diritti, i patrimoni ambientali e naturalistici di una terra tanto
lontana quanto geneticamente vicina ad un’altra Regione impregnata di autonomia
e indipendenza.
Gli affari
nascosti
Le chiama
“norme vigenti”, ma in realtà non sono nient’altro che lo sfregio della libertà
di un popolo di governare il proprio territorio, mettendolo al riparo da
speculatori pubblici o privati che vorrebbero devastarne i tratti paesaggistici
e identitari più profondi. Non sono bastate al Presidente della Regione Valle
d’Aosta, Renzo Testolin, le argomentazioni di diniego dei Comuni sardi, della
stessa Regione Sardegna, delle Agenzie ambientali, per indurre il suo “braccio”
elettrico a chiedere scusa e ritirarsi in buon ordine.
Venduta un
mese dopo
Chissà,
però, cosa penseranno i suoi concittadini valdostani quando verranno a sapere
che L’Unione Sarda ha svelato in questa nuova inchiesta contratti notarili
registrati il sette agosto del 2023 presso il Notaio del Collegio di Aosta, Giampaolo
Marcoz, e l’otto febbraio del 2024 da Carlo Munafò, Notaio in Saronno. Tutti
atti in nostro possesso, prove inappellabili su un tracciato di denari, di
fatto “pubblici”, appartenenti ad una società “controllata” al 100% dalla
Regione Valle d’Aosta, trasferiti copiosamente a favore di una modestissima
società privata, la “Ven. Sar srl”, proprietaria delle quote della “Eos Monte
Rughe”, dichiarata allora, e ancor oggi, come «inattiva». Una modesta e anonima
società a responsabilità limitata, costituita il 6 luglio del 2023. Un mese e
un giorno dopo la costituzione, la società della regione valdostana ne acquista
il 49%. Una scalata inspiegabile e con tanti misteri.
Intrecci
& soffiate
Decine di
nomi, conosciuti e sconosciuti, dietro un intreccio di società concatenate
l’una con l’altra. Di certo c’è da domandarsi come sia stato possibile che una
società pubblica, come quella elettrica della Valle d’Aosta, sia arrivata sino
in via Antonio Scano, al numero 6, di Cagliari per iniziare la scalata ad una società
«inattiva», con appena diecimila euro di capitale. Per quale motivo? Perchè
proprio quella? E soprattutto, a che prezzo hanno comprato quell’inattiva
società di provincia, anonima e senza uno straccio di progetto presentato e
tantomeno approvato? È certo che la prima operazione si compie il 7 agosto del
2023: dimissioni dell’amministratore della “Eos Monte Rughe”, tale Alessandro
Reali.
Il primo
acquisto
È lui che
comunica a sé stesso e al “Notaio in Aosta” che le sue dimissioni sono legate
all’acquisizione contestuale della maggioranza delle quote della società da
parte della CVA Eos, la compagine elettrica della Regione Valle d’Aosta.
Nell’atto notarile quel passaggio di quote, il 51%, non ha un prezzo
dichiarato. Lasciato evidentemente ad atti parasociali non allegati
all’assemblea che registra il passaggio di mano. A svelare il passo cruciale è
l’atto notarile siglato a Milano l’otto febbraio scorso. La società “Ven.Sar.
srl”, proprietaria ancora del 49% cede un ulteriore 19%, pari alla miseria di 1.900
euro di capitale sociale.
Plusvalenza
stratosferica
Il costo di
vendita, però, non ha eguali: «Le parti dichiarano e si danno atto che il
prezzo pattuito per la cessione dell’intera Quota è di Euro 3.990.000
(tremilioninovecentonovantamila virgola zero zero) (“Prezzo”), corrisposto in
data odierna dall’Acquirente (la società della Regione Valle d’Aosta al
Venditore (la Ven. Sar.srl) , mediante bonifico bancario». Una quota di
1.900 euro di una società «inattiva» venduta, e comprata, a quasi 4 milioni di
euro: una plusvalenza stratosferica, senza precedenti nei mercati borsistici,
pagata tutta con soldi pubblici, quelli della società regionale della Valle
d’Aosta. Ma se i solerti amministratori della società valdostana hanno pagato
la bellezza di quasi quattro milioni per il 19% di quel capitale azionario,
quanto hanno pagato per il pacchetto del 70% finito nelle loro mani? E
soprattutto chi gli ha garantito che quel progetto “folle” in terra di Sardegna
sarà mai approvato? Misteri per adesso ancora racchiusi sulle cime innevate
delle Alpi, quelle che traguardano gli affari milionari sul Montiferru.
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