domenica 7 luglio 2024

Guerra del vento tra Valle d’Aosta e Sardegna - Mauro Pili

 

Dopo la denuncia de L’Unione Sarda nella regione montana si scatenano polemiche: con proteste e scritte sui muri

Soffia il vento della tempesta sulle Alpi d’Aosta. Quando all’alba i quattro mori compaiono “scolpiti” a colpi di vernice sul muro davanti al quartier generale di una sorta di “Enel valdostana”, nell’eremo di Chatillon, si capisce che quel progetto eolico in terra sarda non è andato giù nemmeno tra le cime imbiancate della Valle d’Aosta. L’inchiesta de L’Unione Sarda, «Schiaffo Valle d'Aosta, dalle Alpi al Monte Rughe», sul progetto di una centrale eolica, presentato dalla società elettrica “pubblica” gestita dalla Regione valdostana, ai confini del Montiferru con il Marghine, tra Pozzomaggiore e Sindia, ha dato “fuoco alle polveri”. Proteste e scontro politico, riflettori accesi e nuovi retroscena di una “sottospecie” di affare pubblico con molti risvolti privatissimi.

Carte segrete

In questa storia inverosimile, con una Regione d’altura, autonoma e speciale, che pianifica lo sbarco di una montagna di pale eoliche nell’Isola più periferica d’Europa, anch’essa autonoma e speciale, c’è di tutto e di più. C’è lo sfregio al principio autonomistico, che dovrebbe produrre almeno un minino rispetto reciproco per lo status costituzionale di Regioni speciali, c’è l’affare pubblico perseguito alla pari delle logiche speculative delle peggiori multinazionali del vento, c’è soprattutto un risvolto affaristico rimasto sino ad oggi blindato nelle carte segrete dei notai d’Aosta.

C’è tempo per lo spray

C’è tempo per raccontare lo scontro politico nel Consiglio Regionale della Valle d’Aosta dove non tutti hanno preso di buon grado il fatto che la società elettrica di “proprietà” della Regione autonoma abbia deciso di specializzarsi in “affettatori d’aria” e incentivi d’oro in terra sarda. C’è tempo per raccontare di quella scritta “spray” di protesta con tanto di bandiera sarda comparsa nei giorni scorsi davanti alla sede della CVA, a Chatillon, che solerti imbianchini di Palazzo hanno fatto cancellare a tempo di record. C’è tempo per spiegare il progetto che i signori della montagna più alta d’Italia vogliono realizzare tra Nuraghi e paesaggi meravigliosi al confine tra le terre bruciate dai criminali del fuoco e le vestigia più antiche della Civiltà Nuragica del continente sardo. Non può aspettare, invece, la storia di un business sotterraneo e sconosciuto consumato tra un notaio e l’altro, con quote azionarie di pochi euro acquistate a colpi di milioni e milioni di moneta europea. Un’operazione rimasta preclusa alle cronache, omessa nei racconti istituzionali di queste ultime ore, celata da un riserbo consumato dalla frase di circostanza del Presidente della Regione che dinanzi allo sfregio sardo si è limitato a dire che Cva, la società partecipata integralmente dall’istituto autonomistico pubblico, ha agito nel «pieno rispetto delle norme vigenti». Il richiamo del presidente valdostano è per quelle disposizioni normative di Stato che umiliano le autonomie regionali a partire da quelle speciali, che calpestano i diritti, i patrimoni ambientali e naturalistici di una terra tanto lontana quanto geneticamente vicina ad un’altra Regione impregnata di autonomia e indipendenza.

Gli affari nascosti

Le chiama “norme vigenti”, ma in realtà non sono nient’altro che lo sfregio della libertà di un popolo di governare il proprio territorio, mettendolo al riparo da speculatori pubblici o privati che vorrebbero devastarne i tratti paesaggistici e identitari più profondi. Non sono bastate al Presidente della Regione Valle d’Aosta, Renzo Testolin, le argomentazioni di diniego dei Comuni sardi, della stessa Regione Sardegna, delle Agenzie ambientali, per indurre il suo “braccio” elettrico a chiedere scusa e ritirarsi in buon ordine.

Venduta un mese dopo

Chissà, però, cosa penseranno i suoi concittadini valdostani quando verranno a sapere che L’Unione Sarda ha svelato in questa nuova inchiesta contratti notarili registrati il sette agosto del 2023 presso il Notaio del Collegio di Aosta, Giampaolo Marcoz, e l’otto febbraio del 2024 da Carlo Munafò, Notaio in Saronno. Tutti atti in nostro possesso, prove inappellabili su un tracciato di denari, di fatto “pubblici”, appartenenti ad una società “controllata” al 100% dalla Regione Valle d’Aosta, trasferiti copiosamente a favore di una modestissima società privata, la “Ven. Sar srl”, proprietaria delle quote della “Eos Monte Rughe”, dichiarata allora, e ancor oggi, come «inattiva». Una modesta e anonima società a responsabilità limitata, costituita il 6 luglio del 2023. Un mese e un giorno dopo la costituzione, la società della regione valdostana ne acquista il 49%. Una scalata inspiegabile e con tanti misteri.

Intrecci & soffiate

Decine di nomi, conosciuti e sconosciuti, dietro un intreccio di società concatenate l’una con l’altra. Di certo c’è da domandarsi come sia stato possibile che una società pubblica, come quella elettrica della Valle d’Aosta, sia arrivata sino in via Antonio Scano, al numero 6, di Cagliari per iniziare la scalata ad una società «inattiva», con appena diecimila euro di capitale. Per quale motivo? Perchè proprio quella? E soprattutto, a che prezzo hanno comprato quell’inattiva società di provincia, anonima e senza uno straccio di progetto presentato e tantomeno approvato? È certo che la prima operazione si compie il 7 agosto del 2023: dimissioni dell’amministratore della “Eos Monte Rughe”, tale Alessandro Reali.

Il primo acquisto

È lui che comunica a sé stesso e al “Notaio in Aosta” che le sue dimissioni sono legate all’acquisizione contestuale della maggioranza delle quote della società da parte della CVA Eos, la compagine elettrica della Regione Valle d’Aosta. Nell’atto notarile quel passaggio di quote, il 51%, non ha un prezzo dichiarato. Lasciato evidentemente ad atti parasociali non allegati all’assemblea che registra il passaggio di mano. A svelare il passo cruciale è l’atto notarile siglato a Milano l’otto febbraio scorso. La società “Ven.Sar. srl”, proprietaria ancora del 49% cede un ulteriore 19%, pari alla miseria di 1.900 euro di capitale sociale.

Plusvalenza stratosferica

Il costo di vendita, però, non ha eguali: «Le parti dichiarano e si danno atto che il prezzo pattuito per la cessione dell’intera Quota è di Euro 3.990.000 (tremilioninovecentonovantamila virgola zero zero) (“Prezzo”), corrisposto in data odierna dall’Acquirente (la società della Regione Valle d’Aosta al Venditore (la Ven. Sar.srl) , mediante bonifico bancario». Una quota di 1.900 euro di una società «inattiva» venduta, e comprata, a quasi 4 milioni di euro: una plusvalenza stratosferica, senza precedenti nei mercati borsistici, pagata tutta con soldi pubblici, quelli della società regionale della Valle d’Aosta. Ma se i solerti amministratori della società valdostana hanno pagato la bellezza di quasi quattro milioni per il 19% di quel capitale azionario, quanto hanno pagato per il pacchetto del 70% finito nelle loro mani? E soprattutto chi gli ha garantito che quel progetto “folle” in terra di Sardegna sarà mai approvato? Misteri per adesso ancora racchiusi sulle cime innevate delle Alpi, quelle che traguardano gli affari milionari sul Montiferru.

da qui

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