Una scoperta che riscrive la storia della viticultura dell'intero Mediterraneo occidentale. A farla gli studiosi dell'Università di Cagliari. L'équipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità (CCB), guidata dal professor Gianluigi Bacchetta, ha rinvenuto semi di vite di epoca Nuragica, risalenti a circa 3000 anni fa. E ha avanzato l'ipotesi che in Sardegna la coltivazione della vite non sia stata un fenomeno d'importazione, bensì autoctono.
Sino ad oggi, infatti, i dati archeobotanici e storici attribuivano ai Fenici, che colonizzarono l'isola attorno all'800 a.C., e successivamente ai Romani, il merito di aver introdotto la vite domestica nel Mediterraneo occidentale. Ma la scoperta di un vitigno coltivato dalla civiltà Nuragica dimostra che la viticoltura in Sardegna era già conosciuta: probabilmente ebbe un'origine locale e non fu importata dal vicino Oriente. A suffragio di questa ipotesi, il gruppo del CCB sta raccogliendo materiali in tutto il Mediterraneo: dalla Turchia al Libano alla Giordania si cercano tracce per verificare possibili "parentele" tra le diverse specie di vitigni.
La ricerca. Nel sito nuragico di Sa Osa, vicino la splendida località di Cabras-Or, nell'Oristanese (non lontano dal luogo del ritrovamento delle due statue dette 'I giganti di Or'), la squadra di archeobotanici del professor Bacchetta, grazie alla collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano, ha trovato oltre 15.000 semi di vite, perfettamente conservati in fondo a un pozzo che fungeva da 'paleo-frigorifero' per gli alimenti. "Si tratta di vinaccioli non carbonizzati, di consistenza molto vicina a quelli 'freschi' reperibili da acini raccolti da piante odierne - spiega Bacchetta - Grazie alla prova del Carbonio 14 i semi sono stati datati intorno a 3000 anni fa (all'incirca dal 1300 al 1100 a. C.), età del bronzo medio e periodo di massimo splendore della civiltà Nuragica"...
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