(intervista di Roberto Saviano)
IMMAGINATE di aprire il vostro computer e
di trovare sul desk un documento non redatto da voi che raccolga in ordine
tutti i dati della vostra vita. Quando vi siete diplomati, la foto in cui siete
allo stadio, il documento della patente, gli audio mandati su WhatsApp.
E poi, scavando, ogni singolo dettaglio: una foto di quando eravate ubriachi a
una festa dieci anni fa, il dettaglio di un bacio dato alla moglie del vostro
migliore amico che entrambi avete giurato di non raccontare e di non far
accadere mai più.
E ancora: l'elenco di tutti i porno che avete visto, la mappatura di ogni
commento stupido e sessista detto in una telefonata. Un selfie da nudi, la foto
fatta al compleanno di vostra madre, un video al museo del Louvre. Ebbene,
questo documento esiste. O meglio, potrebbe esistere e non è una fantasia
distopica, né un'esagerazione: la persona che di tutto questo ha portato prova,
documentazione, esperienza diretta ce l'ho davanti ai miei occhi ora ed è Edward
Snowden.
Non cercate di catalogare in mente, andando a ritroso, le cose fatte o i file inviati che potrebbero esporvi; troppo tardi, è ormai cosa irrimediabile. E anche se aveste vissuto come un monaco trappista nelle alture del Golan, qualche elemento per mettervi in imbarazzo lo si trova sempre. Ah, sia chiaro, non ci sono reati in quest'elenco, nemmeno uno. E a ben vedere neanche immoralità, ma elementi personali, gusti, contraddizioni, errori, passioni di cui dovreste rispondere solo a voi stessi o a chi decidete di metterne a parte ma che, se finissero nelle mani di qualche "giornalista" pagato (o a qualche "tribunale", dipende dallo Stato in cui vivete) per fare killeraggio sulla vostra reputazione, comprometterebbero la vostra immagine pubblica e dovreste spendere tempo e energie a giustificarvi.
Non tutti abbiamo un profilo pubblico, potreste obiettare. Non siamo giornalisti, né volti della tv, non siamo politici né scrittori. Vero, eppure paradossalmente questo genere di informazioni, se rese pubbliche, fanno più danno alle persone comuni che, da sole, si trovano costrette a difendere il proprio privato all'interno di una comunità di persone in carne e ossa, che giudicano e stigmatizzano, e non di odiatori virtuali da social media. Ora però calmate il respiro, nessuna paranoia. Non c'è nessuno che vi stia spiando. Nessuno con occhi voce orecchie; ma ci sono strutture tecnologiche che raccolgono tutto, con il consenso del vostro governo e all'occasione, se serve, se fate qualcosa che non va fatto, se diventate nemico di qualcuno, le informazioni disponibili su di voi verranno selezionate e consegnate a chi potrà servirsene in modo lecito o illecito, secondo arbitrio. Cosa avete fatto? Molto spesso nulla, ma è bastato spiarvi nella vostra normale vita di tutti i giorni per rendervi "mostri".
Snowden ha scritto un libro, Errore di Sistema, in cui racconta come sia riuscito a
scoprire tutto questo e come la sua vita lo abbia portato a scegliere di
svelare la più grande violazione di massa della privacy mai accaduta in una
democrazia. Attendevo questo libro da anni e tra le mani ho non il diario di un
esiliato, né il racconto di un testimone, ma la lucida analisi di un intellettuale
al quale ho molte domande da porre.
Edward, quindi non c'è modo di difendere la
propria privacy?
"Non puoi pensare che non ti interessa la
privacy perché non hai nulla da nascondere, sarebbe come dire che non ti
interessa la libertà di stampa perché non ti piace leggere o che non ti importa
della libertà di culto perché non credi in Dio. La privacy è l'espressione
individuale di un diritto collettivo. Ma quando costruiscono un sistema che
cataloga, immagazzina, sfrutta gli scambi tra esseri umani, per usarli contro
di noi, devi stare in guardia e chiederti: e ora cosa ci succederà?"
Snowden mi sta parlando da uno schermo, mi parla
dal suo esilio lungo ormai sei anni. Da quando nel 2013 ha rivelato ciò che
accadeva, gli Stati Uniti gli hanno revocato il passaporto e lo hanno
denunciato per aver rivelato i programmi della NSA: questo è ciò che si sa di
lui. Nel libro c'è tutto il resto. Il suo primo atto di hackeraggio lo fa a sei
anni quando, per andare a dormire due ore dopo l'ordine della madre, cambia
l'orario di tutti gli elettrodomestici di casa, riuscendo a ingannare la
famiglia e ad andare a letto più tardi. La sua prima operazione importante
risale ai suoi sedici anni, quando scopre che il sito di Los Alamos può essere
"bucato" per trovare documenti ad uso interno. Chiamano a casa, la
madre crede che abbia fatto danni, invece vogliono assumerlo, ma non sanno che
è minorenne. Edward Snowden è il classico nerd che passa le giornate sul Web e
con i videogiochi. Quando non è collegato, Edward pensa a quando si collegherà
e nel suo libro racconta benissimo la trasformazione del Web.
"So bene quale luogo tossico e insano sia diventato oggi il Web, ma dovete capire che per me, quando ci sono entrato in contatto per la prima volta, Internet era qualcosa di totalmente diverso. Era come un amico, un genitore. Tutti indossavamo delle maschere, eppure questa cultura dell' 'anonimato attraverso la polionimia' produceva più verità che falsità, perché aveva un carattere creativo e cooperativo, più che commerciale e competitivo. Dopo la bolla... Le aziende capirono che le persone, quando si trovavano online, erano più interessate a condividere che a spendere, e che la connessione umana che Internet aveva reso possibile poteva essere monetizzata: dovevano semplicemente trovare il modo di inserirsi in questi scambi sociali e trarne profitto. Così è iniziato il capitalismo di sorveglianza, decretando la fine di Internet per come la conoscevo io".
Come è avvenuto, in concreto, questo passaggio?
"Le persone, attirate dalla maggiore
facilità d'uso, hanno preferito abbandonare i propri siti personali - che
richiedevano un costante lavoro di manutenzione - a favore di pagine Facebook o account Gmail,
dei quali, però, erano proprietari solo nominalmente. Chi era succeduto alle
società che avevano fallito nell'e-commerce, perché non erano riuscite a
trovare nulla che ci interessasse comprare, ora aveva un nuovo prodotto da
venderci. Quel prodotto eravamo noi stessi. I nostri interessi, le nostre
attività, la nostra posizione e i nostri desideri".
Se avessi di fronte Mark Zuckerberg, cosa gli
diresti?
"Non penso sarebbe interessato a conoscere
la mia opinione, perché mi pare un uomo piuttosto sicuro di sé".
Insisto.
"Gli chiederei: come vuoi essere ricordato?
Credo che quando Zuckerberg invecchierà, si guarderà indietro, vedrà il suo
fascicolo personale e si rammaricherà di non aver usato le risorse di cui oggi
dispone per qualcosa di più nobile e importante, che non vendere più
pubblicità".
Permanent Record, 'Fascicolo personale', è il titolo in inglese del
libro di Snowden e indica tutte le informazioni che non è più possibile
cancellare su di te. Errore di sistema è
il titolo scelto da Longanesi e credo sia più su misura di Edward, perché
rappresenta quel tassello del sistema che doveva funzionare e che invece...
Forse come titolo lo prediligo.
Ma dove ha trovato Edward il coraggio di svelare
i segreti della National Security Agency? La NSA è una divisione militare del
Pentagono, il generale Alexander, che l'ha diretta per 9 anni, aveva una
massima: "Raccogliere tutto il raccoglibile". I funzionari del
governo americano hanno negato, ma intanto Snowden aveva dato alla stampa le
prove dei programmi XKeyscore, in grado
di leggere qualsiasi email. Poi svela PRISM, un programma
di sorveglianza utilizzato per monitorare chat, videochat, comprese quelle che
avvengono via Skype. E poi svela Tempora, programma che il governo britannico utilizzava
per spiare le cancellerie europee. Snowden ha dato tutte le prove che aveva
alla stampa, illegalmente, nessun governo lo aveva autorizzato. Ma il punto è:
possibile che la sorveglianza di massa, che non riesce a fermare il terrorismo,
disperda invece forze e risorse per creare e gestire spazi che limitano la
libertà di ogni cittadino violando la sua privacy?
C'è un passaggio in Errore di Sistema che descrive come, la prassi di
registrare, non visti, le abitudini private di tutti noi, non sia stata mai
condivisa con nessuno: mai votata, mai approvata. Nessuno ci ha mai chiesto:
accetti tu di essere monitorato fin nella tua camera da letto perché, in caso
di necessità, sia tutelato l'interesse nazionale? "Il governo americano -
scrive Snowden nel suo libro - nel più totale disprezzo dei principi della
Carta costituzionale, ha ceduto alla tentazione e, una volta assaggiato il
frutto dell'albero avvelenato, è stato colto da una smania irrefrenabile. Ha
assunto in segreto il controllo della sorveglianza di massa, un'autorità che,
per definizione, affligge più gli innocenti che i colpevoli".
Si può recuperare la libertà del Web?
"Non credo che possiamo riportare le cose
come erano un tempo, ma penso che possiamo ricordare che esistono dei valori e
rispettarli. Ci sono persone più intelligenti di me, persone come l'inventore
del World Wide Web, Tim Berners, che si sta dedicando a una
cosa che si chiama re-decentralizzazione di Internet".
Il punto di caduta del tuo discorso è che, in
definitiva, non usiamo più il Web, ma siamo usati dal Web.
"I cittadini oggi sono meno consapevoli di
ciò che accade nelle nostre democrazie e, invece di essere soci della rete,
sono diventati oggetto della rete. Quello che sentiamo è un malcontento
crescente, perché vediamo il modo in cui queste tecnologie vengono utilizzate
contro di noi".
Che cos'è la re-decentralizzazione?
"Re-Decentralizzare, ossia fare in modo che
il sistema non abbia più bisogno di trattenere i nostri dati per fornire
servizi. Per capire il motivo per cui Internet è diventato quello che è oggi,
dobbiamo ragionare in termini di servizio pubblico. Tu paghi l'acqua e le
società che gestiscono servizi idrici non pensano a come la usi. La stessa cosa
vale per l'elettricità. Ma quando si parla di Internet, o di qualsiasi forma di
comunicazione che utilizzi Internet, come ad esempio le smart tv, non ti
permettono di usare una banale connessione Internet che non possono
controllare. C'è un'aggressiva resistenza alla crescita della crittografia.
Vogliono poter vedere per cosa usi Internet e applicare tariffe diverse in base
al traffico e ai siti che frequenti. Questa è la sfida, questo è il servizio
pubblico. Internet è stato trattato in maniera eccezionale e diversa da
qualsiasi altro servizio pubblico".
Ci fermiamo a riflettere su come la nostra
generazione sia l'ultima ad aver vissuto uno spazio di crescita fuori dalla
tecnologia. Snowden dà una lettura non scontata sul perché la tecnologia abbia
un'attrazione magnetica sui giovani, sul perché stare sullo smartphone,
connessi, costituisca un desiderio irrefrenabile.
"I giovani sono naturalmente affascinati e
attratti dalla tecnologia perché le macchine non discriminano. È il primo vero
incontro che i bambini hanno con una realtà in cui vengono trattati non da
bambini, ma come gli altri, perché un computer o uno smartphone non coglie la
differenza. Ciò che è cambiato, rispetto a quando ero bambino io, è che la
tecnologia con cui interagivo non si ricordava di noi. Accendevo la macchina,
la usavo e la spegnevo, e quando tornavo a usarla non si ricordava chi fossi o
cosa avessi fatto l'ultima volta, non aveva memoria".
Cosa pensi della condivisione sui social delle
fotografie dei bambini? Sarebbe davvero preferibile evitare di pubblicarle?
"È estremamente pericoloso il fatto che
oggi, partendo dalle immagini che le mamme postano di un'ecografia su Facebook, Twitter o Instagram, la storia privata dei bambini venga
catturata e conservata, e che non sia posseduta o controllata da chi l'ha
creata. Sono terze parti, aziende, gruppi di aziende o governi che assoldano
queste società come 'delegati' per avere informazioni. Quello che cercano di
creare è un 'grafico sociale' a partire da una semplice connessione tra persone
che conosci, con cui parli e interagisci e alle quali importa della tua vita. O
almeno questo è quello che accadeva all'inizio della mia carriera nella
comunità dell'intelligence".
E poi cos'è successo?
"Ora quello che fanno, una volta raccolte
le informazioni su di te e sulla tua vita, è arricchire il grafico, per
costruire il tuo fascicolo personale".
In termini pratici questo cosa comporta?
"La differenza tra me bambino e la mia
generazione è che io potevo fare errori, potevo dire cose terribili, provare
momenti di vergogna e fare cose di cui mi pentivo e che facciamo tutti da
piccoli, perché fare errori ci fa crescere. Oggi invece le persone sono
desensibilizzate perché sanno che quello che hanno detto rimarrà, non puoi dire
che era stato un errore e devi difenderti e giustificarti e finisci per
rafforzare un'identità in cui non ti ritrovi più, che non volevi, ma è troppo
tardi: sei intrappolato nel tuo passato. Ogni cosa che facciamo ora dura per
sempre, non perché vogliamo ricordarla, ma perché non ci è permesso
dimenticarla".
Vuoi dire quindi che qualsiasi cosa diciamo o
scriviamo ci perseguiterà?
"Viviamo gli errori come un archivio. Molti
giornalisti si chiedono, ad esempio, se io sia un eroe o un traditore, perché
ci piace l'idea competitiva di schierarci, di scegliere una squadra. Quello che
neghiamo sono le nostra capacità, credendo di essere incapaci sia di fare del
bene che di evitare il male. Dicono: non sono Gandhi, non sono Martin
Luther King, ho le bollette, ho dei figli e voglio solo andare a casa e
guardare il mio programma preferito. Beh, anche Gandhi voleva una vita felice.
Io non sono Gandhi, sono una persona semplice, ma amo una cosa: amo l'idea che
possiamo connetterci con tutte le persone del mondo e costruire legami di
fratellanza, costruire reti oltre barriere di lingua, confini, culture e
diventare migliori tramite uno scambio. Ma quando costruisco un sistema che cataloga,
immagazzina, sfrutta e arma questi scambi contro di noi a beneficio di coloro
che ottengono informazioni che ci riguardano, non posso fare a meno di
chiedermi: cosa succederà?".
Nel suo libro, Snowden descrive la sensazione
costante di colpa che provava quando lavorava per la NSA, mentre i giovani di
mezzo mondo morivano per combattere i regimi che fermavano il Web e l'accesso
ai social... Eppure lui sapeva cosa stava diventando quel libero accesso.
Scrive: "Per tutto il Medio Oriente civili innocenti vivevano sotto la
costante minaccia della violenza; lavoro e scuole erano paralizzati, mancava
l'elettricità, niente fognature. In molte regioni la gente non aveva accesso
neppure alle cure mediche più basilari. Ma se in ogni momento dubitavo che le
mie ansie sulla sorveglianza e la privacy fossero rilevanti, o addirittura
appropriate, di fronte a tali privazioni e pericoli immediati, dovevo soltanto
fare più attenzione alle folle per la strada e alle proclamazioni che facevano,
al Cairo come a Sana'a, a Beirut come a Damasco, e poi ad Ahvaz, nel Khuzestan,
e in ogni altra città della Primavera araba e del Movimento verde iraniano. Le
folle reclamavano la fine dell'oppressione, della censura, della precarietà.
Sostenevano che in una società veramente giusta non erano le persone a dover
rispondere al governo, ma era il governo che doveva rispondere alle
persone".
Il libro diventa, in alcuni momenti, una
misurazione del battito cardiaco della democrazia: "In uno Stato
autoritario i diritti derivano dallo Stato e sono concessi al popolo. In uno
Stato libero i diritti derivano dal popolo e sono concessi allo Stato. Nel
primo i popoli sono soggetti ai quali viene soltanto permesso di possedere una
proprietà privata, ottenere un'educazione, lavorare, pregare e parlare poiché è
il loro governo a consentirglielo. Nello Stato libero i popoli sono cittadini
che si mettono d'accordo per essere governati secondo un patto consensuale che
deve essere periodicamente rinnovato ed è costituzionalmente revocabile. È
questo urto fra l'autoritarismo e la democrazia liberale che credo costituisca
il maggiore conflitto ideologico del mio tempo, non la nozione architettata e
tendenziosa di una divisione fra Oriente e Occidente, o il revival di una
crociata contro il Cristianesimo o l'Islam".
Ciò che abbiamo di più prezioso, ovvero la nostra
vita, che è composta di tracce e dati, la lasciamo fluttuare nel Web, la diamo
via in cambio di niente e senza accorgercene. Come accade?
"Storicamente
i grossi cambiamenti sono avvenuti ogni volta che le persone sono passate da
circostanze comode a scomode, dal conforto allo sconforto. La sorveglianza è
insidiosa, anche quella aziendale. Chiedo sempre a tutti: cosa sa Google di noi? O Facebook? Nessuno sa
rispondere precisamente. Quello che ci viene detto è incompleto. Quando fai una
ricerca su Internet, quelle parole sono registrate per sempre ed è la stessa
cosa per tutti i siti. Alla Silicon Valley usano il temine
"frictionless", senza attrito, cioè comodo, senza problemi, ma quello
che in realtà significa è celare le conseguenze, nascondere i costi e farti
sentire al sicuro anche quando ti stanno danneggiando".
Così si stanno progressivamente trasformando le
nostre vite e smontando ciò che la democrazia aveva costruito (come ad esempio
il diritto all'oblio, a commettere un errore, non un reato, ma un errore, senza
doverti giustificare e restarne marchiato a lungo). E tutto sta accadendo
"frictionless", cioè senza attrito. Snowden crede nella democrazia
americana, nei suoi principi e nel libro usa un'espressione per descrivere
cos'è accaduto e continua ad accadere: "Hanno hackerato la
Costituzione".
Una volta, Edward, hai detto che il vero valore
di una persona non si misura dai valori in cui sostiene di credere, ma da che
cosa è disposto a fare per proteggerli. Se non pratichi i valori in cui credi,
probabilmente non ci credi fino in fondo. Non senti di non star praticando i
tuoi valori vivendo in Russia, un Paese che viola i diritti umani, un regime
che risponde a un unico uomo e a uno strettissimo gruppo di oligarchi, dove i
tribunali e i processi sono costruiti per impartire condanne e mai (se non in
casi rarissimi e spesso manipolati) assoluzioni?
"Molte persone dimenticano che non è stata
una mia scelta vivere in Russia. Ero a Hong Kong in viaggio verso l'America
latina quando il governo americano, l'ex segretario di stato John Kerry, mi ha
annullato il passaporto e sono atterrato in Russia. Di sicuro avrei potuto
collaborare con la Russia e dire che era il posto più sicuro del mondo per una
persona come me e mi avrebbero accompagnato in limousine fino all'hotel, ma ho
rifiutato. Mi è costato molto negli anni. Sono stato intrappolato in
quell'aeroporto per circa 40 giorni. Da lì ho fatto domanda di asilo in 27
Paesi nel mondo, inclusa l'Italia, ma anche Francia, Germania, Norvegia: i
Paesi che immaginiamo rispettino i diritti umani. Ma ogni volta che si arrivava
alla decisione e pensavamo fosse una decisione positiva, i miei legali
sentivano che una di 'quelle due persone' aveva chiamato i ministri degli
Esteri di quei Paesi, e quelle due persone erano John Kerry, il segretario di
Stato o il vicepresidente Joe Biden. E così ero intrappolato. Non sapremo mai
perché i russi mi lasciarono uscire dall'aeroporto, ma al momento ero l'uomo
più ricercato al mondo. C'erano giornalisti che si affollavano là fuori tutti i
giorni. Ho avuto un asilo temporaneo, per un anno, e dopo quell'anno non mi è
più stato garantito asilo. Non ho più scorta, agenti di protezione, vado in
metropolitana, prendo il taxi e pago l'affitto come chiunque altro. È una
situazione rischiosa e non ne ho il controllo, ma la realtà è che il motivo per
cui mi va bene vivere così, nonostante sia frustrante, - per quanto io abbia
criticato il governo russo per le sue politiche di sorveglianza, per la
gestione delle elezioni politiche, per come vengano effettuate e abbia
supportato le proteste - è che se il governo americano o i loro amici
provassero a uccidermi, confermerebbero la mia teoria, perché io non ho fatto
nulla per danneggiare il mio governo. Volevo aiutarlo. Ciò che ho iniziato a
fare, con questo lavoro di giornalismo, non è un atto di rivoluzione, ma un
atto di ritorno agli ideali degli Stati Uniti. E penso che sia la parte più
tragica della mia presenza in Russia che, ripeto, non è voluta da me. Tutto il
mondo ha sempre creduto che fossero gli Stati Uniti a proteggere i dissidenti.
Cosa accade quando notiamo di vivere in un mondo in cui un dissidente deve
essere protetto dagli Stati Uniti? Credo ciò dimostri quanto sia un periodo
oscuro della nostra storia e spero non duri troppo".
Sulla presenza di Edward Snowden in Russia sono
nate mille leggende, tra le più comuni quella che abbia dato informazioni
riservate ai Russi in cambio di ospitalità o che fosse già una spia al soldo
dei cinesi: nulla di tutto questo è provato, ciò che ha denunciato, invece, ha
trovato puntuale riscontro e lui stesso ha sempre negato di aver mai
collaborato con i russi. Perché, dunque, lo tengono lì? Un'ipotesi potrebbe
essere questa: Snowden è la prova vivente che, ogni qual volta gli Usa si
presentano come la più grande democrazia sulla terra, esiste in realtà un lato
oscuro, un'ombra da tenere lontana, il più possibile. E per distruggere questa
"contraddizione", la macchina del fango è lo strumento
principale.
"All'inizio avevo deciso di non difendermi.
Quando sono uscito allo scoperto nel giugno del 2013 e tutti parlavano di me ai
telegiornali, è iniziata la propaganda che tu ben conosci. Ogni domenica ai
talk show i giornalisti riportavano notizie che non erano vere, e gli altri le
ripetevano: è il loro lavoro. Non ho rilasciato interviste fino a dicembre
2013. Mi ci sono voluti sei mesi. E non ho nemmeno risposto alle critiche,
volevo solo commentare i risultati raggiunti e cosa ancora c'era da fare. Il
motivo per cui non ho risposto alle critiche era che la mia reputazione non
importava. Se avessi risposto, anche se avessi smontato le accuse e dimostrato
di aver ragione, avrebbero continuato a ripetere le loro accuse perché quegli
attacchi non sono nati per essere affrontati con i fatti, per capire cosa è
realmente successo. Non interessano i fatti, interessano i sentimenti".
Snowden vive una campagna di pressione mondiale
enorme, è "il traditore", "la spia", "il nemico della
democrazia americana", "l'alleato dei terroristi", "la
quinta colonna degli stati canaglia"... Eppure la sua scelta è di piena e
consapevole strategia.
"Se avessi risposto a tutti gli agenti che
mi accusavano in televisione, dicendo che non era vero niente, la faccenda si
sarebbe focalizzata su di me e la questione vera che era di interesse pubblico,
cioè se quei programmi fossero legali o meno, se il governo avesse davvero
violato la Costituzione, sarebbero passati in secondo piano".
Se rispondi, l'attenzione va su di te e se tu sei
fragile possono schiacciarti, ma se i tuoi "fatti" sono più forti di
tutto, anche più forti di te, a loro spetterà il compito di smentire i tuoi
accusatori.
"Il governo avrebbe saputo come rigirare le
cose, tutti avrebbero parlato di me e non dell'NSA. Fa male. Ci sono moltissime
persone, soprattutto nel mio Paese, che non hanno idea di ciò che è vero su di
me. Abbiamo pochi momenti di respiro nella nostra vita e possiamo usarli per
difendere la nostra reputazione o per focalizzarci sull'unica cosa che possiamo
fare, cioè il nostro lavoro. La cosa più difficile, e che mi fa provare molta
empatia nei tuoi riguardi, è stata stare semplicemente zitti, ma stare zitti
con un obiettivo preciso, perché quando decidi di parlare, lo fai per dire qualcosa
di importante".
L'Europa ha perso un'occasione unica rifiutando
l'asilo politico a Snowden; avrebbe potuto dimostrare il diverso approccio nel
dare sicurezza ai cittadini. Se Paypal, Facebook, Apple, Microsoft nascono negli Usa, è anche perché l'Europa
non ha considerato una sfida alla sua altezza avere delle proprie piattaforme,
ma è chiaro anche quanto poco riesca a preservare spazi di diritto e di scambio
dentro un perimetro di libertà. "Ho percorso i corridoi più oscuri del
governo e ho scoperto che è la luce che temono", ho letto questa frase di
Snowden in un'intervista rilasciata a Glenn Greenwald e me ne sono ricordato
mentre lo guardavo negli occhi sul grande monitor che avevo davanti.
"Siamo vicini di età e, considerata la
nostra situazione, è quasi ironico: entrambi siamo stati in esilio e visto da
un punto di vista storico, l'esilio è una cosa terribile. Nella letteratura
italiana e nel passato, essere in esilio era quasi peggio della morte. Sei
tagliato fuori dalla famiglia, dalla società, dalla vita intellettuale, dalla
lingua. Ma siamo qui a parlarne. Non hanno vinto..."
Vero... Ti trovo pieno di speranza. Anche il tuo
libro lo è. Hai un viso sereno e non sembra avvelenato da quello che stai
subendo.
"Sai, l'oppressione politica ha strumenti
che iniziano a non funzionare più. L'esilio non riesce a fermare più una
conversazione. Se mi chiedi se ho una vita felice, nonostante tutto quello che
ho passato, nonostante i sacrifici che anche tu hai dovuto fare, ci sono molti
fattori che ci danno fastidio. In verità sono più felice ora di quando sono
uscito allo scoperto, perché almeno ora posso credere nelle cose che faccio.
Non so cosa accadrà in futuro, se sarà positivo o negativo, ma non ne ho il
controllo. E poi pensiamo alla questione rimpianto: se avessi potuto, avresti
agito diversamente? No, certo".
Ti sei mai pentito?
"Mai.
Anzi mi sono pentito solo di una cosa".
Quale?
"La cosa che rimpiango è non essermi fatto
avanti prima. Rimpiango ogni anno che ho impiegato a decidere in cosa credessi,
per rendermi conto di ciò che succedeva e decidere di fare qualcosa. Spesso mi
chiedo cosa sarebbe successo se mi fossi fatto avanti prima. Recentemente mi
hanno chiesto se mi piacerebbe tornare al tempo della mia vita sul Web, quando
potevo cambiare continuamente nome. E chiedo a te la stessa cosa. Non sarebbe
bello se un giorno potessi avere un altro nome, o vivere in Danimarca?".
Sarebbe bello... Sì.
"Ma più passa il tempo e vivo così, più mi
sento a mio agio nel trovarmi a disagio. È una sorta di dote, allenarsi a
trovarsi nella propria pelle. È una di quelle situazioni eccezionali in cui
impari molto. Una cosa che vorrei ridurre è l'impatto sulla famiglia e gli
amici".
La tua famiglia è con te? Temi per i tuoi
familiari?
"Sai, io sono minacciato da una parte che
impone su se stessa delle restrizioni etiche, per cosi dire. La mafia può
toccare i familiari, il governo non può. La mia famiglia non ha dovuto vivere
altre conseguenze se non quella di essere preoccupata per me e le difficoltà
che tutti affrontano quando in casa hai qualcuno che è diventato famoso, o per
meglio dire, famigerato. La mia famiglia capisce perché ho fatto quello che ho
fatto. Non so se provano quello che provo io, non parlo per loro, ma abbiamo
ancora un rapporto molto stretto. È stata di grande consolazione".
Vorresti tornare negli Usa?
"Sì, vorrei tornare negli Usa e vorrei che
mi fosse concesso un giusto processo e essere giudicato secondo la legge.
L'Espionage Act del 1917 (della cui violazione Snowden è accusato ndr) in realtà non era stato creato per fermare le
spie, ma per fermare la resistenza politica. Credo però che questa legge non
durerà. Penso anche che anno dopo anno, tutte le accuse che mi sono state mosse
crolleranno sempre di più. Gli agenti dell'NSA ora dicono che avrebbero dovuto
loro stessi rivelare quello che ho rivelato io e che il programma che avevo
denunciato lo stanno eliminando".
Davvero pensi di poter un giorno tornare in Usa
dopo tutto quello che è successo?
"So solo che quando il mio Paese avrà bisogno
di me, io ci sarò".
Dopo la pubblicazione di questo libro
aumenteranno i guai...
"Non ho fatto quel che ho fatto per avere
amici. L'ho fatto perché penso che le cose in cui crediamo contino. Ma contano
soltanto in relazione a ciò che siamo in grado di rischiare per esse. L'unica
su cui posso contare, pensando al mio futuro, è la mia compagna Lindsay".
Sto per salutare Edward Snowden e lo ringrazio
per la sincerità delle sue risposte e la profondità non scontata, ma lui
continua...
"Non so chi vivrà più a lungo tra noi
due..."
E allunga un sorriso tenero da bimbo. Per
esorcizzare mi giro e faccio una foto, un selfie di me con Edward dietro, sullo
schermo. Lui sorride e aggiunge: "Sapevo che avrei sempre lavorato con i
computer ma non avrei mai immaginato di vivere dentro un computer".
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