La povertà ha un suo odore, quello che impregna non il naso ma il cuore di chi – nonostante i tempi – si ostina ad avere un minimo di sensibilità.
Ben altra cosa sono gli
aromi e le flagranze, roba per chi ha altri stili di vita e non conosce (né gli
interessa conoscere) altri olezzi socialmente diversi.
Premessa la simpatia per
gli animali e una certa preferenza per i gatti, continuo a dar precedenza agli
umani e ai sentimenti che questi suscitano e meritano.
Non riesco a gioire,
quindi, per la sensazionale notizia dell’essenza che Dolce e Gabbana hanno
ideato per la gioia dei cani e soprattutto dei loro benestanti proprietari.
Devo la scoperta in
questione al sito di CNN dove la novità trovava spazio tra le poco eleganti
facce dei profughi palestinesi e le tutt’altro che snob macerie di Gaza.
L’articolo mi ha rincuorato perché che, mentre c’è chi lotta per la
sopravvivenza (e di questi temi basta fare un tuffo nel degrado della periferia
per capacitarsene), fortunatamente c’è chi può sfruttare i sapienti dosaggi del
maestro profumiere Emilie Coppermann e titillare le proprie narici con “un
“capolavoro olfattivo caratterizzato dalle note avvolgenti e calde di Ylang,
dal tocco pulito e avvolgente del Muschio e dalle sfumature legnose e cremose
del Sandalo”.
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