giovedì 3 luglio 2014

No fracking, è una guerra




“Todos los veranos los dedico a filmar. Cada film es complementario con mi acción social y política. Ya no hay salas para estrenar documentales, cada vez son menos y los distribuidores nacionales han desaparecido. Hoy, por primera vez, estreno en las redes sociales: La Guerra del Fracking, mi último documental. Gracias por compartir y difundir.” (Fernando Pino Solanas)
Solanas ha scelto la via maestra del documentario per raccontare la “sua” Argentina, conseguenza naturale di una militanza politica che lo impegna in prima persona e di una scelta artistica che fin dagli esordi vede il cinema come arma di “liberazione e conoscenza”. La guerra del fracking è in realtà la terza parte di un progetto che possiamo definire di denuncia “ambientalista”, cominciato con Oro Impuro (2009) e Oro Nero (2011), lavori intitolati alla “Tierra sublevada”. Tre “racconti filmici” che (come altri) mettono a nudo le contraddizioni socio politiche economiche dell’Argentina contemporanea, un solco tracciato nella sua filmografica fin dal 2004 con Memoria del saqueo (Diario di un saccheggio, la storia argentina dalla dittatuta militare di Videla alla caduta del governo di F. de la Rúa) e che a oggi (con La guerra del fracking) si compone di ben sette parti distinte ma collegate tra loro. Solanas prosegue così con il modello del film-saggio, in cui si fondono i generi, alternando la cronaca dei fatti a momenti di riflessione, i materiali d’archivio a ritratti dei protagonisti di ogni storia. Insomma un’opera collettiva ancora una volta, in cui il regista si pone come tramite tra i suoi protagonisti e lo spettatore nella convinzione che solo la consapevolezza dell’attacco neo-liberista alla dignità delle persone e della comunità consenta una risposta adeguata ed efficace. La visione del docu-film che segue vale più di ogni altra parola.
Breve biografia
Fernando Ezequiel “Pino” Solanas cineasta argentino, artista poliedrico e uomo impegnato nel sociale e in politica è anche regista teatrale, musicista, attore, pubblicitario e creatore di storie per fumetti. Fondatore, assieme a Octavio Getino e Fernando Vallejo, del gruppo Cine-Liberation scrisse il manifesto Verso un Terzo Cinema, un’idea di un cinema politico, “terzo” rispetto al cinema holliwoodiano (il “primo cinema”) ed a quello artistico “d’autore” europeo (il “secondo”), che sostenesse la causa dei paesi vittime del neoliberismo e rendesse le pellicole “arma di liberazione”. Nel 2002 fondò dopo il default dell’Argentina il movimento politico “Proyecto Sur”, la cui proposta politica, economica, sociale e culturale “è basata sul rispetto della condizione umana ed ha come principi di base la difesa dell’ambiente e la proprietà pubblica delle risorse naturali come condizioni per il raggiungimento di una vera giustizia sociale e per la tutela della sovranità nazionale.” Dal 2003 ha firmato come regista una serie di documentari sul fallimento argentino e sulle emergenze ambientali del paese. Nel 2004 ha vinto l’Orso d’Oro alla carriera al Festival di Berlino.

«Il kirchnerismo sta consumando la sua parabola. Una nuova forza come la nostra può dire molto sui temi principali che interessano il paese». Così dice al manifesto il cineasta e senatore argentino Pino Solanas. Solanas è venuto in Italia per presentare al teatro Valle di Roma il suo ultimo docu­mentario «La guerra del fracking », invitato dall’associazione A Sud, una delle realtà che promuo­vono la campagna no fracking. Oggi sarà a Taranto nell’ambito del think Green festival, il festival del giornalismo ambientale e della sostenibilità.
«La guerra del fracking » raccoglie le testimonianze degli abitanti della zona del Neuquen, dove si trova il serbatoio di Vaca Muerta. Voci che spiegano gli effetti inquinanti della tecnica non conven­zionale di estrazione del gas. Un metodo per frantumare la roccia usando fluidi pregni di sostanze chimiche che vengono iniettati nel sottosuolo con forte pressione.
Solanas ha con sé il numero di giugno-luglio della rivista Causa Sur, «pensar nuestra America». In copertina, lo si vede ritratto con papa Bergoglio, che regge una maglietta con su scritto «No al fracking ». E ai danni ambientali prodotti dall’«hydraulic fracturing» (letteralmente fratturazione idraulica) è dedicata una lunga analisi dell’avvocato Felix Herrero, intito­lata «Fracturas y fracasos».
Causa sur è l’organo della vostra formazione politica, Progetto Sur?
Non è una rivi­sta di par­tito, ma vi par­te­ci­pano i prin­ci­pali com­pa­gni di Pro­getto sur. Una forza poli­tica di cen­tro­si­ni­stra che è arri­vata a costi­tuire un fronte di otto par­titi poli­tici nella città di Bue­nos Aires per par­te­ci­pare alle legi­sla­tive dell’anno scorso. Per la prima volta abbiamo messo in fun­zione le pri­ma­rie simul­ta­nee aperte, una legge che esi­steva ma non veniva uti­liz­zata. Abbiamo costi­tuito un fronte con otto par­titi poli­tici dicendo: siamo l’unità nella diversità.
Un punto d’approdo otte­nuto dopo aver lavo­rato insieme su tanti pro­getti nell’ambito del Con­gresso e nella vita sociale e poli­tica del paese. Non abbiamo avuto la pre­tesa di essere d’accordo su tutto ma sui punti fon­da­men­tali e sul dibat­tito interno. Così abbiamo otte­nuto un grande suc­cesso, per­ché abbiamo vinto le pri­ma­rie e dopo due mesi alle legi­sla­tive siamo arri­vati secondi, a tre punti dal vin­ci­tore, anche se le nostre finanze costi­tui­vano il 10% di quelle del par­tito uffi­ciale che governa Bue­nos Aires, di cen­tro­de­stra, e del governo nazio­nale. Io sono stato eletto sena­tore per la città di Bue­nos Aires e pre­si­dente della Com­mis­sione difesa dell’ambiente.
L’Argentina vive un momento dif­fi­cile. Qual è la sua opinione?
Si sta con­su­mando la para­bola del kirch­ne­ri­smo. Il governo è vit­tima dei grandi pro­blemi strut­tu­rali che non ha saputo affron­tare, due punti su tutti: il pro­blema ener­ge­tico e la rico­stru­zione indu­striale, delle fer­ro­vie, dei tra­sporti ecce­tera, e il debito estero.
E’ un governo che ha ali­men­tano una monu­men­tale cor­ru­zione. Un sistema orga­niz­zato per favo­rire società ami­che che hanno spe­cu­lato sulle grandi opere pub­bli­che. Un sistema che si regge su una grande men­zo­gna, diven­tata pra­tica di governo: si sono fal­si­fi­cate le sta­ti­sti­che. Un’inflazione del 25–30% è diven­tata in par­la­mento del 9–10%.
Que­sta poli­tica di fal­si­fi­ca­zione ha fatto sì che il cit­ta­dino per­desse fidu­cia nella moneta.
Molte orga­niz­za­zioni di sini­stra vi cri­ti­cano, però, per essere alleati con for­ma­zioni di destra
Sì, dicono che siamo mode­ra­ta­mente di centro-sinistra. Noi siamo un par­tito di idee, che riu­ni­sce figure di ambito poli­tico e cul­tu­rale, intel­let­tuali. Non siamo un par­tito di massa. Ci bat­tiamo per il con­trollo delle risorse natu­rali, a par­tire dall’acqua, siamo a fianco del 40% dei lavo­ra­tori che non ha coper­tura sociale, degli oltre 5 milioni di pen­sio­nati che per­ce­pi­scono circa 180 euro al mese.
Pro­getto sur difende l’idea di sovra­nità nazio­nale e gli inte­ressi dei paesi con­tro i grandi tri­bu­nali come il Ciadi, difende la que­stione sociale, la demo­cra­zia par­te­ci­pa­tiva, l’ambiente e un nuovo modello di svi­luppo, un pro­fondo lavoro in campo cul­tu­rale. Senza una vera riforma in campo edu­ca­tivo non si va da nes­suna parte.
Il suo giu­di­zio sulla gestione Kirch­ner è dun­que total­mente negativo?
Come dicevo, non si sono affron­tati i pro­blemi strut­tu­rali, anche se ci sono state cose posi­tive in ter­mini di diritti civili, rispetto al pro­blema della memo­ria, ad alcune misure sociali. E cer­ta­mente, a par­tire da Nestor Kirch­ner si è cer­cata l’alleanza con quelle parti dell’America latina con­tra­rie al pro­getto neo­li­be­ri­sta dell’Alca e del Nafta. Oggi quei pro­getti sono andati avanti rin­sal­dando nuove alleanze regio­nali come Una­sur, Mercosur.
I fondi avvol­toi rischiano di stroz­zare nuo­va­mente l’Argentina? C’è di nuovo un rischio default?
Il debito dell’Argentina è il risul­tato del più grande atto di cor­ru­zione, del patto di com­pli­cità fra i due prin­ci­pali par­titi, nasce e si svi­luppa durante la dit­ta­tura. Un debito ille­git­timo pat­tuito e gestito dalla giu­ri­spru­denza Usa. Eppure gli stessi Stati uniti secondo quella giu­ri­spru­denza non hanno accet­tato di pagare il debito all’Iraq per­ché il debito con i governi dit­ta­to­riali non sono con­si­de­rati debiti.
Non si è fatto abba­stanza per non pagare il debito. E in fondo non siamo mai usciti dav­vero dal default. L’eccedenza di ric­chezza non è andato per le pen­sioni o la cre­scita indu­striale, ma per le ban­che, gli affari e gli interessi.
I paesi dell’America latina che si richia­mano al socia­li­smo del XXI secolo hanno scelto la strada della sovra­nità. Qual è il modello che più le piace?
Ho avuto buone rela­zioni con Cha­vez e stimo molto il regi­sta Roman Chal­baud, ma il modello che pre­fe­ri­sco è l’Uruguay.

Democrazia del fracking

Il gas di scisto non è più una delle tante opzioni in Europa, ma una realtà. L’esplorazione è in corso in diversi paesi europei e vaste aree sono già state designate per essere sottoposte ad eventuali processi di fratturazione. “Democrazia del fracking” – il film di Lech Kowalski – analizza la realtà dell’esplorazione di gas non convenzionali in tre comunità: a Zurawlow, Polonia; a Balcombe, Regno Unito; e a Pungesti, Romania. Quando le multinazionali impongono la propria agenda sui cittadini, la democrazia è rimessa in questione e spesso i media non riportano alcuna opposizione alle attività di fratturazione. Questo film descrive la realtà di situazioni concrete e racconta la storia della produzione estrema di energia attraverso la testimonianza delle sue potenziali vittime.

Il fracking porta metalli pesanti nell’acqua sotterranea

Il metodo di estrazione di petrolio e gas, noto come fratturazione idraulica, o fracking, potrebbe potenzialmente contribuire all’inquinamento delle acque sotterranee in misura molto maggiore di quanto finora ipotizzato. Lo rivela un nuovo studio in dell’ACS (la American Chemical Society) pubblicato sulla rivista Environmental Science and Technology.
Gli scienziati che hanno condotto la ricerca segnalano che in caso di una fuoriuscita fortuita o di uno sversamento deliberato nel terreno, i liquidi di scarto dal fracking tendono a trasportare nelle falde sotterranee le minuscole particelle di metalli pesanti presenti nel suolo, con possibili gravi conseguenze sulla salute di persone e animali. Tammo S. Steenhuis, uno degli autori dello studio, ricorda che il fracking, che comporta l’iniezione sotto terra di enormi volumi di fluidi per liberare gas e petrolio, ha portato a un boom di disponibilità d’energia negli Stati Uniti, ma ha anche provocato molte polemiche. Uno dei motivi è il riflusso dei fluidi immessi nel sottosuolo. Ciò che ritorna indietro contiene acqua, lubrificanti, solventi e altre sostanze. Esse sono presenti sia nel liquido immesso all’origine che provenienti dalle formazioni di scisto dalle quali il petrolio e il gas vengono estratti.
Un aspetto finora non considerato del fenomeno innescato dal fracking è la presenza di colloidi nel suolo. Questi piccoli pezzetti di minerali – argilla e altre particelle – sono motivo di grande preoccupazione perché “attirano” i metalli pesanti e altre tossine ambientali e sono quindi collegati alla contaminazione delle acque sotterranee. Per simulare il comportamento dei colloidi dispersi nel suolo al passaggio di un flusso di fluidi immessi per il fracking, i ricercatori hanno utilizzato una miscela molto simile a quella utilizzata nell’attività estrattiva. L’hanno fatta passare attraverso uno strato di sabbia il cui contenuto di colloidi era noto. E hanno scoperto che i fluidi utilizzati nel fracking sono in grado di estrarre dalle sabbie circa un terzo dei colloidi totali, molto più di quanto faccia la sola acqua deionizzata. Aumentando la portata del flusso, poi, la cattura di colloidi è aumentata ulteriormente del 36%. “Questo indica che l’infiltrazione di liquido di riflusso” concludono i ricercatori “potrebbe trasformarsi in un’ulteriore gravissima fonte di contaminazione dei terreni e delle falde sotterranee”.

 Cosa vuol dire gas non convenzionali? Sono quei gas che si trovano a grandi profondità, incastrati tra le rocce e che si possono estrarre solo tramite la tecnica del fracking, o fratturazione idraulica. Noi abbiamo scoperto questa parola da poco, ma la stiamo sentendo molto spesso ultimamente. Il fracking è un metodo che pompa getti di acqua dolce, mista a sabbia e un composto chimico di cui non si sa quali siano gli ingredienti perchè le imprese non lo dicono, e questo non è un buon segno…
I primi ad avere la geniale idea di usarlo sono stati, indovinate un po’? Gli Americani, quelli del Nord! Che hanno pensato che questa fosse una gran trovata per garantire la propria indipendenza energetica. Per cui invece di fare guerre in giro per assicurarsi combustibili hanno pensato bene di avvelenare direttamente i propri abitanti. Non tutti, ovviamente, solo che vivevano nelle zone limitrofe ai giacimenti.Cosa gli è successo? Nulla di grave, solo che l’acqua che usciva dal loro rubinetto era talmente piena di gas da essere infiammabile…
da qui

Non solo sono aumentati i terremoti, dice lo studio: i sismi sono stati registrati molto più lontano dall'impianto di quanto ci si sarebbe aspettato. Il dibattito sulla pericolosità del fracking va avanti da anni, e questo studio sicuramente alimenterà le proteste di chi si oppone a questo tipo di attività. 
I quattro impianti presi in considerazione in Oklahoma riversano nel terreno, a due o tre chilometri di profondità quasi 20 milioni di litri di liquido al giorno. Tutta questa pressione, spiegano gli autori, "creano una pressione che deve andare da qualche parte". La Keranen ha spiegato che l'acqua si sposta sottoterra con molta più velocità
 e molto più lontano, andando a toccare linee di faglia che - già attive - non possono fare altro che muoversi di più…


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