Quelli del Gruppo d’intervento giuridico
se n’erano accorti già nella primavera del 2014. Sotto i pannelli fotovoltaici
della gigantesca serra di Giave non c’era traccia di coltivazioni, nonostante
l’ìmpianto fosse stato autorizzato a condizione che la produzione agricola
fosse prevalente.
A distanza di oltre due anni, arriva la prima
conferma. Il maxi impianto è sotto sequestro, tre persone sono indagate per
truffa ai danni dello Stato, 9 milioni di euro sono stati bloccati sui conti
correnti riconducibili alla società. Stando a quanto emerge dall’indagine
condotta dalla Guardia di finanza, ortaggi e verdure varie venivano in realtà
acquistate da fornitori terzi e spacciati come prodotti in loco. Intanto i
contributi pubblici arrivavano puntualmente in cassa.
E’ opportuno, ora, fare un piccolo salto
indietro nel tempo. Novembre 2013. Le cronache riportano la notizia
dell’iniziativa sorta a Giave con toni entusiastici. A capo del progetto ci
sono un paio di ex imprenditori edili sardi; i soldi, invece, una cinquantina
di milioni, arrivano dalla lontana Taiwan, da una società effettivamente
specializzata in sistemi fotovoltaici.
A Giave si fregano le mani. L’azienda
viene definita come una delle più grandi al mondo del suo genere: 24 ettari di
serre fotovoltaiche, in grado di produrre 16 megawatt di energia, al cui
interno (riporto testualmente da una delle cronache dell’epoca) “con cura e
passione si coltivano asparagi, peperoni, lattuga romana, rucola e, ancora,
insalata iceberg, radicchio rosso e cavolfiori”. Sempre le cronache dell’epoca
esaltano i primi, eccezionali risultati dell’intrapresa agricola: circa duemila
chili di ortaggi percorrono ogni giorno le strade dell’isola, da nord a sud,
per arrivare freschi sulle tavole dei consumatori. C’è pure il marchio
commerciale, con prodotti in vasetto pensati appositamente per il mercato
cinese, la previsione di nuovi impianti per la trasformazione nel territorio e
persino una partnership con la Porto Conte Ricerche.
Tutto questo veniva detto e scritto nel
novembre del 2013. Ma la denuncia degli ambientalisti risale ad appena quattro
mesi dopo. Com’è possibile che, in appena 120 giorni, le serre di Giave si
siano trasformate dal paradiso dell’ortaggio a campi di sterpaglie? E le
autorità dell’epoca? Antonello Liori, assessore regionale dell’Industria, dopo
una visita alle serre di Giave, definì l’iniziativa “una sfida vincente
che speriamo sia anche d’esempio per gli altri imprenditori sardi”. Se lo dice
lui…
Se le prime risultanze dell’inchiesta
fossero confermate, siamo di fronte a una gigantesca presa per i fondelli.
L’ennesima, a dire il vero. Con l’aggravante che non impariamo mai a
riconoscerla in tempo.
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