venerdì 3 febbraio 2023

I narcotrafficanti della ‘ndrangheta visti dalla Colombia - Douwe Den Held

 

 

Alcune delle tappe più significative che hanno legato a doppio filo i narcos calabresi ai narcos latini, colombiani ma non solo, in questo speciale di InSight Crime

 

Da alcuni decenni ormai, i clan della ‘ndrangheta sono diventati i più importanti alleati europei dei narcotrafficanti di cocaina dell’America Latina. Dal Messico all’Ecuador, dalla Colombia al Brasile, sono moltissimi i broker della ‘ndrangheta arrestati per traffico di droga, praticamente in ogni Paese delle Americhe. Perfino l’Uruguay nel 2017 ha fermato uno dei principali narcotrafficanti calabresi, Rocco Morabito, ricercato da vent’anni e pronto a scappare di nuovo, in una serie di rocamboleschi eventi tra cui l’evasione dal tetto della prigione e la cattura in Brasile a maggio 2021, ben due anni dopo.

La ‘ndrangheta delle origini non sembrava destinata a un simile successo. Eppure, è diventata il principale fornitore di cocaina per l’Europa. Ma lo sarà per sempre? L’ascesa del gruppo mafioso è in parte dovuta alla fortuna e in parte a circostanze. E così anche il suo futuro può dipendere da situazioni imprevedibili.

 

La prima porta per la cocaina colombiana: il Nord America

La ‘ndrangheta è un’associazione mafiosa che è stata formata in Calabria, si crede attorno al XIX secolo. Man mano che cresceva, l’organizzazione criminale si intrecciava sempre più con la società civile calabrese, seguendone i passi durante l’emigrazione di massa dalla Calabria, causata da difficoltà economiche e sociali, e gettando le basi per la sua futura internazionalizzazione.

A partire dagli anni Sessanta, i clan accumulano grandi quantità di denaro attraverso attività legali e illegali come pizzo e rapimenti. Cosa fare con tutti quei soldi? Vent’anni dopo, negli anni Ottanta quindi, i clan calabresi che più si erano arricchiti iniziano a investire in spedizioni di cocaina dalla Colombia agli Stati Uniti, all’epoca ancora organizzate dalle famiglie di Cosa Nostra negli Usa. Presto supereranno Cosa Nostra e diventeranno egemoni.

Ma nonostante ciò e nonostante i clan della ‘ndrangheta siano riusciti a stabilire una presenza stabile in alcuni Paesi, tra cui Germania, Canada e Australia, non sono stati in grado di fare lo stesso in America Latina. Tutt’oggi, anche in Paesi come l’Argentina, meta di grandi diaspore calabresi, la presenza della ‘ndrangheta è limitata principalmente a broker che gestiscono il traffico di droga per i clan.

Il vero pioniere da questo punto di vista, è stato Roberto Pannunzi. Nato a Roma, già alla fine degli anni Ottanta si era affermato come broker indipendente in Colombia, facendo da ponte tra il Cartello di Medellín di Pablo Escobar e i clan italiani di Cosa Nostra e della ‘ndrangheta. Pannunzi in pochi anni diventa un influente broker della cocaina, in grado di organizzare spedizioni di diverse tonnellate in tutta Europa. Viene arrestato due volte, e altrettante volte evade, per poi finalmente venire catturato in Colombia a luglio 2013 e successivamente estradato in Italia.

Ma mentre una volta di Pannunzi ce n’era solo uno, verso la fine degli anni ‘90 la ‘ndrangheta già poteva contare su una vera e propria rete di broker di stanza in Colombia.

Non poteva esserci momento migliore. Proprio mentre il governo statunitense intensificava la sua “guerra alla droga” per tutti gli anni ‘80 e ‘90, la domanda di cocaina aumentava in Europa. I clan della ‘ndrangheta erano in una posizione perfetta per sfruttare il mercato in crescita: le connessioni con i broker latinoamericani portavano grossi vantaggi, ma i clan calabresi godevano di un privilegio ancora più importante: il controllo del porto di Gioia Tauro.

 

La perfetta rotta per l’Europa

Il porto di Gioia Tauro diventa operativo nel 1995 e già durante la costruzione, la ‘ndrangheta riesce a infiltrarsi. La presenza stabile, da allora in poi, della ‘ndrangheta nel porto lo rende ideale anche per il traffico di cocaina, in quanto i clan possono offrire un ingresso sicuro ai carichi illeciti.

«Divenne la scelta più ovvia, anche per gli altri trafficanti», ha dichiarato a InSight Crime Anna Sergi, professoressa di criminologia dell’Università di Essex e specializzata in criminalità organizzata italiana. «La ‘ndrangheta divenne una sorta di garante per il traffico di cocaina in Europa perché aveva Gioia Tauro, che per anni è rimasto un varco d’ingresso intoccato dalle forze dell’ordine». A conferma, la Commissione parlamentare antimafia del 2008 ha dichiarato che la ‘ndrangheta gestiva fino all’80% delle spedizioni di cocaina in Europa.

Quattro anni dopo, un rapporto della Commissione europea giungeva a una conclusione simile, affermando che l’internazionalizzazione dell’attività della ‘ndrangheta negli anni ‘90 corrispondeva agli anni della costruzione del porto di Gioia Tauro, e illustrava come «probabile che la criminalità organizzata avesse prosperato grazie alle operazioni portuali [a Gioia Tauro, ndr]».

Negli ultimi due decenni, le forze dell’ordine e le dogane italiane hanno aumentato le operazioni di controllo e le indagini criminali attorno al porto di Gioia Tauro, prendendo di mira i principali clan che vi operano. Nel 2021, le autorità hanno sequestrato 13 tonnellate di cocaina nel porto, che rappresentano il 97% di tutta la cocaina confiscata alle frontiere italiane e circa il 20% di tutta la cocaina che transita sul territorio italiano, come ha dichiarato il questore di Reggio Calabria Bruno Megale, in un’interrogazione parlamentare di dicembre 2021.

Va comunque tenuto conto che oggi Gioia Tauro ha perso di importanza come snodo commerciale rispetto ad altri porti europei, sia per le merci legali che per quelle illegali. Per i trafficanti, i flussi commerciali legali spesso dettano le rotte più convenienti: una minore quantità di spedizioni legittime che passano per Gioia Tauro offre meno opportunità di introdurre carichi illeciti.

I trafficanti si sono quindi rivolti ai maggiori porti europei, Anversa e Rotterdam. Le autorità belghe e olandesi in questi due porti hanno sequestrato rispettivamente 89 e 70 tonnellate di cocaina nel 2021, molto più delle 13 tonnellate di Gioia Tauro.

 

La ‘ndrangheta sta anche affrontando una crescente concorrenza da parte di altre reti di narcotrafficanti in Europa. In Colombia, il principale Paese produttore di cocaina, le grandi organizzazioni criminali, i cartelli e i gruppi paramilitari che sono stati egemoni per decenni, si sono frammentati in fazioni più piccole. Questo ha aperto la porta ad altri gruppi criminali europei, come le organizzazioni albanesi, per trattare direttamente con i fornitori e acquistare grandi quantità di cocaina direttamente in Sud America.

La ‘ndrangheta, tuttavia, sembra ben posizionata per sopravvivere al declino dell’importanza di Gioia Tauro come porta d’ingresso della cocaina in Europa. L’infiltrazione della mafia calabrese presso altri porti italiani ha contribuito a mantenere in vita i traffici.

Nell’agosto del 2022, le autorità brasiliane hanno sequestrato oltre mezza tonnellata di cocaina destinata al terminal portuale di Vado Ligure, utilizzato come alternativa a Gioia Tauro, secondo quanto riportato da Reggio Today.

Il porto di Genova, che fa parte dello stesso gruppo portuale, è tra «i più infiltrati dalla ‘ndrangheta», ha dichiarato nel 2017 Federico Cafiero de Raho, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, come riportato in una relazione della Commissione parlamentare del 2022. Nonostante le operazioni di polizia e i sequestri presso i porti, i clan calabresi riescono sempre a organizzare nuovi carichi poiché si alleano con altri gruppi, trafficando attraverso diversi porti europei e condividendo i costi e i rischi di una spedizione...

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