A Masainas, nella piazza, c è un olivastro secolare gigantesco,
bellissimo. In questo piccolo paese della provincia di Carbonia-Iglesias, sabato 21 e domenica 22 marzo c è stata la
quarta edizione della Festa degli innesti. Il primo
giorno si è parlato di biodiversità, ambiente, catena alimentare e salute. Il
secondo era tutto incentrato sulla pratica dell’innesto (1). Grazie ad alcuni
professionisti, che hanno messo a disposizione la loro arte scegliendo delle
marze (1) di vecchie cultivar da innestare sui portainnesti – peri, meli e
susini, perlopiù -, si è potuto assistere dal vivo a questa tecnica. Volendo,
si poteva anche portar via la pianta.
Mi sono ritrovata
così ad ammirare le mani esperte al lavoro,
a discutere di vecchie varietà di cui ricordavo appena il colore e la forma del
frutto e ho carpito anche consigli su come meglio coltivare. C’erano i
banchetti dei prodotti locali: il miele, le uova, le spugne di luffa, i
carciofi coltivati con metodo biodinamico, il pane di grano biologico. È stata
una bella mattinata, terminata con un pranzo collettivo a base di prodotti
locali organizzato per bene dalla Pro Loco.
L’intera
manifestazione, invece, insieme all’amministrazione comunale l’aveva
organizzata il Centro di sperimentazione
autosviluppo Domus Amigas di Bindua, frazione
di Iglesias. La presidente è Teresa Piras,
con entusiasmo, convinzione e una gentilezza fuori dal comune, mi racconta che
tutto nasce da un gruppo di donne che hanno
reagito alla chiusura delle miniere, sulle quali era
basata l’economia di diversi paesi della zona. Si sono riunite e hanno portato
nel tavolo di discussione l’esigenza di capire cosa si potesse fare insieme.
“Abbiamo esplorato
forme di economia alternativa e di auto-organizzazione capaci di dare una
risposta concreta, credibile e realizzabile a una crisi economica che crea
disoccupazione e costringe i Sardi ad emigrare. Con questa consapevolezza, abbiamo provato a immaginare uno sviluppo che
potesse migliorare da subito la vita di ognuno e cominciato a lavorare su
alcuni progetti. Abbiamo cercato di tessere reti di
mutuo aiuto e solidarietà verso le realtà esistenti, facendone nascere altre
con iniziative rivolte in questa direzione”, spiega Teresa. Una di queste è la
Festa degli innesti, nata con lo spirito di evidenziare le risorse locali e le
biodiversità: “Ci siamo avvicinati a quello che la Sardegna produceva un tempo
e abbiamo sentito l’esigenza di capire perché certe colture erano scomparse e in quale contesto. A
partire dal cibo, ci si è resi conto che non si trovava più ciò che ci
occorreva per una corretta alimentazione: legumi, grano e frutta. Nel 2010, si
è così creato un comitato per la biodiversità, la prima iniziativa è stata
proprio quella di innestare antiche varietà. L’ha resa possibile soprattutto
Giorgio Deiana, un grande appassionato che innestava per conto suo delle piante
selvatiche lungo una linea ferroviaria abbandonata”.
Le ore sono passate
veloci, in questa mattinata di scambi e intarsi agricoli. Il clima era sereno e
rilassato e chi ha partecipato si è sentito accolto. “La vita si è realizzata
sul pianeta grazie alle cooperazione e non con la competizione. Questo è già un
cambiamento, una delle cose più importanti sono le relazioni che poi si
stringono grazie a questi incontri. Ognuno contribuisce con le proprie
caratteristiche e allora si parla di biodiversità sociale, ma è la stessa cosa.
La vita influisce attraverso la complessità e la cooperazione e non si può
separare il lavoro di conversione della natura, dal sociale. Ecco perché abbiamo lavorato per l’innesto
sociale con comunità che hanno differenti origini. Ogni passo è un progetto
politico, perché ormai sappiamo che la politica è quella fatta dal basso”. Resto
incantata ad ascoltare le parole di Teresa, una donna con una figura esile
quanto solide e grandi sono la sua energia, la voglia di fare, di spendersi per
quello in cui crede, di guardare al futuro: “Innestare è collaborare con la
natura ma dobbiamo stare attenti ai suoi limiti. Siamo diventati consapevoli
anche dell’atto simbolico e sappiamo che se l’uomo non rispetta i limiti
della natura non c è alcun futuro possibile“.
(1) L’innesto
consiste nel saldare, sul portainnesto,
una parte di pianta del nesto, detta marza,
rappresentata da una porzione di ramo o da una gemma, in
quest’ultimo caso detta occhio o scudetto. Si ottiene, in questo
modo, un’unica pianta formata da due porzioni diverse. La fusione istologica
avviene grazie al callo che si forma fra le due superfici tagliate,
precisamente dove combaciano i meristemi cambiali.
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