giovedì 16 ottobre 2014

La rivolta al mercato del contadino - Marco Appiotti

Sabato mattina (12 ottobre) al “Mercato del Contadino” di Reggio Emilia è successo qualcosa fuori dall’ordinario. Uno spontaneo e deciso atto di solidarietà di chi faceva la spesa – che in molti ancora si ostinano a chiamare consumatori – nei confronti dei piccoli produttori locali che ogni settimana animano il mercato istituito dal comune dal 2009.

I fatti
Alcuni ispettori della locale Ausl si presentano nell’affollata piazza Fontanesi dove si svolge il mercato per effettuare i controlli sul rispetto delle norme igienico-sanitarie. Appellandosi a una direttiva che vieta il normale porzionamento di formaggi e salumi (ma anche il taglio delle verdure) e che prescrive la vendita solo di confezionato, sequestrano diversi prodotti e rilasciano alcuni verbali. Era già successo che fossero state rilevate infrazioni e comminate sanzioni per altri motivi senza che nulla accadesse. Ma stavolta gli acquirenti quando capiscono la situazione prendono le difese dei produttori, alzano la voce e in pratica obbligano i funzionari ad allontanarsi.

La Circolare
Il divieto entrato in vigore da meno di un mese è parte di una circolare concordata con le associazioni di categoria che i produttori (in special modo gli allevatori e i pastori) ritengono iniqua, per la complicazione di gestione, per i costi del confezionamento e per la produzione di packaging superfluo. Ma soprattutto perchè significherebbe essere assimilati ai banchi a libero servizio eliminando così uno dei motivi per cui questo tipi di mercato sono stati istituiti: la relazione diretta produttore-acquirente fatta di assaggi, porzionamenti a richiesta, ma anche la semplice esperienza olfattiva.
Tobia è un pastore dell’appennino che ogni sabato “scende” in piazza per vendere yogurt e formaggi di pecora di propria produzione: “Mi preme sottolineare che lavoro non solo con passione, ma nel pieno rispetto delle normative sia in azienda, sia per il trasporto, sia al mercato“ dice. L’adeguamento, per lui e a per altri produttori, ha avuto costi che si misurano in migliaia di euro. Ma se “è giusto far le cose in regola, per la tutela di chi mangia il mio formaggio e per la mia azienda” è inaccettabile che siano imposte regolamentazioni “che di fatto ostacolano inevitabilmente la vendita, pur sapendo di seguire le disposizioni previste per negozi e supermercati – aggiunge – Sono un piccole imprenditore, ho sempre cercato un rapporto costruttivo con le amministrazioni e le Ausl e cercherò il dialogo anche questa volta, ma lotterò perchè il divieto venga rimosso” conclude Tobia. E intanto propone un incontro durante il prossimo mercato per informare i cittadini sulle buone pratiche che lui e altri vogliono continuare a seguire.

La reazione
L’accaduto viene rilanciato sulla pagina Facebook del Distretto di Economia Solidale di Reggio Emilia – impegnato da un poco più di un anno nella non facile costruzione di una rete di economie rispettose del territorio e delle persone coinvolte – e più tardi dai media locali. Lo sdegno e la solidarietà per i produttori, già manifestata al mercato, non tarda a farsi sentire anche online. Segno questo, al di là di toni polemici in alcuni casi eccessivi, di una consapevolezza diffusa riguardo al valore delle piccole produzioni alimentari locali. Tra i commenti più creativi qualcuno propone di raccontare le storie dei produttori, altri di munirsi di dichiarazione per accollarsi la responsabilità dell’acquisto porzionato.

Le persone
Al di là del caso reggiano sembra evidente un certo smarrimento del legislatore (italiano ma anche europeo) nell’interpretazione dell’attuale complessità: dietro lo scudo della “tutela dei consumatori” le regolamentazioni vengono uniformate, senza la capacità di distinguo necessari a favorire il moltiplicarsi di microimprese di qualità e la relativa redistribuzione del reddito. E senza prendere in considerazione una grande risorsa: le persone.Ipotesi che rimanda a una grande sfida, cioè la possibilità di intraprendere percorsi partecipati e condivisi che sappiano coinvolgere non solo le associazioni di categoria ma anche coloro che si intende tutelare. Non sono percorsi facili nè scontati, ma esistono chiari esempi come quello che si è concluso lo scorso luglio con l’approvazione della Legge regionale per l’Economia Solidale della Regione Emilia-Romagna.

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