lunedì 31 agosto 2015

Gli alberi salvano le città, permettiamoglielo. - Gruppo d'Intervento Giuridico

Può sembrare una cosa banale, ma è una profonda verità.
Gli alberi danno ogni giorno la vita alle città.     Sì, non solo offrono qualità ambientale, ma permettono la stessa possibilità di avere condizioni ambientali minimali per poter soggiornare e lavorare nelle nostre città.
Già nel 2013 era stata pubblicata l’importante ricerca “Carbon storage and sequestration by trees in urban and community areas of the United States” sulla rivista Environmental Pollution (Vol. 178, luglio 2013, pp. 229-236), condotta da David J. Novak, Eric J. Greenfield, Robert E. Hoehn, Elizabeth Lapoint dell’U.S. Forest Service e del Davey Institute: l’analisi sulla situazione ambientale di dieci città americane aveva condotto a rilevanti scoperte.
Gli alberi non solo sottraggono anidride carbonica e forniscono ossigeno all’aria che respiriamo, ma eliminano anche le pericolosissime polveri sottili, specialmente il particolato fine inquinante (inferiore ai 2,5 micron, o PM2,5), generati soprattutto dai sistemi di riscaldamento tradizionali e dal traffico veicolare.
Le implicazioni favorevoli sulla salute e sui costi della sanità sono anche più elevate. Utilizzando il programma BenMAP dell’E.P.A., l’Agenzia di protezione ambientale statunitense, i ricercatori hanno potuto stimare l’incidenza di effetti avversi sulla salute, come mortalità e morbilità, associandola al valore monetario che deriva dai cambiamenti nelle concentrazioni di Pm2,5.      La quantità totale di Pm2,5 rimossa annualmente dagli alberi varia dalle 4,7 tonnellate a Syracuse, alle 64,5 tonnellate di Atlanta, monetizzate in equivalenti valori annuali che variano da 1,1 milioni di dollari a Syracuse ai 60,1 milioni di dollari a New York.   Per quanto riguarda New York si calcola che gli alberi salvino una media di otto vite umane ogni anno.
In queste settimane un altro importante contributo scientifico giunge dagli Stati Uniti per aumentare il nostro debito di riconoscenza per gli alberi cittadini.
Sulla rivista Environmental Research Letters (Vol. 10, 12 agosto 2015, n. 8) è stata pubblicata la ricerca Impact of urbanization on US surface climate, realizzata da Lahouari Bounoua, Ping Zhang, Georgy Mostovoy, Kurtis Thome, Jeffrey Masek, Marc Imhoff,Marshall Shepherd, Dale Quattrochi, Joseph Santanello, Julie Silva del Goddard Space Flight Center della N.A.S.A.
Dall’analisi satellitare delle città americane – effettuata per la prima volta – i ricercatori hanno verificato che learee urbane sono vere e proprie “isole di calore”, con una temperatura più elevata rispetto alle aree circostanti da 1 a 3 gradi centigradi (con una media di + 1,9 gradi in estate e + 1,5 gradi in inverno), a causa della massiccia presenza di asfalto, cemento, edifici e altre superfici impermeabilizzanti che frenano ilraffreddamento naturale fornito dalla vegetazione.
Ovviamente il surriscaldamento ha effetti anche economici: un grado in più durante l’estate fa salire dal 5 al 20% i consumi di elettricità per i condizionatori.
Il fattore fondamentale per contrastare il surriscaldamento cittadino, assolutamente indipendente dalle emissioni di gas a effetto serra, risulta essere la presenza di vegetazione naturale.
Più alberi equivale, quindi, a minoresurriscaldamento oltre agli effetti positivi in termini di paesaggio, qualità ambientale, contenimento dell’inquinamento.
Concetti di buon senso ora confermati dalle ricerche scientifiche, purtroppo ancora alieni ai nostri amministratori pubblici locali, nonostante avanzateprevisioni legislative.
Infatti, l’approvazione della legge n. 10 del 14 gennaio 2013, “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” è stata una piccola-grande rivoluzione verde per le città: viene sancita la Giornata nazionale degli alberi (21 novembre) con iniziative concrete (es. messa a dimora di alberi autoctoni) e di sensibilizzazione, è stato rivitalizzato il programma “un albero per ogni neonato” (legge n. 113/1992), i Comuni dovranno dotarsi di un catasto del verde urbano e di più consistenti quote di verde pubblico negli strumenti urbanistici generali e attuativi, i cittadini potranno prendere in gestione il “verde di quartiere”, così come – finalmente – avranno una tutela specifica gli alberi monumentali e le alberate cittadine, finora spesso e volentieri massacrati a dispetto di qualsiasi buon senso.
Un altro piccolo passo in avanti: entro il 31 luglio 2015 i Comuni avrebbero dovuto stilare l’elenco dei propri alberi monumentali.
Quanti Comuni hanno davvero compiuto questo piccolo, ma importante passo?    Pochi.
Eppure in tanti casi vi sono già atti di pianificazione che potrebbero aiutare molto: per esempio, in Sardegna c’è il Repertorio degli alberi monumentali allegato al piano paesaggistico regionale (P.P.R., 1° stralcio costiero) ed è stato avviato dall’Ente Foreste della Sardegna ilCensimento dei grandi alberi.
Nelle nostre città, nei nostri paesi continua invece il taglio insensato di alberi, siepi e arbusti: da Padova a Carbonia, da Abano Terme a Empoli, da Firenze a Cagliari, la motosega impazza giuliva nel Bel Paese.
Non lamentiamoci per il troppo caldo, quindi…..

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

domenica 30 agosto 2015

La mensa impopolare - Albino Asagreco

A Genova la protesta inizia nel 2014, in una scuola materna dove la Commissione Mensa (CM) comincia a far domande (e richieste) “fastidiose” sulla qualità del cibo servito ai bambini. A una prima riunione di routine, un gruppo di anonimi cerca di riportare il silenzio urlando “il cibo è buonissimo” alle mamme che volevano parlare. Dopo qualche mese, le Commissioni Mensa capiscono che il Comune non darà mai risposte chiare a domande semplici. Viene così elaborato un questionario: 53 domande a risposta chiusa, una specie di Invalsi di ritorno: ci sono ogm? Il cibo è biologico? È italiano? È giapponese? È surgelato? Sì o No?
Il Comune traccheggia. Parte una raccolta di firme, si scrive una lettera al sindaco e arrivano le prime risposte. Alcune contengono menzogne, la maggior parte sono costrette a rivelare verità. “Cibo da discount”, intitola la Repubblica. Si raccolgono i primi consensi, il servizio comunale ammorbidisce le posizioni. Si affaccia perfino qualche ammissione e infine i prodotti peggiori spariscono dalle cucine.
Con l’anno nuovo, alla scuola materna arriva un appalto nuovo. Lo ottiene La Nuova Cascina, un colosso della ristorazione nazionale che produce 30 milioni di pasti l’anno. Adesso però rischia di essere escluso dai nuovi appalti per vicende assai poco edificanti, quelle delle inchieste di Mafia Capitale. Eppure, l’inizio sembra promettente e la protesta si prende una pausa concedendosi anche un po’ di riposo. Protestare stanca. A marzo, invece, complici le allerta-maltempo genovesi e il passaggio obbligato di emergenza da un retro cucina,viene alla luce una cassa di arance marce e ammuffite pronte da spremere (la materna è sempre la stessa). Si cerca di impedire di fotografare, le bidelle fanno cordone contro le mamme chiamate a vedere, il servizio comunale fa in modo che il reperto sparisca, insieme alle bolle di accompagnamento che recitano “cibo conforme”. Poche ore dopo, alla chetichella, vengono buttati nei cassonetti decine di chili di altri “prodotti freschi”. Stavolta si va ai NAS, che però hanno un loro modo particolare di vedere le cose: dicono che è già troppo tardi per intervenire e tutto è certamente già sparito. Parte una lettera all’Assessore e a tutti gli altri livelli di servizio. Nessuna risposta
All’inizio di aprile la CM dell’asilo pensa a strade diverse: basta protestare, adesso proponiamo. Si cerca di raccogliere adesioni a un documento con sei proposte (semplici, a costo zero, chiare ed efficaci) per migliorare servizio e controlli. Col passaparola, in pochi giorni, si aggregano una ventina di scuole. Stavolta la lettera non può essere ignorata, è così che nasce la Rete Commissioni Mensa Genova (CMG).
In realtà, la svolta l’ha data l’assessore Pino Boero. Intervistato, minaccia al solito giornale l’intervento dell’avvocatura del Comune contro i genitori. Potrà sembrare strano, ma ogni tanto qualcuno i giornali li legge ancora. Il pezzo arriva sotto gli occhi di un consigliere grillino che è stato qualche anno nelle Commissioni Mensa e ricorda bene l’andazzo. Il consigliere si arrabbia, e fa un’interrogazione senza avvisare chi ha animato la protesta. La politica si muove e arrivano altri consiglieri. La Rete CM genovese rischia subito di spaccarsi: c’è chi vuol buttar le braccia al collo ai politici e chi spiega che il caso lo risolveranno loro, quindi è meglio che chi ha fatto la protesta fino a quel momento si tolga di torno.
Nel frattempo, a Palazzo Tursi, nasce una bella idea: le scuole, e guarda caso proprio quelle della Rete, verranno visitate a sorpresa da una task force di consiglieri. Evidentemente, per mantenere l’effetto sorpresa indispensabile a un controllo efficace, si pensa di far indossare ai consiglieri un mantello che li renda invisibili. In fondo siamo all’asilo… Qualcuno chiede ai genitori che hanno messo in moto la protesta di essere presenti ai sopralluoghi “a sorpresa”. Potranno rispondere a qualche domanda e magari saranno utili anche per le foto di rito. E’ troppo. Nella Rete il fronte si spacca davvero, iniziano a volare rifiuti e parole grosse, mentre un balletto di date, ordini e contrordini sul sito ufficiale del Comune (che, naturalmente, pubblica la data della visita “a sorpresa”) fa scrivere un articolo irriverente persino alla testata locale tutt’altro che rivoluzionaria.
Il 30 aprile c’è il colpo di scena più divertente. Lo mettono in atto le stesse ditte che portano i pasti. Alla super-programmata presenza dei consiglieri “in incognito”, si esibiscono in una serie di disservizi che neanche il sabotaggio più perfido avrebbe potuto immaginare: i pranzi sono gelidi, arrivano in ritardo, mancano le porzioni… Ci sono poi diverse casse di frutti troppo esotici per essere veri. Per ironia della sorte, la dirigente del servizio illustra la presenza delle mele-banane proprio al consigliere grillino che aveva fatto esplodere il caso: le banane arrivano etichettate come mele. La pagina facebook (Rete Commissioni Mensa Genova), appena nata, fa registrare numeri da record.
Pochi giorni dopo si concretizza, finalmente, l’annunciata, smentita, e poi ri-programmata Commissione Consiliare. Naturalmente, si fa di tutto per non far intervenire le mamme “troppo battagliere”. Alla fine, però, due genitori finiscono seduti al centro di una parata di rappresentanti istituzionali. Sono armati fino ai denti di materiale divulgativo anti-esproprio: pennetta USB e copia cartacea in tatzebao ma c’è anche uno striscione fra i genitori del pubblico.Maniman (non si sa mai, in genovese) gli togliessero la parola o il diritto di mostrare i dati, bisogna farsi trovare pronti a tutto.
Le altre presenze di spicco vanno dall’assessore a Federfarma, che parlerà di alcuni progetti da lanciare nelle farmacie, al responsabile della ASL, che invece resta ben ancorato al tema del giorno illustrando come, per migliorare la resa del servizio, i sopralluoghi vengano concertati con le ditte. Ci sono anche il pediatra che si occupa di diete scolastiche e, in fondo a destra, i rappresentanti delle suddette ditte.
I genitori parlano dieci minuti giusti (sui 180 della riunione) ma riescono a mostrare tutto: dalle foto delle arance marce al cibo buttato, il packaging fuori legge persino nei mercati rionali, il cibo ri-surgelato. Ci scappa perfino la descrizione del “trucco” delle forniture miste. Raccontano il cibo OGM in un capitolato OGM free, gli ovoprodotti di seconda categoria… Il pubblico è molto attento e molto, molto silenzioso. Per concludere, richieste di cambiamenti sui controlli, la qualità, le ammende, la sicurezza alimentare e perfino sui contaminanti ambientali nel cibo scolastico. Sarebbe il primo caso in Italia. Una richiesta tanto esagerata da rendere più facile demolire o ignorare le altre, quelle di puro buon senso? Macché, interviene il pediatra che, lasciando di stucco chi l’ha preceduto, mentre sostiene tutte le richieste fatte, spiega di far parte dell’Isde, i medici per l’ambiente. Applausi, votazione: 29 su 30. I tenaci genitori in lotta non credono ai loro occhi e, appena usciti all’esterno, si abbandonano a cauti festeggiamenti. Il consiglio ha chiesto un tavolo congiunto con le Commissioni Mensa.
Il tempo passa e, naturalmente, non succede niente. Dopo il Dossier Maggio che raccoglieva tutti i dati e le foto presentate in consiglio, i genitori s’inventano “La settimana del controllo a sorpresa”, nella quale chi può va in mensa a vedere che aria tira. I risultati costituiscono il Dossier Giugno: 11 infrazioni su 12 sopralluoghi. Si va dalle deroghe irregolari alle diete speciali penalizzanti, e poi triple etichettature, conteggi che non tornano. Non è vero che nelle scuole di Genova si mangia, per così dire, bio: dipende dal quartiere in cui vivi, e questo i responsabili non lo avevano mai detto. Ma ormai tutti sono stanchi, la scuola è finita…
Eppure i genitori resistono e riprendono il tam tam, protestano perché non sono stati divulgati i dati richiesti (soldi, ammende, verifiche sulle deroghe…). Il 2 luglio, a scuole strachiuse, arriva una convocazione “plenaria” delle CM della città. Il caldo inizia a essere torrido ma le presenze non sono certo poche.Nessuno sa bene perché è stato convocato ma il clima è costruttivo: il solito assessore fa sedere al tavolo di confronto e presenta i partecipanti, spiegando chi sono e cosa vogliono. Il pubblico è in sintonia, riconoscimenti e applausi. La Rete CMG viene presentata ufficialmente come referente per i genitori delle CM. “Però”. avverte l’Assessore, “dovrete lavorare a luglio, perché ad agosto ci saranno i rinnovi dei lotti scaduti e la Stazione Unica Appaltante, che lavora in assoluta autonomia, preparerà il bando. Voi ci siete, a luglio?” “Ci siamo, assessore”.

Vengono inviate 23 richieste e si attende che vengano nominate le “portavoci del Comune”. Il 22 luglio, a una settimana dalla scadenza, arrivano le risposte. Quattro punti non certo secondari vengono rigettati, un paio accettati, sul resto “stiamo ragionando”. Sì, ma chi sta ragionando? Si chiede un incontro e il 4 agosto, con 35 gradi all’ombra, le “truppe residue” vanno a un incontro riservato in una sede dislocata. Vengono a sapere per caso, quasi per inciso, che il rinnovo non sarà per i due lotti in scadenza ma per tutta la città: un mega-appalto da 4 milioni di pasti l’anno che il Comune pubblicherà a fine mese. Le “truppe residue” accaldate pensano di non aver capito, chiedono conferma scritta. Perché così sarebbe un inganno, verrebbero tagliate fuori da qualunque decisione. Non saprebbero nemmeno quante e quali proposte sono state accettate, chi le ha discusse. Niente. Non hanno nemmeno avuto copia delle “Linee di indirizzo” per dirigere i nuovi capitolati…In questo modo, tutto verrà surgelato per almeno tre anni e il discorso vale per tutta la città.
La Rete delle Commissioni Mensa, o meglio le sue “truppe residue” scampate alla crudeltà dell’agosto in città, provano a spiegare come e dove possono la sortita “balneare” che renderebbe vana una lotta condotta con generosità, tenacia e qualche amarezza. In pochi giorni conquistano il sostegno di Arci Genova, Aiab e Asci Liguria, AssoUtenti, Fair, Terra! e altre associazioni che si occupano di territorio. Firmeranno anche loro una lettera che chiede di bloccare il mega-appalto. La lettera parte ma non c’è alcuna risposta. Tre consiglieri di maggioranza presentano una mozione spiegando di condividere la protesta. Ancora silenzio.
In un intervento scritto per partecipare al dibattito aperto sul manifesto e intitolato “C’è vita a sinistra”, il 22 agosto il sindaco Marco Doria scrive che uno dei problemi per gli scomodi primi cittadini di sinistra è quello di “costruire alleanze sociali…intercettando persone e gruppi in una società frantumata”. I genitori della rete di Genova lo leggono e rispondono così: «Il Comune ha fatto un colpo di mano premeditato lanciando in agosto un mega-appalto per le mense delle scuole genovesi che vale quasi 30 milioni di euro tenendoci fuori da ogni decisione. Così i nostri bambini mangeranno ancora i bastoncini di pesce della Namibia, il riso rumeno e la verdura congelata che arriva dal Belgio”. Fino ad ora nessuna risposta.
da qui

sabato 29 agosto 2015

La bici massaggia il cervello - BiciAmici

Che i ciclisti fossero meno stressati degli automobilisti lo abbiamo capito sulla nostra pelle, girando per le strade cittadine. Tutti poi abbiamo sperimentato lo stress da automobile e molti sono passati alla bicicletta proprio per questo motivo.
Una ricerca scientifica conferma la nostra esperienza quotidiana. Secondo uno studio inglese di fine 2014 (“Does active commuting improve psychological wellbeing? Longitudinal evidence from eighteen waves of the British Household Panel Survey”), i ciclisti sono meno stressati (del 40 per cento) rispetto a chi si reca al lavoro guidando in auto o sui mezzi pubblici.
Neema Moraveji è l’inventrice di Spire un sistema portatile di monitoraggio dello stress con cui è stata condotta la ricerca per la Stanford University’s Calming Technology Lab che lei stessa dirige.

Sono stati raccolti dati da più di mille persone che si spostavano per lavoro. Venivano registrati da una App per Smartphone.
Normalmente si pensa che lo stress dipenda dal lavoro. La cosa è sicuramente vera ma analizzare come incida il modo di spostarsi è molto interessante: quello è un momento in cui siamo da soli, abbiamo controllo su noi stessi e possiamo condizionare il tono dell’intera giornata, dichiara Neema Moraveji
Andare in bici  “massaggia” il cervello, accresce la circolazione fra l’emisfero destro e quello sinistro, bilanciando e calmando la mente. Il risultato è quello di alleggerire la sensazione di stress e depressione.
Infine chi si muove a piedi o con la bici gode di una sensazione di maggior benessere, dorme meglio, ha più energia e risulta avvantaggiato nella vita lavorativa e personale.
* Blog della Fiab Versilia

mercoledì 19 agosto 2015

Future Farmers

Nell’anno dell’Expo, Cagliari Capitale Italiana della Cultura 2015 ospita la residenza artistica di Future Farmers, collettivo statunitense che sarà a Cagliari dal 18 al 29 agosto con un progetto che a partire dall’idea di forno pubblico esplora le tradizioni della panificazione mediterranea e le tecniche costruttive della terra cruda.
Il forno pubblico, epicentro del progetto, è stimolo a creare uno spazio di relazione dove sostare e condividere esperienze, riflettere sul patrimonio culturale dell’agroalimentare e riattivare tradizioni legate al cibo e alle tecnologie costruttive con una chiave contemporanea.
Il cibo come pratica relazionale, come esperienza performativa e riflessione sulla creazione di nuove economie, contribuirà alla “tessitura” di territori non solo urbani ma anche extra-urbani prefigurando e tracciando le relazioni culturali della nuova area metropolitana. Il progetto dei Future Farmers, nell’anno dell’Expo, arriva dal mare, approdando nella nostra città e saldando insieme esperienze e luoghi, tradizioni antiche e vivaci sperimentazioni.
In un calendario ricco di appuntamenti, il progetto dei Future Farmers si articola in una serie di incontri, momenti di partecipazione, visita ai territori dell’hinterland e ai centri culturali di Cagliari, tavole rotonde, laboratori, spettacoli e performance.
Da martedì 18 a giovedì 20 agosto al Lazzaretto verrà costruito un forno pubblico mobile in terra cruda con la collaborazione di gruppi di designer locali scelti dagli stessi Future Farmers (Progetto Barega e Révolver) e attraverso un processo di costruzione partecipata attraverso un laboratorio tenuto dall’artigiano Rodolfo Ciucciomei.
Il 20 e 21 agosto, sempre al Lazzaretto, saranno i giorni dedicati alla terra cruda che, con la collaborazione dell’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda, del Comune di Samassi, Università di Cagliari (Prof.ssa Maddalena Achenza), Jean-Marie Le Tiec dal CRAterre di Grenoble, Comune di Nuraminis, ospiteranno dibattiti scientifici, la mostra fotografica e la presentazione degli itinerari della terra cruda (Samassi, Settimo San Pietro, Nuraminis), laboratori.
Dopo una tappa di incontro con i produttori del GAL Sole Grano Terra all’interno del progetto Geografie Sommerse (24 agosto), martedì 25 agosto il progetto si sposta a Settimo San Pietro per una giornata di incontro e visita alla filiera corta, con laboratori sul pane, teatro di figura di Is Mascareddas in una nuova e inedita creazione dedicata al tema della panificazione, performance dei Future Farmers, degustazione dei prodotti locali a cura di Coldiretti.
Future Farmers incontra i centri culturali di Cagliari in una logica di legacy e condivisione dei percorsi, con una prima fase di laboratori di mercoledì 26 agosto presso l’Exma all’interno della mostra “Pani e Madri”: uno condotto dall’antico Panificio Porta introdotto da Alessandra Guigoni e una dimostrazione di Gabriela Pitzianti, della costruzione e la cultura di Sa Pippia de karesima.
I laboratori continuano il 28 agosto al Lazzaretto di Sant’Elia, esplorando le differenti tecniche: dall’artistico pane degli sposi a cura del Comune di Settimo San Pietro alle panadas di Assemini, dai pani del Mediterraneo alla tradizione di Su frammentu.
Venerdì 28 agosto presso il Lazzaretto Sant’Elia si terrà un grande evento conclusivo con la performance finale di Future Farmers, l’accensione del forno mobile e la sua restituzione alla città; e ancora momenti di incontro e scambio di esperienze tra il collettivo e realtà locali (Ass. Donne del Maghreb, India ed Etiopia, Panificatrici di Settimo San Pietro, Slow Food). Per l’occasione verrà presentato il primo dei progetti di Cagliari 2015 Terra mobile, che partirà a settembre nato dalle esperienze di rete della fase di candidatura verso il 2019.
Si terranno inoltre i concerti del Duo perfetto (Clorinda Perfetto, piano e Robert Witt, violoncello) che per l’occasione eseguiranno brani di repertorio classico sul tema del pane, reading letterari, teatro di figura (Is Mascareddas) e quattrolaboratori: il pane degli sposi a cura del Comune di Settimo San Pietro, le panadas di Assemini, le tecniche di panificazione del Mediterraneo a cura dell’Associazione Alpo e la tradizione di Su frammentu.
Il 29 agosto il collettivo Future Farmers e il forno pubblico incontrano la Festa del pesce di Sant’Elia in un momento di convivialità e scambio di culture e tradizioni.
Futurefarmers è un collettivo di artisti, designer, agricoltori e ricercatori specializzato nella realizzazione di progetti site specific. Fondato nel 1995, lo studio diventa una piattaforma di supporto per progetti artistici, residenze artistiche e ricerca in differenti settori. L’obiettivo è quello di dar vita a momenti collettivi di “non conoscenza”. Attraverso progetti partecipati, il collettivo Futurefarmers genera spazi esperienziali dove la logica della situazione in sé scompare e viene destabilizzata, in virtù di una riscrittura collettiva dell’immaginario.
Attraverso pratiche legate al cibo, al trasporto pubblico e al rural farming il collettivo sviluppa nuove narrazioni che mirano a ricostituire e riconfigurare il carattere finora specifico di una data logica: la partecipazione attiva è fondamentale per innescare questi processi di inversione. I lavori di Futurefarmers sono stati esposti presso Whitney Museum of American Art, New York Museum of Modern Art, Solomon R. Guggenheim di New York, MAXXI di Roma, New York Hall of Sciences and the Walker Art Center, PAV di Torino.

venerdì 14 agosto 2015

La Conferenza dei servizi per il metanodotto “Rete Adriatica” ha avuto il suo folle epilogo - Grig

Dopo undici anni di lotta tra la Snam s.p.a. e il Governo da una parte e i cittadini, i comitati eassociazioni ecologiste e gli enti locali dall’altra, si è arrivati all’atto finale sul progetto del devastante gasdotto “Rete Adriatica”, un gasdotto devastante per l’ambiente e inutile sul piano economico-sociale nelle zone a maggior rischio sismico d’Italia (zona sismica “1”), fra le aree a maggior rischio sismico in Europa, intercettando come birilli, le zone altamente sismiche di Abruzzo, Umbria, Marche[1].
Con una mossa a sorpresa (e secondo noi con un atteggiamento un po’ arrogante), ladott.ssa Cecere, uno dei burocratici funzionari del Ministero dello sviluppo, ha convocato laconferenza di servizi decisoria per il sei agosto 2015, disattendendo quindi la data settembrina precedentemente concordata con le altre amministrazioni pubbliche partecipanti, alla quale la regione Abruzzo sarebbe arrivata con una proposta progettuale alternativa a quella della multinazionale.
L’Abruzzo comunque c’era, rappresentato dalla Regione, dalla Provincia e dal comune di Sulmona e in ogni caso aveva già da tempo negato il suo assenso all’intesa con lo Stato. L’Umbria era presente con un solo rappresentante (non politico), un funzionario che, solo verbalmente, ha dichiarato la contrarietà della Regione all’imposizione del progetto. La Regione Marche, infine, non c’era affatto.
Il Presidente Ceriscioli e i suoi, infatti, dapprima hanno dato scarso peso alla cosa; poi, informati a dovere attraverso un intenso lavoro di pressing (cui ha dato un contributo fondamentale il consigliere regionale Traversini) si sono resi conto che prima del loro avvento c’era stata una dura battaglia, durata (fin qui) undici anni. Poi hanno garantito che avrebbero fatto la loro parte. Infine si sono astenuti dal partecipare, per non essere precipitosi, loro che “sono nuovi”, da poco insediati e quindi a digiuno sull’argomento.
Con questa mossa Ceriscioli e i suoi hanno scaricato i comitati, i cittadini (proprio quelli che li hanno eletti) e lo stesso Traversini, sconfessato su tutta la linea.
L’Umbria dalla sua, ha mantenuto fino all’ultimo la sua posizione obliqua, con un no mai formalizzato, evidentemente frutto più della pressione popolare che di un reale desiderio di difendere gli interessi dei cittadini umbri. Soprattutto, trapela il timore dei vertici della Regione di poter collidere con i diktat governativi certo, ma anche più semplicemente con quelli dei potenti burocrati di stato. Appare sempre più evidente comunque, che gli organi dello stato tendono a fare blocco unico con la multinazionale, evidenziandosi di fatto come una seconda controparte rispetto ai cittadini e agli enti locali che li rappresentano.
Di fronte a un tale capolavoro si potrebbero pensare e dire molte altre cose cose, tutte piuttosto sconfortanti.
E’ stato disatteso e scaricato (con dubbia consapevolezza) un lungo e paziente lavoro di collaborazione tra comitati di cittadini, associazioni e Regioni, un lavoro fatto di molto dialogo e poche polemiche, un lavoro che in tal senso aveva pochi precedenti e che aveva dato i suoi frutti.
Comunque, le Regioni con la loro pochezza, si sono a questo punto assunte tutte (ma proprio tutte) le responsabilità inerenti la annosa vicenda. Hanno ancora una manciata di giorni per esprimere comunque il proprio parere, fuori tempo massimo.
La decisione finale poi, per colpa delle Marche e dell’Umbria, verrà presa direttamente dal Consiglio dei Ministri. E’ chiaro che se dalle due regioni verrà un parere netto, ben argomentato e sostenuto con la forza necessaria, negando l’intesa col governo e quindi allineandosi all’Abruzzo, ci sarà il parere negativo di ben tre regioni e questo qualcosa dovrà pur contare. Ma date le premesse, con tutti questi “cuor di leone” che si aggirano nei palazzi del potere, è come dire che siamo nelle mani del Padreterno.
Non ce ne dimenticheremo.
Comitato interregionale “No Tubo”                 Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

giovedì 13 agosto 2015

vivendo a debito

Quest’anno l’Earth Overshoot Day (Giorno del sovrasfruttamento) è il 13 agosto: le emissioni di carbonio continuano a spingere l’Impronta Ecologica ben oltre le possibilità del pianeta
(OAKLAND, CA, USA) — 12 agosto 2015 — Secondo i dati del Global Footprint Network, un centro studi internazionale sulla sostenibilità (con uffici in Europa, Asia e Nord America) in meno di otto mesi, l’umanità ha consumato completamente il budget a disposizione del pianeta per l’intero anno; budget in cui il riassorbimento delle emissioni di carbonio costituisce più della metà della nostra «domanda alla natura».
Il Global Footprint Network rileva l’andamento delle esigenze dell’umanità nei confronti delle risorse del pianeta (Impronta Ecologica) rispetto alla capacità della natura di far fronte a quelle esigenze (biocapacità). L’ Earth Overshoot Day (Giorno del sovrasfruttamento) indica quindi la data in cui la domanda annuale di risorse dell’umanità supera ciò che la Terra può rigenerare nello stesso anno.Nel tempo l’Earth Overshoot Day si è spostato dai primi di ottobre (nel 2000) al 13 agosto di quest’anno.
I costi di questo sforamento ecologico stanno diventando sempre più evidenti e si concretizzano nella deforestazione, nella siccità e nella scarsità di acqua dolce, nell’erosione del suolo, nella perdita di biodiversità e infine nell’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera. In particolare, se gli attuali modelli climatici sono corretti, gli apporti di CO2 più recenti amplificheranno significativamente gli effetti di quella già presente.
Conseguentemente, i responsabili delle decisioni dei governi che terranno conto nelle loro politiche di questi vincoli crescenti avranno sicuramente più probabilità di avere buoni andamenti nei risultati economici di lungo termine delle loro nazioni.
«La sola impronta ecologica da carbonio dell’umanità è più che raddoppiata fra il 1970, anno in cui il mondo ha cominciato ad andare in sovraconsumo ecologico, e oggi. Questa rimane la componente che aumenta più velocemente nel crescente divario tra l’Impronta Ecologica e la biocapacità del pianeta» dice Mathis Wackernagel, presidente del Global Footprint Network e co-ideatore del sistema di misurazione delle risorse denominato Impronta Ecologica. «L’accordo globale per abbandonare gradualmente i combustibili fossili che è in discussione a livello mondiale in vista del summit sul clima di Parigi (dicembre 2015) potrebbe significativamente aiutare a frenare la consistente crescita dell’Impronta Ecologica ed eventualmente a ridurre l’impronta».
L’impronta da carbonio è inscindibilmente connessa alle altre componenti dell’Impronta Ecologica ovvero le aree coltivate, i pascoli, le foreste e le aree biologicamente produttive coperte da edifici e strade. Tutte queste componenti competono per lo spazio. Maggiore è richiesta di cibo e di legname da costruzione, minori sono le aree disponibili per l’assorbimento del carbonio prodotto dai combustibili fossili. Ciò significa che le emissioni di carbonio si accumulano nell’atmosfera anziché essere riassorbite completamente.
Una seconda possibilità
L’accordo sul clima atteso a dicembre in occasione della Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite (Cop) 21 si focalizzerà sul mantenimento del riscaldamento globale entro i due gradi Celsius al di sopra del livello antecedente la rivoluzione industriale.
Questo obiettivo condiviso richiederà alle nazioni di attuare politiche per abbandonare completamente i combustibili fossili entro il 2070: questa è la raccomandazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) delle Nazioni Unite che ha effetti diretti sull’Impronta Ecologica delle nazioni.
Ipotizzando che le emissioni di carbonio siano ridotte come minimo del 30% entro il 2030 rispetto al livello attuale, mantenendosi nello scenario suggerito dall’Ipcc, l’Overshoot Day – secondo i calcoli del Global Footprint Network – potrebbe nel 2030 tornare indietro al 16 settembre (ipotizzando che le altre componenti dell’Impronta Ecologica continuino ad aumentare alla velocità attuale).
Questo non è impossibile. Infatti la Danimarca ha tagliato le sue emissioni negli ultimi venti anni a questa velocità: dagli anni ’90 a oggi ha ridotto le sue emissioni di carbonio del 33%. Se il mondo avesse fatto lo stesso (senza cambiare le altre componenti dell’impronta) l’Overshoot Day cadrebbe quest’anno il 3 ottobre.
Tutto ciò non per dire che la Danimarca abbia già raggiunto una impronta ecologica sostenibile. Se tutti vivessero come i danesi, l’umanità richiederebbe le risorse di 2,85 pianeti, cosa che farebbe anticipare l’Overshoot Day all’8 maggio.
Se tutto dovesse continuare allo stesso modo
All’opposto, se tutto continuasse come sempre (business as usual) nel 2030 utilizzeremmo l’equivalente di due pianeti con l’Overshoot Day che cadrebbe alla fine di giugno.
Alla base di questa proiezione c’è l’ipotesi che gli andamenti della biocapacità, della crescita della popolazione e dei consumi rimangano quelli attualmente previsti. Tuttavia, non è chiaro se un livello sostenuto di sovraconsumo sia possibile senza danneggiare la biocapacità di lungo termine, con conseguente effetti sul consumo e sulla crescita della popolazione.
Punto di non ritorno
«Siamo incoraggiati dai recenti sviluppi dei settori avanzati delle energie rinnovabili, che stanno accelerando in tutto il mondo, e dalla crescente consapevolezza del settore finanziario che l’economia a basso utilizzo di carbonio è la via del futuro» dice Wackernagel. «Andando avanti, non possiamo sottolineare mai abbastanza la vitale importanza della riduzione dell’impronta legata al carbonio, impegno che ci si aspetta venga preso dalle nazioni riunite a Parigi. Non è solo un bene per il mondo perché sta diventando una necessità economica di ciascuna nazione. Tutti sappiamo che lo stato del clima dipende da quella riduzione, ma questo non è tutto: la sostenibilità richiede che ognuno viva bene, all’interno delle possibilità del nostro unico pianeta. Questo può essere raggiunto solo mantenendo la nostra impronta ecologica entro le capacità della Terra».
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APPROFONDIMENTI:
Ulteriori informazioni sull’Overshoot Day: www.overshootday.org
Seguici sui social media: #overshoot
Per calcolare la tua impronta ecologica personale e capire come la puoi ridurre:www.footprintnetwork.org/calculator (c’è anche la versione in italiano)
Dati gratuiti pubblici sull’impronta ecologica di 182 nazioni:www.footprintnetwork.org/public2015
Sul Global Footprint Network:
Il Global Footprint Network è un centro di ricerca internazionale che si impegna a orientare decisioni politiche in un mondo dalle risorse limitate in modo informato e sostenibile. Assieme ai suoi partner, il Global Footprint Network coordina ricerche, sviluppa standard metodologici e fornisce ai decisori politici un insieme di strumenti per aiutare l’economia umana a operare entro i limiti ecologici della Terra.
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Contatti per la stampa:
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Informazioni per l’Italia: Roberto Brambilla 338 88 03 715 o uff 039 988 10 21
ECCO COSA POSSIAMO FARE CONCRETAMENTE PER RIDURRE IL NOSTRO IMPATTO SULL’AMBIENTE
di Roberto Brambilla
Risparmia energia
 Assumendo comportamenti responsabili per far funzionare al meglio gli impianti esistenti: usa lavatrici e lavastoviglie solo a carico pieno; spegni le luci quando non servono e non lasciare in stand by gli apparecchi elettronici; sbrina sovente il frigorifero; puliscine spesso la serpentina e mantienilo a una discreta distanza dalla parete, perché la polvere ed il calore ne riducono l’efficienza. Metti il coperchio sulle pentole quando si porta l’acqua a ebollizione; evita che la fiamma sia più ampia del fondo della pentola perché di lato non scalda; riduci gli spifferi degli infissi riempiendoli di materiale che non lascia passare aria; non lasciare tende chiuse davanti ai termosifoni; inserisci apposite pellicole isolanti e riflettenti fra i muri esterni e i termosifoni
 Sostituendo gli impianti poco efficienti con impianti più efficienti: lampade ad alta efficienza: a parità di potenza consumano meno delle lampade normali ovvero ce ne vogliono 6 per consumare come 1 lampada normale; elettrodomestici di classe A o superiore; apparecchi elettronici ad alta efficienza; scaldabagni a gas; valvole termostatiche da applicare ai termosifoni per regolarne automaticamente la temperatura (perché continuare a tenerli accesi quando si sono raggiunti i gradi desiderati?); caldaie a condensazione con impianti a pannelli radianti che rendono di più funzionando a temperature inferiori.
· Dona ciò che non usi più a chi ne ha bisogno.
· Privilegia i prodotti dell’agricoltura biologica possibilmente locale e di stagione per ridurre l’inquinamento e il consumo di risorse necessari per il trasporto.
·Non superare i 20 gradi di temperatura in casa, il gasolio inquina, il troppo caldo non fa bene alla salute ed è vietato dalla legge.
· Usa per gli spostamenti i mezzi pubblici e la bicicletta
· Diminuisci il consumo di carne: ogni hamburger equivale a 6 metri quadrati di alberi abbattuti e a 75 chili di gas responsabili dell’effetto serra. Mangiare meno carne o, perché no, non mangiarne affatto, è una scelta sociale. Una scelta solidale con chi ha fame e con il futuro del pianeta
· Bevi acqua di rubinetto che è analizzata giornalmente, non sprecarla. Eviterai l’inquinamento degli autocarri che portano le bottiglie di acqua minerale su e giù per l’Italia, l’inquinamento per lo smaltimento delle bottiglie di plastica e il tuo affaticamento per il trasporto.
· Rifuggi l’«usa e getta». Chiedi che gli oggetti che compri siano riparabili: è meglio spendere qualche cosa in più, piuttosto che riempire le discariche di oggetti dalla breve durata e che hanno comunque inquinato per essere prodotti e trasportati.
· Protesta quando ti incartano i prodotti con troppi imballaggi: li paghi almeno tre volte (come costi che il fornitore ti ricarica, come tassa smaltimenti rifiuti e come ambiente depauperato).
· Privilegia i prodotti in vetro, meglio se in vuoto a rendere. Portati sempre da casa i sacchetti per fare la spesa: meglio ancora se usi delle borse in stoffa.
· Ricicla con cura tutto il possibile: carta (i fogli già stampati utilizzali anche sull’altro lato), vetro, plastica, lattine, ferraglie, polistirolo , indumenti, rifiuti vegetali e animali
· Per acquistare consapevolmente leggi la «Guida al consumo critico» (Emi Edizioni) del Centro Nuovo Modello di Sviluppo (050 / 826 354) e abbonati ad «AltrEconomia» (02/48953031 – www.altreconomia.it).
· Denuncia le discariche abusive e chi deposita i rifiuti lungo strade e nei parchi.
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