martedì 28 gennaio 2014

qualche foto che non faremo mai

Ci sono ancora molte sorprese ai confini dell’Universo visibile. Grazie a nuove osservazioni del telescopio spaziale Hubble, gli astronomi hanno infatti studiato alcune fra le più lontane galassie mai viste nel cosmo. Poiché la luce viaggia a velocità finita, osservare galassie a miliardi di anni luce da noi equivale a guardare l’Universo com’era miliardi di anni fa e aprire così una finestra sul passato del cosmo.
Con queste osservazioni gli scienziati hanno ottenuto tre importanti risultati, a partire dalla più dettagliata immagine mai ottenuta di un ammasso di galassie. Hubble ha poi permesso di scoprire quattro galassie insolitamente luminose e una popolazione di deboli galassie, che potrebbero aver avuto un ruolo fondamentale nella formazione stellare nell’Universo primordiale…

domenica 26 gennaio 2014

Questione di civiltà

«La caccia è un’antichissima tradizione giapponese, la civiltà prevede il rispetto dei vari punti di vista»,
dice il governatore della provincia di Wakayama, Yoshinobu Nisaka, a chi vorrebbe farla finita con la mattanza dei delfini di Taji, in Giappone (da qui)
ne parla un documentario, “The cove”,  che  ha vinto l’Oscar per il miglior documentario nel 2010 : 


e che dire della mattanza dei tonni? 

o della macellazione degli agnelli?



dice Isaac Bashevis Singer
“Penso che tutto ciò che è collegato con il vegetarianesimo sia della massima importanza, perché non ci potrà mai essere pace nel mondo finché ci ostiniamo a mangiare gli animali. Questo si applica anche ai pesci. Io non mangio pesce. Sono diventato vegetariano perché per tutta la vita mi sono sentito in colpa e pieno di vergogna per il fatto di aver mangiato carne animale. Sono convinto che gli animali siano creature di Dio esattamente come lo sono gli esseri umani. E noi dobbiamo rispettarli e amarli, invece di macellarli…
 
…Tra uccidere animali e creare camere a gas di stampo hitleriano o campi di concentramento di stile staliniano, il passo è assai breve… non ci sarà giustizia fino a che un uomo brandirà un coltello o un’arma per distruggere coloro che sono più deboli di lui.”

mercoledì 22 gennaio 2014

cacciatori (sardi) brava gente

...Nel corso della dell’audizione Zyhdi Mustafa (secondo vice presidente della Federazione dei Cacciatori di Albania e presidente dell’Associazione dei Cacciatori a Scutari), Kujtim Hazbiu (vice presidente della Federazione dei Cacciatori di Albania)  e Themi Perri  (Segretario generale della Federazione dei cacciatori Albanesi)  sono arrivati  al punto di mostrare alcune  immagini di cacciatori italiani che posano di fronte a decine di anatre uccise e a due esemplari di mignattaio ed un chiurlo, il tutto con la frase con cui il cacciatore italiano ha postato la foto sui social network.

Nel corso dell’audizione è stato affrontato anche il problema dell’enorme diffusioni di armi da caccia nel Paese, solo in parte registrate e la discrepanza tra coloro che hanno licenza regolare e i molti di più che esercitano l’attività venatoria. I cacciatori sono arrivati a chiedere sanzioni penali più gravi per contrastare il bracconaggio e addirittura alcuni una  moratoria di 4 anni per i cacciatori stranieri. Ovviamente i cacciatori albanesi si oppongono alla moratoria ma sono coscienti che senza un chiaro cambio di rotta la fauna è destinata a scomparire.
Themi Perri è chiarissimo: “La caccia degli stranieri in Albania è diventata una cancrena, soprattutto recentemente si è trasformata in un massacro. Si è fatta una pessima propaganda nei paesi vicini dell’Albania come paradiso del bracconaggio. Vi darò due o tre foto per illustrare questo . Questi signori qui sono dalla Sardegna. Scrivono: “Bella l’Albania …In Albania puoi fare quello che ti pare, in Sardegna invece, nonostante il calendario venatorio più restrittivo d’Europa, con il solito ricorso degli animalisti, i tordi te li puoi scordare. W la caccia in Albania…”. Come umiliante è per noi cacciatori albanesi: la foto dell’italiano con la carriola piena di animali. Come risultato di questi fenomeni sono scomparsi o sono in procinto di scomparire i rapaci, i cervi, camosci, i cinghiali, le starne. etc”.
Nel corso dell’audizione è stato affrontato anche il problema dell’enorme diffusioni di armi da caccia nel Paese, solo in parte registrate e la discrepanza tra coloro che hanno licenza regolare e i molti di più che esercitano l’attività venatoria. I cacciatori sono arrivati a chiedere sanzioni penali più gravi per contrastare il bracconaggio e addirittura alcuni una  moratoria di 4 anni per i cacciatori stranieri. Ovviamente i cacciatori albanesi si oppongono alla moratoria ma sono coscienti che senza un chiaro cambio di rotta la fauna è destinata a scomparire...

giovedì 16 gennaio 2014

l'Osservatorio dei Rifiuti informa

Ogni anno lo spreco domestico costa agli italiani 8,7 miliardi di euro: una cifra vertiginosa, che deriva dallo spreco settimanale medio di circa 213 grammi di cibo gettato - perché considerato non più edibile - al costo di 7,06 euro settimanali a famiglia. Sono dati del Rapporto 2013 sullo spreco domestico realizzato da Knowledge for EXPO, il nuovo Osservatorio di SWG e Last Minute Market, con l’apporto dell’Osservatorio nazionale sugli sprechi Waste Watcher. Non è un caso che l’indagine - per la cura scientifica del presidente di Last Minute Market Andrea Segrè con il presidente di SWG Maurizio Pessato e l’esperto statistico di Waste Watcher Furio Camillo - si sia concentrata sullo spreco domestico, ovvero in quel “circolo velenoso” che gravita fra il frigorifero e la pattumiera di casa, dove è piuttosto difficile indagare a proporre soluzioni concrete per ridurre o meglio prevenire gli sprechi domestici: infatti il monitoraggio incrociato fra spreco domestico e spreco nella filiera agro-alimentare (aziende agricole, industria alimentare, piccola e grande distribuzione, mercati all’ingrosso, ristorazione collettiva), condotto in questi mesi da Waste
Watcher e da Last Minute Market, permette di affermare che lo spreco alimentare domestico gioca la parte del leone, contando per lo 0,5 % del Pil.
Ciononostante, il Rapporto 2013 sullo spreco Domestico ha rilevato una controtendenza importante nella
sensibilità e nell’attenzione degli italiani intorno al tema degli sprechi. Infatti, il 90% degli italiani considera molto o abbastanza grave lo spreco alimentare, il 78% si dichiara preoccupato da questo problema, e l’89% degli italiani vorrebbe ricevere maggiore informazione sulle conseguenze dello spreco e sui sistemi utili a ridurlo. E ancora: il 57% degli italiani dichiara di gettare “quasi mai” gli avanzi e il cibo non piu' buono, il 27% meno di una volta alla settimana, il 14% almeno una volta a settimana, il 55% dichiara di riutilizzarlo, mentre il 34% lo getta nella spazzatura e il 7% lo usa per gli animali. Le incidenze per regione di residenza riflettono alcune differenze significative: in Campania solo il 47% non getta via cibo quasi mai, mentre in Liguria (68%) Sardegna (66%) e Lombardia (62%) tali percentuali risultano superiori al valore medio complessivo, indicando una tendenza a gettare via cibo inferiore alle altre Regioni. Se fra gli alimenti 'freschi' o non cotti gettati dagli italiani primeggiano frutta (51,2%) e verdura (41,2%), formaggi (30,3%) e pane fresco (27,8%), seguiti da pane fresco (27,8%), latte (25,2%), yogurt (24,5%) e salumi (24,4%), le percentuali calano
considerevolmente quando si tratta di cibi cotti: in questo caso gli italiani buttano soprattutto la pasta (9,1%) i cibi pronti (7,9%) e precotti (7,7%).
Contestualmente, aumenta la sensibilità degli italiani alla questione ambientale: il 72% degli intervistati di
un’indagine di SWG - Knowledge for EXPO ritiene che lo sviluppo economico e l'occupazione debbano passare dalla tutela dell'ambiente (nel 2007 la percentuale era del 57%) e solo il 28% degli italiani giudica allarmistici gli allarmi lanciati sulla questione ambientale (si trattava del 35% nel 2007). L’81% degli intervistati valuta che il singolo individuo sia in grado - con le sue azioni quotidiane – di contribuire alla salvaguardia dell'ambiente e della natura, ma solo il 18% ritiene che le persone si impegnino veramente per tutelare l'ambiente e la natura…

lunedì 13 gennaio 2014

dice Isaac Bashevis Singer

Il vegetarianesimo è la mia religione, sono diventato un vegetariano stabile circa venticinque anni fa. Prima di allora provavo e riprovavo, ma erano episodi sporadici. Finalmente, a metà degli anni sessanta, ho preso la decisione. Da allora sono vegetariano. [...] Questa è la mia protesta contro la condotta del mondo. Essere vegetariani significa dissentire, dissentire contro il corso degli eventi attuali. Energia nucleare, carestie, crudeltà, dobbiamo prendere posizione contro queste cose. Il vegetarianesimo è la mia presa di posizione. E penso che sia una presa di posizione consistente.


Penso che tutto ciò che è collegato con il vegetarianesimo sia della massima importanza, perché non ci potrà mai essere pace nel mondo finché ci ostiniamo a mangiare gli animali. Questo si applica anche ai pesci. Io non mangio pesce. Sono diventato vegetariano perché per tutta la vita mi sono sentito in colpa e pieno di vergogna per il fatto di aver mangiato carne animale. Sono convinto che gli animali siano creature di Dio esattamente come lo sono gli esseri umani. E noi dobbiamo rispettarli e amarli, invece di macellarli.

Tra uccidere animali e creare camere a gas di stampo hitleriano o campi di concentramento di stile staliniano, il passo è assai breve... non ci sarà giustizia fino a che un uomo brandirà un coltello o un'arma per distruggere coloro che sono più deboli di lui.

Si sono convinti che l'uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti; per gli animali Treblinka dura in eterno.

mercoledì 8 gennaio 2014

robot-umani 2 a 1

SORPRESA. Il web non è in mano agli umani ma a un’altra specie, a volte invasiva e pericolosa, e senz’altro meno nota al navigatore medio. Quella dei bot, abbreviazione per "robot", ma non veri e propri androidi: piuttosto, programmi e funzioni automatizzate che svolgono su internet i compiti più disparati, buoni e cattivi: dalle scansioni dei motori di ricerca alle duplicazioni maligne di dati personali fino agli attacchi più devastanti. A certificare il sorpasso, di cui si era già avuto un primo segnale lo scorso marzo, è Incapsula, una società specializzata statunitense che della lotta ai robot della Rete ha fatto il suo core business. 
Secondo una colossale indagine il 61,5 per cento del traffico sul World Wide Web è dunque da attribuirsi a entità non umane. Insomma, non arriva da ricerche, letture, navigazioni, download e forum – tutte queste attività si fermano al 38,5 per cento – ma da azioni automatizzate. Il cuore della ricerca è costituito dall’analisi di quasi un miliardo e mezzo di visite di bot a 20mila siti internet di 249 Paesi del mondo negli ultimi novanta giorni. Dai blog personali ai negozi elettronici, dai portali governativi ai siti delle big company passando per quelli di istituzioni finanziarie e forum: per quanto scivolosa sia questa posizione, da Incapsula sostengono che la selezione sia rappresentativa del mare magnum di internet. Rispetto all’ultima rilevazione il traffico prodotto dai bot ha subito un’impennata del 21 per cento fino a toccare appunto la maggioranza assoluta di quello complessivo. "La maggior parte di questa crescita è da attribuire all’incremento di visite da parte dei cosiddetti bot buoni – raccontano da Incapsula – vale a dire agenti certificati di software così come motori di ricerca, la cui presenza è cresciuta dal 20 al 31 per cento negli ultimi dodici mesi"…

venerdì 3 gennaio 2014

un po' di pace a Lampedusa

Mezzanotte, in una casa di Lampedusa. Gli ospiti d'onore sono due, Tami e Falus. Eritrei, naufraghi, indagati per clandestinità e prigionieri. Il loro maledetto 2013 se n'è andato con un cenone in famiglia. L'ultimo giorno dell'anno, sull'ultima isola in fondo all'Italia, ci siamo ritrovati con gli ultimi sopravvissuti delle traversate del Mediterraneo. Brindisi in casa Cappello-Aiello, via Nino Bixio numero 9, le prime palazzine di Lampedusa quasi attaccate alla pista dell'aeroporto. 

"Auguri Tami", gli dice il nonno. "Baci Falus", gli dice lo zio. "Auguri auguri e baci baci", ripetono loro che sono stravolti fra luci, botti, abbracci, presepi e alberi di Natale. Ripescati all'alba del 3 ottobre nell'insenatura della Tabaccara e al tramonto dell'11 ottobre al largo di Malta si siedono tre mesi dopo in mezzo a una tavolata di parenti, tutti insieme ventisette. Festeggiano di essere ancora vivi con tre generazioni di lampedusani. Lui è Tami, lungo e smilzo, soldato disertore di 23 anni, che ha abbandonato il suo villaggio per raggiungere l'Europa. Lei è Falus, 18 anni, minuta, riccia, le unghie smaltate di verde, l'unica donna fra i sedici ancora rinchiusi nel "centro di primo soccorso e accoglienza" dell'isola in attesa di interrogatorio giudiziario. Lui l'hanno tirato su a mezzo miglio dalla costa - 366 cadaveri e 110 superstiti - su un peschereccio, lei l'hanno salvata nel Canale di Sicilia - 268 cadaveri e 212 superstiti - i soldati della Marina militare.

Sera del 31 dicembre, tutti e due sono "in libera uscita" ed entrano in una cucina piena di ogni ben di dio, salutati da una piccola folla che si è riunita anche per loro. Tutti stretti uno accanto all'altro, presidi e cuochi, gente di mare, impiegati, pensionati, bambini. E al centro Tami e Falus, gli invitati speciali…

Orti urbani, energia dalla terra - Milena Ortalda

La crisi riduce il budget per la spesa? Niente paura, o meglio: facciamoci coraggio e rimbocchiamoci le maniche, perché il ritorno alle pratiche dell’orticoltura potrebbe essere una via di salvezza. Lo sapevano bene le generazioni che ci hanno preceduti: fino a non molti decenni fa, infatti, il rapporto tra città e campagna passava quotidianamente attraverso la produzione e distribuzione dei prodotti dell’orto, che non arrivavano da lontano ma direttamente dalle aree periurbane, dove spesso abbondavano campi, spazi e famiglie che coltivavano la terra per il proprio sostentamento e per vendere le derrate prodotte in eccesso.
Se abbiamo più di cinquant’anni e andiamo un po’ indietro con la memoria, cercando di ricostruire l’immagine delle città della nostra infanzia, non faremo fatica a ricordare che le periferie inframmezzavano villette ottocentesche e sporadici palazzoni un po’ sperduti nel nulla, ma anche vecchie cascine, rogge delimitate da filari di salici e pioppi, orti più o meno grandi e addirittura campi coltivati, per non parlare di mandrie e greggi che sfruttavano per pascolare il molto terreno ancora libero dall’urbanizzazione.
Nei decenni successivi, via via l’orto e la coltivazione della terra diventavano simbolo di una origine sociale inferiore da cui emanciparsi senza compromessi, anche se negli Stati Uniti già emergevano movimenti di “ritorno alla terra” che talvolta vedevano anche il coinvolgimento, forse più snobistico che consapevole e sicuramente non mosso da realismo e necessità, del personaggio celebre o della star hollywoodiana di turno. Assistiamo ora invece a un fenomeno più diffuso e sincero, sia pure spesso fermo a livello di interesse che non arriva ad evolversi in una pratica costante e continuativa, per quanto sia ormai evidente che saper gestire e far produrre (aspetti non banali) un pezzetto di terra, non necessariamente grande, può davvero costituire una variabile significativa nell’economia di una famiglia: per non parlare dell’opportunità di conoscere meglio ciò che si mangia, da dove proviene, come e quando lo si produce…
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