L'indice
di massa corporea(abbreviatoIMCoBMI,
dall'inglesebody mass index)
è un dato biometrico, espresso come rapporto tra peso ealtezzadi un individuo ed è utilizzato come
un indicatore dello stato dipeso forma.
Tuttavia va precisato che tale indice è quasi sempre
utilizzato in maniera grossolana ed errata anche dagli stessi nutrizionisti e
dietologi, poiché è errato utilizzare solo altezza e peso come dati sufficienti
per calcolare il peso ideale, trascurando caratteristiche morfologiche di base,
quali larghezza delle spalle, larghezza ossea del bacino, circonferenza
cranica, rapporto tra lunghezza delle gambe e lunghezza del tronco, corporatura
di tipo tendenzialmente muscoloso o flaccido e tanti altri fattori, o fattori
ancora più basilari come il sesso dell'individuo.
Operativamente l'indice di massa corporea si calcola come
il rapporto tra la massa-peso, espressa inchilogrammi,
e il quadrato dell'altezza, espressa inmetri.
Murphy ha passato da poco i 40 anni,
ha l'epatite C ed è sieropositivo. È stato infettato in un laboratorio di
ricerca americano, chiuso in una stanza per tre decenni e sottoposto a infiniti
esami e biopsie, ma oggi ha finalmente la possibilità di vivere felice gli
ultimi anni della sua vita. La cosa che gli piace di più è gironzolare sui
prati con il pupazzetto di Mickey Mouse, da cui non si separa mai, e riposare
nella sua amaca a Chimp Haven, in Louisiana. Murphy è uno degli scimpanzé
allevati a partire dagli anni 80 dal governo degli Stati Uniti per essere usati
nella ricerca medica. Adesso il National Institutes of Health (Nhi), l'istituto
di sanità americano, ha deciso di mandare in pensione gli ultimi 310 ancora
impiegati nei laboratori - rimarranno solo 50 esemplari su cui vengono
effettuati i test per i vaccini contro l'epatite C.
La maggior parte dei «pensionati» finirà proprio nel grande santuario della
Louisiana, l'unico negli Stati Uniti attrezzato per prendersi
cura di animali affetti da Hiv o epatiti. «Sono animali molto speciali e
meritano un rispetto molto speciale», ha detto il direttore dell'istituto
Francis Collins. «È una decisione storica, alcuni di questi animali hanno
vissuto anche 50 anni chiusi in strutture di cemento», ha commentato Wayne
Pacelle, presidente dell'associazione animalista Human Society.
A Chimp Haven (alla lettera «il rifugio degli scimpanzé») avranno accesso a
prati e boschi 24 ore su 24, «camere da letto» spaziose se preferiscono stare
al caldo, e persino attività ricreative quotidiane: dai giochi a premi in cui
si vincono leccornie da mangiare, alle sessioni di danza e musica con operatori
specializzati. «Cerchiamo di fornire loro la stessa quantità di nuovi stimoli
che avrebbero nella vita selvaggia», spiega la portavoce del centro Karen Allen…
Veramente, strani esseri, gli umani. Per
esempio, creano, attraverso l’arte, delle meravigliose opere che abbelliscono
le nostre case e le nostre città, allietano i sensi e alleggeriscono il peso
della vita quotidiana ma, talvolta, non si preoccupano di difendere le opere
d’arte già esistenti, create da un’artista vegliarda, assai brava, una tale che
si fa chiamare Madre Natura, in uge da diversi secoli.
Che sia, forse, invidia nei confronti di
una che, se mettesse in vendita le proprie opere, diventerebbe l’artista più
quotata al mondo? Chissà.
Vorrei chiederlo, per esempio, a chi ha
progettato la riqualificazione di Piazza Verdi, a La Spezia, infischiandosene
del fatto che le installazioni artistiche di cemento, se realizzate, dovrebbero
uccidere i vecchi pini, compagni di vita degli spezzini e testimoni della loro
gioia il giorno della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista, il 25
aprile 1945…
Nella cittadina vittoriana di Todmorden,
West Yorkshire, ci sono 70 grosse aiuole ben in vista, intorno alla città
stessa. Se le aveste visitate qualche mese fa, le avreste trovate stracolme di
cavoli, carote, lattughe, cipolle primaverili, insomma, di ogni sorta di
verdura e foglie di insalata. Tutte li per essere raccolte dalle persone del
posto che si stimolano ad aiutarsi a vicenda, e il tutto gratis.
Dunque ci sono (o meglio c’erano): lamponi,
albicocche e mele lungo il sentiero del canale; ribes nero, ribes rosso e
fragole dietro lo studio medico; fagioli e piselli all’esterno del college;
ciliegie nel parcheggio del supermercato, menta, rosmarino,
timo e finocchio nei pressi dell’ospedale.
Gli orti sono il segno più visibile di un
piano straordinario: rendere Todmorden la prima città nella nazione
autosufficiente dal punto di vista alimentare.
“E noi vogliamo farlo entro il 2018” dice Mary
Clear, 56 anni, nonna di 10 nipoti e co-fondatrice di “Incredible Edible”
(incredibilmente commestibile)”, come viene chiamato il progetto…
Non ci sono parole in questo
documentario di Patrick Rouxell, solo immagini e suoni: le scene spaventose
della distruzione della foresta pluviale indonesiana ed i lamenti degli
oranghi, agonizzanti a terra per la mancanza di cibo e riparo, caricati in
sacchi di stoffa e trasportati in piccole strutture dove qualcuno tenta di
salvarli. Si abbattono gli alberi, si brucia il terreno, si distruggono gli
animali per creare coltivazioni intensive di palme da olio. Il documentario
prende il nome da Green, orango femmina le cui immagini di degenza in un
lettino, attaccata ad una flebo, accompagnano lo spettatore di questa sorta di
preghiera laica che scuote le nostre convinzioni sui consumi e sulle nostre
responsabilità. La catena delle conseguenze è molto lunga, è vero: fra la morte
di decine di migliaia di oranghi, il rischio di estinzione degli elefanti, la
scomparsa delle tigri, la distruzione della bio diversità ed il nostro carrello
della spesa, passano migliaia di chilometri, centinaia di lavoratori, mille trasformazioni
e tante pubblicità. Ma il collegamento c’è e Rouxell ce lo butta in faccia,
senza mezze misure e solo con la forza delle immagini e di un montaggio che fa
quello che dovrebbe davvero fare: raccontare una storia…
…A
lasciare particolarmente sconcertati èla diffusione del suo impiego,
che abbraccia non soltanto l'industria
alimentare, ma anche il mondo dellacosmesi,
trattandosi di un olio considerato molto versatile, oltre che disponibile sul
mercato aprezzi contenutirispetto ad altri oli vegetali
maggiormente pregiati. La sua presenza neglialimenti confezionatinon interessa soltanto i comuni
prodotti da supermercato, ma anche icibi
biologici, tra cui si possono individuare, ad esempio.
fette biscottate e biscotti per la colazione. E' necessario dunque porre unaparticolare attenzione alle liste
degli ingredientiin
qualsiasi luogo si acquisti un prodotto ed a qualsiasi marchio si faccia
riferimento.
L'olio
di palma, nei comuniprodotti confezionati,
non manca di essere utilizzato inprodotti sia dolci che salati,
tra i quali è possibile individuare diversi tipi di alimenti da forno, come
crackers e grissini, ma anche merendine di vario genere e biscotti, senza
contarealcune delle creme spalmabili più
diffuseed alcuni
tipi dimargarina, oltre che
alcune basi pronte fresche o surgelate per la preparazione di torte salate,
pizze e focacce e differenti tipologie di pietanze precotte o prefritte.
Ciò che
ci dovrebbe spingere adevitare il consumo di prodotti
contenenti olio di palmaal
fine di proteggere la nostra salute riguarda ilsuo
elevato contenuto di grassi saturi,che può raggiungere anche il 50% nel
caso dell'olio di palma derivato dai frutti e l'80% nell'olio di palmisto,
derivato dai semi. Si tratta di oli spesso utilizzati a livello industriale per
la frittura ed a livello cosmetico per la preparazione di creme, saponi e
prodotti detergenti destinati alla cura della persona…
L’Olio extra verginedi oliva toscano è tra i più apprezzati in
Italia e nel mondo, insieme all’olio ligure, umbro e quello delle colline del
Garda. Ma come essere sicuri della provenienza delle bottiglie vendute in
negozio o al supermercato? Secondo i dati forniti dall’Agea e relativi ai
registri di carico e scarico dell’olio del Sian, l’Italia conta tra produttori
e confezionatori, 6373 operatori di cui 5716 frantoi e 657 aziende che
imbottigliano. Analizzando meglio i numeri si riscontra una storia dell’extra
vergine diversa da quella scritta sulle etichette.
Basta leggereanche
velocemente le tabelle principali del rapporto per rendersi conto che «Il 90%
dell’olio di produzione italiana (400 mila tonnellate nei primi nove mesi
dell’anno) viene dalle regioni del sud, soprattutto Puglia, Calabria, Sicilia e
Campania che raggiungono da sole il 70% – sintetizza Alberto Grimelli, agronomo
e tecnico olivicolo-oleario-. Mentre Lombardia, Liguria, Toscana e Umbria
insieme arrivano al 6,5% della produzione. Se però si considerano le
percentuali relative alla vendita di olio confezionato i valori si invertono.
La Toscana produce il 5% dell’olio italiano ma ne imbottiglia il 36%, l’Umbria
arriva all’1% ma ne imbottiglia quasi il 20, mentre la Puglia al contrario ne
produce il 50% e ne imbottiglia solo il 10%. Il paradosso si raggiunge in
Lombardia dove la produzione ha dei valori ridicoli mentre l’imbottigliamento
arriva al 10%...
Pietrificata e affamata, questa futura mammaorangosi attacca con le poche forze rimaste
all'ultimo albero della sua foresta, completamente distrutta e trasformata in
una piantagione dipalma da olio.
Qualche minuto dopo, l’animale viene stordito da un anestetico e
cade in una rete appositamente disposta per lui da un gruppo di attivisti per i
diritti animali.
Le fotografie di questo salvataggio stanno ora facendo il giro
del mondo, e arrivano dalBorneo, dove i pochi oranghi
superstiti sono stati portati in salvo da morte certa. La deforestazione a
scopo di coltivazione di palme da olio sta letteralmente mettendo in ginocchio
questa specie, che ora rischia di scomparire.
L’orango incinta è stata salvata assieme ad un’altra orango già
madre di un piccolo. Per loro è intervenuta l’importante organizzazione di
tutela animale IAR (International Animal Rescue) e il dipartimento forestale di
Ketapang. Al momento del soccorso, gli animali erano affamati da giorni e si
erano ridotti a mangiare la corteccia degli alberi sui quali si erano
arrampicati per nascondersi.
L’orango incinta darà ora vita al suo cucciolo in un ambiente
protetto e tutelato, mentre per l’altra mamma portata in salvo la situazione è
drammatica: il suo piccolo non era con lei, e i soccorritori presumono che sia
stato ucciso oppure rapito per essere rivenduto prima che potessero intervenire…
Che gli animali abbiano molti modi di comunicare tra
loro è risaputo. Lo fanno con gli atteggiamenti, con l'olfatto, con il suono,
con segnali acustici oppure visivi. Sia che vivano da soli, sia in gruppi
organizzati, si scambiano informazioni, necessarie per la loro stessa
sopravvivenza, che vanno dalla difesa del territorio a quella dai predatori,
dalla ricerca di un compagno per la riproduzione all'allevamento dei piccoli.
L'uomo ha studiato il linguaggio animale, chi ha un cane o un gatto prova a "parlare"
con loro, qualche studioso ci riesce. E c'è anche chi costruisce speciali
apparecchi per comunicare con gli animali domestici. Uno di questi è Con Slobodchikoff, professore
emerito di scienze biologiche alla Northern Arizona University, che per
trent'anni ha dedicato la sua vita al linguaggio animale tanto da fondare (nel
1993) la "Animal Communications", una società - di cui è presidente
e amministratore delegato - che si occupa solo di questo.
Specializzato nello studio di cani e gatti (ha insegnato all'università corsi
di "dog training") negli ultimi tempi ha focalizzato i suoi studi su
un animale in particolare: il "prairie dog", che a dispetto del nome
non è un cane delle praterie ma un roditore (una specie di marmotta) molto
diffuso tra Stati Uniti, Canada e Messico. "Tra loro usano il più sofisticato
linguaggio animale mai codificato", ha raccontato il professor Slobodchikoff
al magazine
The Atlantic, "hanno fonemi simili alle parole,
li combinano tra loro, usano quello che potremmo definire un chiacchiericcio
sociale". Grazie a tutto ciò i cani della prateria riescono a distinguere
i diversi predatori che arrivano nelle vicinanze delle loro tane (coyote, cani
o anche esseri umani) e sembrano aver sviluppato degli "allarmi" con
cui riescono a definire non solo la specie del predatore, ma anche la grandezza
e il colore. Che Slobodchikoff ha dimostrato (c'è anche un video) grazie alla
tecnologia moderna e all'uso di elaborate analisi statistiche…
Dopo essere andato “distrutto” in un misterioso incendio
45 anni fa, è tornato inaspettatamente alla luce un rapporto scioccante che
descrive dettagliatamente le orribili atrocità perpetrate contro gliIndiani del Brasiletra gli anni ’40 e ’60.
Il rapporto fu commissionato nel
1967 dal Ministro dell’Interno brasiliano. Le rivelazioni dei crimini commessi
contro le popolazioni indigene del Brasile dai potenti latifondisti e dal
Servizio governativo per la Protezione dell’Indio (SPI)
provocarono sdegno in tutto il mondo e portarono, due anni dopo, allanascita dell’organizzazione per i diritti dei popoli
indigeni Survival International.
Le oltre 7.000 pagine del
rapporto, scritto dal procuratore generale Jader de Figueiredo Correia,
documentavano dettagliatamente assassini di massa, torture e guerre
batteriologiche, casi di schiavitù, abusi sessuali, furti di terra e negligenze
nei confronti delle popolazioni indigene del Brasile. Per effetto di questi crimini,
decine di tribù furono completamente sterminate e molte altre furono decimate.
Il rapporto è stato ritrovato
recentemente presso il Museo dell’Indio, in Brasile, e si trova ora nelle mani
della Comissão Nacional da Verdade, che investiga sulle violazioni dei diritti
umani occorsi tra il 1947 e il 1988…
Un giudice parigino ha respinto la richiesta diSurvival
Internationaldi
bloccare una controversa asta di oggetti sacri della tribù Hopi dell’Arizona.
Il giudice ha sentenziato che “nonostante siano sacre agli Hopi, queste
mascherare non rappresentano nessuna creatura, né viva né morta”
La casa d’aste
Neret-Minet Tessier & Sarrou aveva già respinto più volte le richieste
della tribù di rinviare l’asta, che quindi si terrà oggi a Parigi.
Gli Hopi si
dichiarano “fermamente contrari” alla vendita dei Katsinam (“amici”), di grande
importanza spirituale per la tribù, e ne avevano richiesto l’immediata
restituzione.
Gli avvocati
incaricati da Survival Internationalavevano chiesto al giudice di
sospendere la venditafino
a quando non fosse stata accertata la legittimità della collezione, ma ora non
ci sono più ostacoli legali che possano impedire all’asta di avere luogo.
Tra i tanti che
avevano chiesto la cancellazione dell’asta c’è anche l’attore Robert Redford:
“Credo che mettere all’asta questi oggetti sacri sia un sacrilegio – un gesto
criminale con gravi ripercussioni morali” ha dichiarato la star
cinematografica. “Spero che vengano restituiti alla tribù Hopi, a cui
appartengono. Non sono da mettere in vendita.”
Secondo l’avvocato
Pierre Servan-Schreiber dello studio Skadden, Arps: “La sentenza è davvero
infelice. Ora che gli oggetti saranno venduti e dispersi, l’eventualità che
possano ritornare a casa, al loro posto tra gli Hopi, si riduce drasticamente.
È probabile che le istituzioni francesi non siano pienamente consapevoli delle
conseguenze devastanti che la commercializzazione di questi oggetti sacri
potrebbe avere su una tribù come quella degli Hopi, che ha già sofferto molto.”
“I potenziali
acquirenti devono sapere che gli Hopi sono profondamente turbati dalla vendita
di questi oggetti, che considerano una legittima proprietà del loro popolo” ha
dichiarato oggi il Direttore Generale di Survival International, Stephen Corry.
“La legge francese sta offrendo davvero poco sostegno agli Hopi, ma rimaniamo
fiduciosi che la giustizia prevarrà e che questi oggetti potranno essere
restituiti ai loro legittimi proprietari.”
Per dare un senso agli eventi di Istanbul, e per capire quei coraggiosi che scendono in strada e si scontrano con la polizia soffocando tra i fumi velenosi dei gas lacrimogeni, vorrei cominciare con una storia personale. Nel mio libro di memorieIstanbul, ho scritto su come tutta la mia famiglia abitasse negli appartamenti che componevano il palazzo Pamuk a Nisantasi. Di fronte a questo edificio si trovava un castagno che aveva circa cinquant'anni, che per fortuna è ancora lì. Un giorno, però, nel 1957, il comune decise di tagliare quell'albero per allargare la strada. Burocrati presuntuosi e amministratori autoritari ignoravano l'opposizione del quartiere. Così, il giorno in cui l'albero doveva essere abbattuto, mio zio, mio padre, e tutta la famiglia rimasero in strada giorno e notte, facendo a turno per fare la guardia. In questo modo, abbiamo protetto il nostro albero, ma abbiamo anche creato una memoria condivisa che l'intera famiglia ricorda ancora con piacere, e che ci lega l'un l'altro. Oggi, piazza Taksim è il castagno di Istanbul e deve continuare a esserlo. Ho vissuto a Istanbul per sessant'anni e non riesco a immaginare che possa esistere una sola persona che viva in questa città e non abbia almeno un ricordo legato in qualche modo a piazza Taksim.
E’ l’isola del sole, del mare e delle vacanze, dove si respira aria buona, ricca di iodio. L’isola dellabuona tavola, dei banditi e dei nuraghi. Magari i trasporti sono costosi e difficili, ma è unparadiso.
Questo pensano moltissimi continentali, italiani e stranieri, della nostra Isola, lì nel mezzo del Mediterraneo.
Però in Sardegna avvengono cose che altrove avrebbero provocato quasi certamente reazioni molto dure e determinate.
Qui, invece, il silenzio di quasi tutti.
Nel gennaio 2012 (nota stampa ASL n. 7 del 23 gennaio 2012) così avvertiva un comunicato stampa dell’Azienda sanitaria locale n. 7 di Carbonia, in seguito all’acquisizione di dati dell’Istituto Superiore di Sanitàe del Ministero dell’ambiente: “…si ritiene necessario informare la popolazione di Portoscusodi fare in modo di differenziare la provenienza dei prodotti ortofrutticoli da consumare per la fascia di età dei bambinida 0 a 3 anni.Occorreperciòfare in modo che in questa fascia di età non siano consumati esclusivamente prodotti ortofrutticoli provenienti dai terreni ubicati nel Comune di Portoscuso”.
In precedenza, già nel 2008 L’Università di Cagliari (Dipartimento di sanità pubblica, Sezione Medicina del lavoro) nel corso di una ricerca (Plinio Carta, Costantino Flore) affermò chiaramente lasussistenza di deficit cognitivi in un campione di bambinidi Portoscuso,dovuto a valori di piombo nel sanguesuperiori a 10 milligrammi per decilitro. La letteratura medica, infatti, indica un’associazione inversa statisticamente significativa tra concentrazione di piombo ematico e riduzione di quoziente intellettivo, corrispondente a 1.29 punti di QI totale per ogni aumento di 1 µg/dl di piomboemia.
Ma non finisce qui.
I 75 bambini delle scuole elementari e medie di Sarroch (CA) costituenti il campione della ricerca “presentano incrementi significativi di danni e di alterazioni del Dna rispetto al campione di confronto estratto dalle aree di campagna”(Burcei, in Provincia di Cagliari). Questo è uno dei passaggi fondamentali della ricerca svolta da otto ricercatori di assoluta fama internazionale (Marco Peluso, Armelle Munnia, Marcello Ceppi, Roger W. Giese, Dolores Catelan, Franca Rusconi, Roger W.L. Godschalk e Annibale Biggeri) e pubblicata recentemente sulla prestigiosa rivista internazionale di epidemiologia dell’Università di Oxford“Mutagenesis”.
Risultati altamente preoccupanti (per non dire altro) “in linea con quelli ottenuti da altri studi simili come quelli compiuti alla centrale termica diTaichungin Taiwan e aPancevo, dove si trova il più grande polo petrolchimico della Serbia”, due fra i siti più conosciuti dagli epidemiologi quali luoghi a rischio di neoplasie e altre malattie provocate dall’inquinamento atmosferico.